Spesso ci sfugge la relazione tra watt nominali di un amplificatore e il volume, o pressione sonora, che andrà a generare. Introduciamo le differenze tra potenza e volume, tra amplificatori in classe A e AB e tra watt “valvolari” e “transistor”.
Cos’è la potenza
La potenza è una grandezza fisica descritta dall’unità di misura del Watt (W), essa rappresenta l’energia spesa dal nostro amplificatore nell’unità di tempo. Per sdrammatizzare questa iniziale definizione scientifica possiamo dire che il dato della potenza nei prodotti commerciali fondamentalmente ci indica quanto un apparecchio andrà a consumare e le sue prestazioni. Prima caratteristica ad essere nominata durante la descrizione di un amplificatore, i Watt rappresentano un dato di difficile interpretazione per gli amplificatori audio in quanto varia, a seconda di numerose caratteristiche, il loro rapporto con il volume in uscita. Introduciamo per ovviare a questo problema alcuni parametri su cui ragionare.
I watt dell’amplificatore
Partiamo da un presupposto: la potenza nominale di un amplificatore è un dato completamente fittizio che va maneggiato con cautela. Per ragioni di mercato e praticità si utilizza la potenza per dare una stima delle capacità dell’amplificatore spesso rifacendosi semplicemente alla quantità e qualità delle valvole presenti nella sezione finale (finale di potenza).
Tuttavia i Watt che troviamo nella descrizione di un amplificatore sono equivalenti solitamente alla potenza massima rilevata su un carico resistivo alla frequenza pura di 1 KHz. Senza addentrarci in tecnicismi tutto ciò chiaramente non corrisponde alla realtà in cui suonerà il nostro amplificatore, partendo dal fatto che lo speaker è una bestia a sé stante e interagisce con l’amplificatore in maniera molto particolare.
La potenza elettrica generata dall’amplificatore è trasformata difatti dallo speaker in potenza acustica attraverso il loro accoppiamento. Quest’ultima grandezza fisica rappresenta un miglior descrittore delle prestazioni del nostro amplificatore.Ma purtroppo questo dato esiste solo in seguito all’accoppiamento di amplificatore e speaker e non può essere usato a priori.
Come interagiscono Watt e SPL
Introduciamo un’ulteriore grandezza fisica: la pressione sonora, o in inglese sound pressure level (SPL). Il volume di qualsiasi tipologia di suono o rumore può essere agevolmente descritto dal dato della pressione sonora, la cui unità di misura è il Pascal (Pa). Il valore della pressione sonora è spesso espresso in scala logaritmica. Il motivo di questa scelta è dettato principalmente dall’enorme gamma dinamica che il nostro orecchio riesce a percepire. Ad esempio il suono più forte che l’orecchio umano può percepire senza provare dolore è un milione di volte maggiore del suono più debole percepibile.
Rappresentando la pressione in scala logaritmica, ovvero in deciBel, possiamo avere una lettura dei dati più agevole ed un’interpretazione più immediata.
La relazione tra pressione sonora e watt dell’amplificatore è tuttavia legata a molte variabili e un diretto rapporto tra i due risulta difficile da descrivere. Basti pensare ad esempio che raddoppiare la potenza in Watt dell’amplificatore porta ad un aumento in termini di pressione sonora di 3 dB. Lo stesso risultato si sarebbe potuto ottenere raddoppiando gli speaker dell’amplificatore, utilizzando degli speaker più efficienti o in minima parte modificando il cabinet della cassa. L’esempio appena presentato risulta molto approssimativo. Tuttavia, ci da un’idea di come la relazione tra potenza e pressione sonora sia complicata e di come sia impossibile conoscere a priori le esatte caratteristiche in termini di volume d’uscita.
Il metodo più adeguato per farsi un’idea di come e quanto suonerà un amplificatore risulta essere quello comparativo, data la numerosissima quantità di variabili! Cassa, speaker, finale di potenza contribuiscono tutti a determinare il comportamento dell’amplificatore. Nel prossimo paragrafo approfondiremo le diverse tipologie di finali per avere un’idea più chiara sulle differenze.
Finali di potenza
Il finale di potenza è la sezione del nostro amplificatore che segue il preamplificatore. Essa è utilizzata per amplificare un segnale a livello di linea (line-level) in un segnale ad alta corrente che andrà a pilotare gli speaker. Nel caso della chitarra e del basso il debole segnale proveniente dai pickup andrà preamplificato in un primo stadio per poi giungere alla sezione di potenza (finale). Al contrario in una tastiera il livello del segnale di uscita è già di linea quindi può direttamente andare ad uno stadio finale. In un amplificatore valvolare il finale di potenza è popolato dalle famose valvole di potenza (EL34, 6L6, 6V6, EL84…). Negli amplificatori a stato solido e in quelli digitali l’intera sezione di amplificazione è composta da transistor. In particolare per quanto riguarda i valvolari abbiamo due possibili configurazioni: classe A e classe AB.
La differenza principale tra le due classi è il modo in cui le valvole lavorano. In un amplificatore in classe A tutte le valvole di potenza sono sempre accese ed amplificano il segnale in parallelo nella sua completezza. Essendo sempre accese dissipano molto calore e dunque l’efficienza di questa configurazione è molto bassa. Ciò vuol dire che gran parte della potenza generata andrà dissipata in calore e non contribuirà ad alimentare i diffusori.
Al contrario in un amplificatore in classe AB, anche detta configurazione push-pull, le valvole non rimangono accese. Al contrario, amplificano il segnale solamente durante la semionda positiva o durante la semionda negativa (ogni valvola lavora a metà ed è spenta quando l’altra è all’opera). In poche parole se la sezione finale è composta da due valvole. Queste si alternano nell’amplificazione (da qui il nome push-pull, tira e molla) permettendo di avere un’efficienza maggiore. La maggiore efficienza si traduce in un volume in uscita maggiore rispetto alla controparte in classe A a parità di Watt nominali. Tuttavia gli amplificatori in classe A sono particolarmente apprezzati per il loro suono caldo.
Un approccio completamente diverso si ha con gli amplificatori digitali le cui sezioni di potenza sono in classe D. In questa configurazione il suono è scomposto con un metodo chiamato PWM (pulse width modulation). Il tutto è gestito da transistor, si rinuncia dunque alla saturazione introdotta dalle valvole. Questa tipologia di finali di potenza è utilizzata in cascata ai modeler digitali (kemper, quad cortex , ecc). Introducendo nella modellazione tutti i tratti e le sfumature del suono dell’amplificatore che andiamo a simulare il finale non deve introdurre distorsione e deve essere il più lineare possibile.
Differenza tra amplificatori valvolari ed a transistor
Sono molte le carte in tavola quando si parla di volume percepito nel caso di strumenti elettrici. Le variabili vanno dall’equalizzazione (un suono ricco di medi è più in evidenza e facilmente percepito dal nostro orecchio rispetto ad un suono svuotato nelle medesime frequenze) alla quantità di casse o speaker che riproducono il suono, alla loro sensibilità e al wattaggio dell’amplificatore. Una sostanziale differenza soprattutto per chitarristi e bassisti è anche quella che può essere chiamata “tipologia” del wattaggio.
La differenza tra il volume percepito prodotto da un amplificatore a transistor ed uno valvolare col medesimo wattaggio nominale (a parità delle variabili sopra citate) è sostanziale. Basti pensare che un amplificatore a transistor da 100 watt va ad accostarsi ad un amplificatore valvolare da 20 watt a livello di percezione sonora. Eppure un watt è un watt indipendentemente dalla maniera con cui lo si genera. Difatti questo è un mito chitarristico da sfatare. La differenza in termini di volume percepito si spiega principalmente grazie alla colorazione che le valvole danno al suono.
A parità di volume le valvole impartiscono una distorsione più colorata e gentile rispetto a quella del transistor (che arriva più tardi ed è molto più sgradevole). Danno al suono una qualità armonica che lo pone più in evidenza e più facilmente percepibile dal nostro orecchio. Al contrario gli amplificatori a transistor devono avere molta più headroom (soglia di non distorsione) per andare a compensare il fatto che la distorsione provocata da essi può andare a rovinare l’altoparlante in caso di eccessiva presenza (la motivazione si riduce alla tipologia di distorsione che provocano).
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