Artista dalla personalità inafferrabile, amante del cambiamento, Lucio Battisti trova in Alberto Radius un degno compare che possa assecondarlo nelle sue continue innovazioni e intuizioni. Nasce così tra i due un’affinità elettiva importante. Il virtuoso chitarrista dona un’anima rock ad alcune delle più celebri composizioni dell’artista reatino, il quale contraccambia offrendogli una manciata di canzoni rivoluzionarie, forza propulsiva del progetto Formula 3. Andiamo a rivivere quella magica atmosfera, momento topico e basilare per lo sviluppo delle carriere di entrambi i musicisti.

© Foto a sinistra per gentile concessione di Cristiana Rizzi, foto a destra CC PDM 1.0, Link

Il Jimi Hendrix nostrano incontra il mondo “battistiano”

La nascita della Formula 3, le prime e ultime tournée di Battisti

Lucio non faceva molte cose, visto che se ne stava in pigiama ad ascoltare dischi per otto ore al giorno, penetrandoli fino allo sfinimento, canzone dopo canzone, parola dopo parola, strumento dopo strumento”.

Mogol, estratto da Il nostro caro Lucio di Donato Zoppo, Hoepli Editore, 2018.

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Lucio Battisti comincia ben presto in carriera la fase di distacco dalla gente, dai concerti, da interviste e approfondimenti, dedicandosi solo ed esclusivamente alla musica. Come lui stesso amava dire, “l’artista non esiste, esiste la sua arte”

Esiste però un breve frangente nel quale l’autore de Il mio canto libero ancora aspira ad esibirsi davanti a un pubblico. Sono due tournée estive nel 1969 e nel 1970, una serie di date rese esplosive da una band (rimarrà l’unica), che lo accompagna tumultuosamente, tra vampate rock e accenni prog: la Formula 3

Alberto Radius e Lucio Battisti. Per gentile concessione di Cristiana Rizzi

La scaletta degli show è avvincente e gode dei ricami chitarristici di un monumento a sei corde, Alberto Radius, del re dei tasti d’avorio Gabriele Lorenzi e dell’esuberante Tony Cicco dietro alle pelli. 

Con il loro tocco, Dieci ragazze, Io vivrò, Un’avventura, Il tempo di morire e Non è Francesca volano alte, colorate di nuove sfumature. Tuttavia il frontman non se ne sta lì a godersela tra un vocalizzo e un arpeggio della sua amata Fender Shenandoah, una dodici corde da lui frequentemente utilizzata a sei. La Formula 3 esalta infatti le sue attitudini rock e per il gruppo scrive una manciata di canzoni indimenticabili che diventano il simbolo e il manifesto della formazione.

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Radius, il braccio rock di Battisti 

Questo folle sentimento, Sole giallo, sole nero, Nessuno nessuno, Eppur mi son scordato di te, La folle corsa e Sognando e risognando sono brani che con fine eleganza melodica e lirica esplorano i temi della solitudine, dell’amore struggente, della speranza e dell’illusione, una toccante riflessione sulla profondità dell’animo umano.

Il duo Battisti-Mogol regala a Radius e compagni un manuale di scrittura musicale perfetta, con il dono della sintesi. Lucio ne è anche produttore, mentre gli arrangiamenti sono della Formula 3.

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“Con Lucio eravamo amicissimi. Ricordo ancora quando con Mi ritorni in mente dovevamo fare un rallentamento che dava profondità al pezzo e, dopo aver provato con dei fiati italiani, non eravamo soddisfatti. Allora ho chiamato gli italo-canadesi Chriss & The Stroke. Ci abbiamo messo un pomeriggio, ma alla fine è uscito tutto come volevamo”.

Alberto Radius. Estratto da intervista a Rolling Stone Italia, 2022.

Il rapporto tra Battisti e Radius è ormai ben saldo dall’epoca dei Quelli, esperienza che permette al chitarrista di sviluppare tutte le sue incredibili doti,  quel controllo dello strumento tale da renderlo unico in Italia. I suoi guizzi in sala di registrazione compaiono già in Mi ritorni in mente, Fiori rosa fiori di pesco e Le tre verità, tuttavia è nel singolo Pensieri e parole e soprattutto nel suo retro Insieme a te sto bene che scatta una scintilla, si stabilisce un legame indissolubile tra compositore ed esecutore, facendo per un attimo oscillare i ruoli.

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Il turbolento Radius e la sua Gibson Les Paul (che vi abbiamo raccontato nel video sotto e brevemente in questo articolo) fanno tremare i muri, ne esce un sound condiviso e feroce, un blues corrosivo e distorto alla Led Zeppelin, con l’accompagnamento acustico stralunato dello stesso Battisti, la tonitruante forza percussiva di Franz Di Cioccio e l’organo di Dario Baldan Bembo ai limiti della psichedelia.

L’intero album Amore e non amore (1971) consolida una partnership che vede altri highlights in Confusione, il brano più rock da Il mio canto libero (1973) e Io ti venderei (da Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera, 1976).

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Amici felici

Era giusto in quel periodo, primi anni Settanta, che una famosa pubblicità del Carosello intonava “Se tu dai una cosa a me io poi do una cosa a te”, perfettamente adattabile ai continui interscambi tra un autore geniale e un re della sei corde sempre più all’apice, un guitar hero capace di non eseguire mai un assolo uguale ad un altro, come i suoi virtuosi preferiti, Jimi Hendrix, genio inarrivabile, e Carlos Santana, colui al quale bastavano tre o quattro note per far provare sensazioni uniche.

È molto interessante notare anche la loro voglia, talvolta, di invertire i ruoli in quella stretta collaborazione. Se Alberto si diverte a partecipare ai cori di La nuova America, nona traccia del disco più rivoluzionario di Lucio, Anima Latina, quest’ultimo, invece, con lo pseudonimo di Gias scrive il testo della roboante Prima e dopo la scatola, contenuta in Radius (1972), primo lavoro solista del chitarrista.

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La grande amicizia si riflette pure nel privato. I due sono spesso insieme anche al di fuori dello studio di registrazione. Nei primi mesi del ’73 accade un episodio insolito e divertente. Lucio è ormai logorato dagli attacchi alla privacy dei giornalisti, dal gossip sfrenato e non riesce nemmeno ad uscire di casa con la fidanzata Grazia Letizia Veronese, da cui aspetta un figlio, senza venire perseguitato dai fotografi.

Alberto si trasforma allora in pilota da Formula 1 (o parafrasando il suo complesso storico, Formula 3!). E, con una “folle corsa” in auto, pigiando a fondo l’acceleratore della sua leggendaria Shelby “Mustang GT 500”, li porta via dai paparazzi sfrecciando a 250 km orari. Da quel momento ospiterà (per oltre un mese) i due futuri coniugi e genitori nel suo appartamento a Milano, fino al parto del figlio. 

Una vita a tutta velocità quella di Alberto Radius, diventato in quattro e quattr’otto una delle Leggende della chitarra italiana e internazionale. E proprio Leggende è il titolo di una delle sue più belle canzoni, in una carriera da (ri)scoprire e che andiamo ad analizzare nei prossimi paragrafi.

Alberto Radius immortalato con l’amata Gibson Les Paul. Per gentile concessione di Cristiana Rizzi

Alberto Radius, il decano della chitarra italiana 

Le prime band, la Formula 3 e il supergruppo Il Volo

Alberto Radius, classe 1942, non è stato solo un pregiato chitarrista: era un sognatore, un produttore e compositore ricercato, capace di toccare le corde dell’anima con ogni sua nota.

Comincia a suonare presto, da ragazzino, negli anni Cinquanta, grazie alle “lezioni” di Enrico Ciacci, fratello di Little Tony. Fa parte di alcuni “complessi” nella sua Roma, già luogo dei primi incontri proprio con Lucio Battisti. Si esibisce nei night con i White Booster e poi nell’orchestra di Mario Perrone, il “Maestro del piano bar”. Fa esperienza anche nei Campanino, che cambiano nome in Big Ben’s. Il pezzo Una ragazza facile evidenzia già lo stile unico di Radius, estroso e sensibile artista sempre alla ricerca di stimoli nuovi. 

Trasferitosi a Milano, dopo la parentesi con gli inglesi Simon & Penny giunge il momento di sostituire Franco Mussida, chiamato al servizio militare, nei Quelli. Il suo ritorno, dopo due anni di naja, spinge Alberto a cambiare aria e tuffarsi nell’avventura Formula 3, che lo consacra come pioniere del rock italiano.

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Tra il ’70 e il ’73, sotto l’egida Battisti-Mogol, il trio pubblica quattro album di fuoco, rivoluzionando le sonorità del Belpaese con influenze pop mescolate al progressive, genere che raggiunge uno degli apici nella proposta de Il Volo, sorto sulle ceneri della Formula 3, un vero e proprio supergruppo con velleità internazionali, sempre con Radius e Lorenzi, irrobustito da Mario Lavezzi, Vince Tempera, Bob Callero e Gianni Dall’Aglio

Il supergruppo Il Volo. Per gentile concessione di Cristiana Rizzi

Con Il Volo il Nostro sperimenta la chitarra synth da assoluto precursore, anticipando le sonorità degli anni ’80. Ancora una volta si dimostra innovativo e visionario, con quella grande capacità di immaginare quello che ancora non c’è…

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I lavori solisti

Per restare fedele a se stesso e sincero con il pubblico, Radius, pur proseguendo la sua attività con la Formula 3, incide il primo album da solista nel 1972, intitolato semplicemente Radius. Vengono raccolte alcune jam session, fra cui una straordinaria Area, in compagnia di pregiati artisti quali Demetrio Stratos, Franz Di Cioccio, Patrick Djivas ed Ellade Bandini

La prima svolta avviene con Che cosa sei (1976), pochi mesi dopo la fine dell’avventura con Il Volo. Il chitarrista fa anche largo uso di sintetizzatori e crea un sound moderno strizzando l’occhio al pop rock. E in Popstar fanno pure capolino i cori di Marcella Bella e Loredana Bertè.

Il fiore all’occhiello rimane Carta straccia dell’anno successivo. Si conferma la partnership per i testi con Daniele Pace e Oscar Avogadro. Vi sono session man di lusso come Tullio De Piscopo e Claudio Pascoli, mentre musicalmente la virata è decisamente sul rock, con un pezzo tosto (e un assolo lacerante) del calibro di Nel ghetto.

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Alberto è sempre stato un vero e proprio frullatore di idee (dal 1978 ha posseduto anche una personale sala di incisione, lo Studio Radius), che rielaborava con gusto e metteva insieme, assorbendo musica di ogni tipo. 

Basta ascoltare i folgoranti LP seguenti, da America Goodbye, Leggende (1981) e il bellissimo Gente di Dublino (1982), agli intensi Please My Guitar (2004) e Banca d’Italia (2013), pubblicati dopo un lungo iato, per cogliere influenze funky jazz, folk, blues e fusion, il tutto condito con tanta originalità.

Di buona qualità sono pure …Una sera con Lucio, progetto ideato insieme all’amico Ricky Portera per omaggiare i due Lucio, Dalla e Battisti, così importanti per la loro carriera, e l’ultimo, anche se un po’ sussultante, Antichi amori, un mix di brani storici e inediti, con la meravigliosa title track dedicata all’adorata moglie Cristiana e la straziante 1000 lacrime a proiettare il passato nel futuro. 

Un Radius classico e al contempo avveniristico, naif ed esuberante, sempre geniale e oltre le mode, con quel sorriso ironico e beffardo incorniciato in un cespuglio di capelli.

La sua scomparsa, il 16 febbraio 2023, lascia un vuoto incolmabile e non è retorica, in un mondo sempre più liquido in cui rappresentava un conforto e un appiglio come artista e chitarrista.

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Da Al Bano a Battiato e Mina. Cronistoria di un chitarrista sublime e un instancabile session man 

La Formula 3, con cui vi sarà anche la reunion a partire dal 1990, Il Volo, la carriera solista, l’esperienza coi Cantautores e le esibizioni live inquadrano bene la sua attività di artista. 

Tuttavia, Alberto Radius è stato pure, in contemporanea, un grandissimo session man e un accorto, innovativo produttore.

Non solo Battisti, ma anche una serie smisurata di artisti trasversali per generi, che si ritrovano sotto lo stesso tetto sonoro grazie agli infiniti mondi, agli eroici furori rock, all’amore per la conoscenza di un chitarrista straordinario, costantemente alla ricerca di nuove sfide. 

Così, ci piace ricordare il suo contributo all’intro di Nel sole di Al Bano, le schitarrate nelle versioni dal vivo de La Notte di Adamo, e il suo sound moderno e new wave in alcuni dischi fondamentali di Franco Battiato, L’era del cinghiale bianco e La voce del padrone

Goran Kuzminac, Pierangelo Bertoli, Mina, Alice e Giuni Russo, fino a Coca & Rhum di Gigi Cifarelli, prima produzione di fusion in Italia nel 1985, Gianluca Grignani e i Punkreas, sono altri nomi illustri, tra i tanti, a godere dei servigi di Radius, la cui ultima apparizione pubblica risale al Festival di Sanremo del 2021, dove suona una chitarra a doppio manico a fianco dei Coma_Cose.

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Gli infiniti mondi chitarristici di Radius

Radius possedeva una gran quantità di chitarre, da una Fender del 1954 alla più recente Hamer Chaparral, senza dimenticare la Gibson Les Paul Custom del 1986.

Tuttavia ce n’è una speciale, rimasta nell’immaginario collettivo di tutti i fan dell’artista. Utilizzando le parole di un altro grande re della sei corde, Giuseppe Scarpato, che tante volte ha avuto occasione di suonare con l’amico Alberto, si tratta di “una delle chitarre più importanti della musica italiana, la Phoenix, la famosa Gibson Les Paul del 1960”.

Radius acquista questa Gibson Les Paul Standard in un negozio romano a metà anni Sessanta e da allora ne diventa partner inseparabile. Vengono i brividi a pensare che l’abbia imbracciata anche durante l’esibizione insieme a Stevie Wonder, davvero un momento memorabile!

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Negli ultimi decenni l’amata ”Phoenix”, acciaccata dal tempo, viene accantonata a favore di altri modelli, ma nel 2023 risulta definitivamente restaurata dopo il lungo lavoro di un appassionato liutaio, senza che purtroppo Alberto possa vederne il risultato finale.

Meritano inoltre una menzione gli equipaggiamenti che hanno reso così speciale il playing di Radius: il mitico Leslie Model 16 del 1969, il super fidato amplificatore Fender Super Reverb del ‘64, il seguente Super Twin e, infine, l’AC30 Vox e il Koch Multitone. E poi svariati effetti a pedale, di tutti i tipi, numerosi Delay e processori di suono, overdrive, multieffetto, pedali valvolari e diversi sistemi di switching per collegare più amplificatori alla medesima chitarra. 

Vox AC30 C2

Vox AC30 C2

Valutazione dei clienti:
(142)

Mica male per un compositore sopraffino, innamorato di Hendrix e dei Rolling Stones, dalla sei corde struggente e tintinnante, sempre ispirato. Un chitarrista che nutriva una forte stima anche per tanti suoi colleghi italiani. Con uno di loro, in particolare, si creò un’importante affinità elettiva: Ivan Graziani

“Crossroads”, la rubrica unica e speciale di Planet Guitar, si accinge a vivere una nuova, entusiasmante e sorprendente puntata, con l’Italia sempre nel cuore!

Stay tuned

To be continued…

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Alessandro Vailati