Les Paul, l’uomo che ha cambiato per sempre la musica, con la progettazione della prima chitarra elettrica solid body della Gibson. Ma non solo, basti pensare alla sua geniale intuizione riguardo alla registrazione multitraccia. L’incrocio con un suo “allievo”, Brian May, è qualcosa di speciale. Due celebrità incredibili, umili e raffinate si scambiano parole e sorrisi, mentre le loro chitarre disegnano trame da sogno.
Brian May e Les Paul, due uomini dal cuore d’oro finalmente si incontrano
Curiosi e innovatori
Brian May è molto legato e allo stesso tempo anche tanto simile al suo Maestro Les Paul. Certamente il chitarrista dei Queen è un personaggio sui generis, colto e generoso. È inoltre un raffinato artigiano della musica nel vero senso della parola, e lo dimostra nell’essersi costruito uno strumento in proprio insieme a suo padre, la mitica Red Special, come abbiamo visto nel precedente articolo. Dal canto suo nessuno meglio del “Mago di Waukesha” incarna il concetto di esplorazione e curiosità, quello spirito libero che ha portato a innovazioni utilizzate ancora oggi dai musicisti. Così il loro incontro assume connotati mitici, sia per la profonda identificazione e stima tra i due personaggi, sia per le circostanze particolari vissute per consentire l’avvenimento.
La corsa contro il tempo per vedere il proprio beniamino
Siamo agli inizi della primavera del 1991 e Brian sta vivendo un momento molto difficile. Innuendo è appena stato pubblicato a febbraio e, in aggiunta a tutta la macchina promozionale da seguire, purtroppo le condizioni fisiche di Freddie Mercury sono in continuo peggioramento. Oltre allo strazio personale vi è comunque il desiderio di stare vicino all’amico anche dal punto di vista musicale, per continuare fin quando possibile il progetto di suonare insieme.
Così tra gennaio e giugno di quell’anno Brian, Roger Taylor e John Deacon si mettono a disposizione del cantante; Mercury tutte le volte che si sente meglio, nei giorni in cui riesce a sopportare meglio il dolore, li chiama e corre nello studio di Montreux a registrare alcune parti vocali con il loro contributo. Sta nascendo in questo modo Made in Heaven, il disco postumo dei Queen. Una tranquilla domenica di marzo Brian May riceve improvvisamente una telefonata di lavoro, ove gli viene proposto di recarsi negli Stati Uniti per un’intervista e per suonare in un club di New York. Come raccontato da lui stesso, inizialmente declina gentilmente l’offerta, tuttavia non appena gli viene prospettato di esibirsi con Les Paul il suo “No, Thank You, I’m busy”, si trasforma subito in un “I’m on the plane!”.
Axe Heaven Brian May Red Special
“Sono già sull’aereo”, risponde Brian pensando al mirabile incontro con il suo idolo, e nel momento in cui si presenta al Fat Tuesday Club sono passate solo cinque ore da quando ha toccato terra, dalla natia Inghilterra, nella Grande Mela. È il 25 Marzo, un lunedì come tutti gli altri nel mondo, ma per lui diventa un giorno memorabile, impossibile da dimenticare.
Una jam improvvisata intensa e commovente
In questa sessione Brian May giunge con tanta emozione, umiltà e devozione, preparato in qualche modo con la sua inseparabile chitarra e un set di distorsione. Si esibisce con la massima spontaneità insieme al Les Paul Trio, in un locale newyorkese dove il “padre della musica moderna” performa da anni una volta alla settimana (e suona la Les Paul Gold Top che vi abbiamo mostrato in questo video).
Le loro chitarre si intrecciano, legano, camminano da sole per poi riavvicinarsi, il tutto con un rispetto reciproco e un entusiasmo commoventi. Un appuntamento a cui il chitarrista dei Queen mai avrebbe rinunciato: ancora rimbombano le sagge parole dell’adorato papà, scomparso proprio alla fine di quel terribile 1991: “Se vale la pena di fare una cosa, vale la pena di esagerare!”. E il caro figliolo non si lascia sfuggire l’occasione, anzi rende mitica una jam session già di suo indimenticabile!
Brian May e Les Paul, un poco lontani nel tempo, ma tanto vicini nel gusto e nelle ispirazioni
Les e Brian, rispettivamente classe 1915 e 1947. Potrebbero essere padre e figlio: sono rappresentanti di due generazioni diverse, con sogni e aspirazioni legati a situazioni contingenti radicalmente differenti. Basta tuttavia una cosa per avvicinarli, la musica. Il gusto per un certo tipo di suono, l’amore per gli artisti veri e naif, siano Django Reinhardt o Jimi Hendrix; ciò che conta è l’anima, l’espressività, non importa il genere, jazz o blues, e l’origine, americana oppure britannica, la differenza la fanno il feeling, il sentimento, e l’anima, il desiderio di creare la propria arte, di vivere il proprio purissimo sogno, con il limpido credo di musicista e uomo.
Entrambi hanno adottato più stili, si sono innamorati del rockabilly, una delle prime forme del rock and roll, e si sono concentrati nello studio dello strumento da loro tanto amato: la chitarra. Ne hanno evidenziato il valore intrinseco, la possibilità di associare raffinatezza ritmica, vena creativa per gli assoli e originalità del suono, creando un nuovo idioma chitarristico. E, lo vedremo nel particolare nei successivi paragrafi, Les Paul, sognatore e visionario come l’alunno Brian May, rivoluzionerà il mondo con le sue scoperte.
L’emozionante storia di Les Paul
Gli inizi e quella genialità subito evidente
Lester William Polfuss nasce il 9 giugno del 1915 a Waukesha, nel Wisconsin, da genitori di origini tedesche, e fin da bambino dimostra doti non comuni. Già negli anni Venti analizza e modifica la struttura del pianoforte della madre, creando un effetto multitraccia e cominciando da quel momento l’avventura nel mondo delle sue invenzioni.
Suona l’armonica, il banjo e si appassiona di elettronica applicata al suono: costruisce una radio a cristallo, riceve in regalo una chitarra, la Sears Troubadour e inizia, neanche tredicenne, i primi esperimenti di amplificazione. In quel periodo progetta anche il primo reggiarmonica usando un appendiabiti che gli permette di suonare la chitarra e l’armonica allo stesso tempo (un supporto basato sul suo disegno è prodotto ancora oggi!). In seguito tenta di creare la prima chitarra elettrica a corpo solido riempiendo la sua chitarra acustica con gesso di Parigi. Sicuro di sé, testardo e irrefrenabile, il suo obiettivo dichiarato è rendere udibile a più persone possibili il suono della sua sei corde.
Prima di optare per il nome d’arte Les Paul si esibisce con l’appellativo Rhubarb Red nelle stazioni radio hillbilly di St. Louis e Springfield, insieme al mentore Sunny Joe Wolverton. La vita lo costringe poi alle prime scelte e decide senza rimpianti di abbandonare la scuola superiore per trasferirsi a Chicago con Wolverton.
Musica e invenzioni
I negativi effetti della “Grande depressione” portano sconcerto, negatività e terrore nell’America di quasi un secolo fa, ma il giovane Les Paul non demorde, per lui la musica è la vita, e lavorare e ingegnarsi su tutto quello che le ruota attorno è ormai una missione. Acquisisce esperienza calcando il palco insieme ai grandi del jazz nel Southside di Chicago, conduce programmi radio e forma il primo Les Paul Trio con Ernie Newton e Jimmy Atkins, fratellastro di Chet Atkins. Nel 1943 viene arruolato nell’esercito degli Stati Uniti e presta servizio nell’Armed Forces Radio Network, supportando artisti come Bing Crosby e le Andrews Sisters, oltre ad esibirsi in proprio. I
l suo sogno rimane comunque quello di costruirsi una sei corde elettrica solid body e continua gli esperimenti di ormai parecchi anni prima. Prosegue ancora senza sosta l’avventura nel mondo dello spettacolo; partecipa con grande riscontro insieme a Nat King Cole al concerto inaugurale dell’evento Jazz at the Philharmonic il 2 luglio 1944 e l’anno dopo suona magnificamente la chitarra nel successo del dopoguerra di Bing Crosby It’s Been a Long, Long Time, oltre a incontrare per la prima volta la futura seconda moglie Iris Colleen Summers, aka Mary Ford, grazie al noto attore e cantante Gene Autry.
L’incredibile tocco della sua chitarra, la vita con Mary e la celebrità come artista e inventore
Le peripezie di fine anni Quaranta
Les Paul ha ormai confezionato uno stile e un suono unico, come si evince da It’s Been a Long, Long Time, ed è famosa la frase di sua madre, la quale, sul finire degli anni Quaranta dichiara le qualità insindacabili del figlio. “Tutti i chitarristi suonano come Les”, sono le sue parole, ed è veramente difficile darle torto. Proprio in quel periodo accadono uno dopo l’altro una serie di terribili e lieti avvenimenti.
Les e Mary hanno uno spaventoso incidente d’auto e il primo rischia l’amputazione del braccio destro, ma riesce a convincere i dottori a salvarlo e a sistemarlo in modo che possa continuare a suonare, accettando la menomazione e la paralisi. Un vero miracolo, e così proseguono le sue attività, spesso in coppia con Mary, che nel ’49 diventa sua sposa e con cui avrà due figli. Ora le cose vanno per il meglio e il successivo sarà il decennio della consacrazione.
Gloria e successo
Il mondo degli anni Cinquanta a stelle e strisce accoglie a braccia aperte Les Paul, che trova il suo spazio tra il virtuosismo di Liberace, l’anima rock di Jerry Lee Lewis, lo stile di Ray Charles, il sentimento di Frank Sinatra e l’universalità di Elvis Presley.
Non si placano le sue ricerche e le registrazioni con sovraincisioni, mentre le trasmissioni radiofoniche e le canzoni con Mary sono un successo, grazie anche all’utilizzo delle sue invenzioni, una vera e propria rivoluzione tecnica. Firma finalmente un contratto con la Gibson, dopo tanti sforzi (senza dimenticare anche alcuni dolorosi rifiuti): ora le idee, la genialità di Les raggiungono l’obiettivo tanto agognato, e il giusto premio è l’introduzione nel 1952 della Gibson Les Paul solid body electric guitar. Un riconoscimento meritato per un uomo leggendario, troppo avanti coi tempi, che già più di dieci anni prima aveva gettato le basi del suo primo prototipo chiudendosi a chiave il sabato nella fabbrica Epiphone, quando il personale era assente.
Vaya con Dios è la hit di quel periodo (nella lunga carriera pubblicherà più di trenta album), e intanto le sue sperimentazioni multitraccia, le sue tecniche di overdubbing si perfezionano. Nei sixties Les e Mary ricevono la prestigiosa stella alla Hollywood Walk of Fame, prima di separare le loro carriere e divorziare. Paul porta avanti – non senza contrasti – i suoi progetti per la Gibson, dai disegni per nuove chitarre e pick up a innovative tecnologie elettroniche. Infine si esibisce in Giappone con Gene, secondo figlio avuto dalla prima moglie Virginia Webb (il primo, Lester Rusty utilizzerà come nickname Les Paul Jr.), prima di ritirarsi momentaneamente dall’attività live.
La fiammella di Les non si spegne: gli ultimi decenni, sempre con la musica (e la chitarra) nel cuore
Gli anni Settanta, Ottanta e Novanta scorrono tra problemi di salute e una serie infinita di riconoscimenti. A Les si rompe il timpano sinistro e comincia ad accusare consistenti problemi d’udito, nonostante alcuni interventi chirurgici. Come se non bastasse viene operato al cuore, ma supera con la solita tenacia i momenti difficili. Riemerge dal ritiro per registrare Chester & Lester (1976) e Guitar Monsters (1978) con Chet Atkins, per i quali riceve rispettivamente un Grammy e una nomination. Inoltre lancia il suo regular Monday gig con il suo trio al Fat Tuesday Club di New York City. Gli show continuano fino al 1994 e, come ampiamente raccontato, portano anche Brian May nella sua “tana”. In seguito riprende la tradizione dei concerti del lunedì in forma ridotta, sempre nella Grande Mela, all’Iridium Jazz Club e mantiene tale formula fino a due mesi prima della morte, nel 2009.
L’incredibile patrimonio lasciato
Il 12 agosto 2009 Les Paul abbandona questa Terra dopo novantaquattro anni vissuti fragorosamente. Un uomo unico e speciale: ha fatto così tanto per la musica moderna, per la chitarra e per le innovazioni di registrazione che non può essere classificato semplicemente come un inventore, un liutaio o un chitarrista, perché era tutto questo e molto di più.
La sua intuizione della registrazione multi-traccia e l’idea delle incisioni sovrapposte, gli studi sull’eco, il delay e in generale sulle tecnologie musicali certificano le incommensurabili qualità del personaggio, novello Edison e Leonardo da Vinci contemporaneo. Infine il suo capolavoro: Il progetto rivoluzionario della prima chitarra elettrica solid body, priva di cassa di risonanza e con un corpo di legno compatto, diventata l’epica Gibson Les Paul, che ha messo in un angolino la Broadcaster della Fender uscita due anni prima, e ha fatto la storia del rock.
Jimmy Page, Jeff Beck, Duane Allman, Mike Bloomfield, Peter Green, Pete Townshend, Joe Walsh, Neil Young, Carlos Santana, John Fogerty, George Harrison, Paul McCartney, Keith Richards, Ronnie Wood, Mark Knopfler, Gary Moore, The Edge, Slash, Richie Sambora, Maurizio Solieri, Omar Pedrini e, ovviamente, Brian May, sono fra i tanti ad aver “adottato” la sua chitarra, senza dimenticare l’Eric Clapton dei Bluesbreakers.
Le chitarre di Les Paul
La prima storica chitarra progettata da Les Paul per Gibson è conosciuta con il nome di GoldTop. La vernice dorata è stata scelta da lui personalmente, al fine di rendere elegante lo strumento. Negli anni si sono susseguite varie modifiche tecniche ed estetiche e viene perciò suddivisa in varie serie, dalla iniziale 52-53 in avanti.
Sono poi da ricordare la Custom, dalle rifiniture lussuose, la Classic, rivisitazione del modello storico che comincia la produzione a fine anni Ottanta, e le varie Standard, Classic, De Luxe e Studio. Tipico della Gibson è anche il lancio di modelli speciali, come la serie Anniversary.
Tutte le Les Paul hanno comunque una caratteristica essenziale che le accomuna: la grande qualità, con un suono caldo, pieno, avvolgente e un sustain praticamente infinito.
Una delle ultime gemme: Les Paul & Friends, American Made World Played
Tutti i chitarristi, indipendentemente dal marchio utilizzato, devono la possibilità di suonare le loro note a quest’uomo incredibile, geniale inventore visionario. La dimostrazione dell’universalità dell’apprezzamento si palesa in questo disco tributo (che si aggiudica due grammy) del 2005, a cui partecipa pure proprio lui, Les Paul in carne e ossa. Steve Miller, legato a Les fin dall’infanzia, Buddy Guy, Billy Gibbons, Peter Frampton, Sting, Jeff Beck, Richie Sambora, Kenny Wayne Shepherd, Neal Schon, Eric Clapton, Joe Perry, Steve Lukather e Keith Richards sono solo alcuni nomi coinvolti in un album di grande valore filologico, che raccoglie alcune fra le ultime incisioni in studio di Les Paul.
E, come spesso capita, un progetto di grande successo spesso si abbina a breve a un altro che cerca di mantenere la stessa formula vincente. La seconda edizione di Les Paul and Friends: a Tribute to a Legend, esce nel 2008 e annovera fra gli ospiti Joe Bonamassa e Slash, con quest’ultimo legato indissolubilmente al suo mentore, come vedremo nel prossimo episodio di “crossroads”. Gli intrecci fra i grandi artisti/chitarristi non finiscono mai…è la bellezza della musica! Stay tuned.
To be continued…
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