Jack White, il cui vero nome è John Anthony Gillis, è uno dei musicisti più influenti del ventunesimo secolo. Nato a Detroit, Michigan, il 9 luglio 1975, White è conosciuto principalmente come frontman dei The White Stripes, ma la sua carriera abbraccia una varietà di progetti e collaborazioni, tutti caratterizzati da una costante innovazione musicale e una dedizione intransigente all’artigianato musicale. Ha vinto ben dodici Grammy Award ed è stato inserito al 17esimo posto dei “100 più grandi chitarristi di tutti i tempi” dalla rivista Rolling Stone nel 2011.
Gli inizi di Jack White
White è cresciuto in una famiglia cattolica di classe media, ultimo di dieci figli. Fin dalla tenera età, ha mostrato un vivo interesse per la musica. A cinque anni iniziò a suonare la batteria e, durante l’adolescenza, sviluppò una passione per il blues, il punk e la musica folk. È sempre stato un tipo molto curioso ed intraprendente. La sua formazione musicale si è arricchita anche grazie a un lavoro come tappezziere (avete letto bene), dove ha incontrato Brian Muldoon, un batterista con cui formò il duo The Upholsterers. Tuttavia, fu l’incontro con Meg White, che sarebbe diventata la batterista dei The White Stripes, a segnare una svolta decisiva nella sua carriera.
“Questa generazione è praticamente morta. Se chiedi a un ragazzo cosa farà questo sabato ti risponderà che giocherà alla Play o vedrà una serie in Tv, invece di costruire un modellino d’automobile o un aeroplano o fare qualcosa di creativo. Non conosco nessun ragazzo che ti risponderebbe: sono un appassionato di modellismo!”
The White Stripes
Jack e Meg White formarono i The White Stripes nel 1997. La loro immagine distintiva, basata su una palette di colori bianco, rosso e nero, e la loro musica minimalista, caratterizzata da un suono grezzo e potente, attrasse immediatamente l’attenzione. L’amore di Jack per il rosso e il nero si estende anche alla scelta della sigaretta: durante il suo periodo nei White Stripes, fumava solo Embassy No 1 per via della loro confezione!
Il loro album di debutto omonimo del 1999, benché accolto favorevolmente dalla critica, non ottenne un grande successo commerciale. Fu con il loro terzo album, White Blood Cells del 2001, che i The White Stripes raggiunsero un pubblico più ampio. Tracce come Fell in Love with a Girl e Dead Leaves and the Dirty Ground divennero rapidamente dei successi e il duo cominciò a essere riconosciuto come uno dei più innovativi della scena rock dell’epoca. Jack ha sempre badato molto all’ispirazione del momento; per registrare i primi due dischi della band impiegò solo due settimane. “È un grave errore dedicare troppo tempo a un disco – ha dichiarato – Si rovina l’energia della performance originale”
La svolta con Elephant
Il vero trionfo arrivò con l’uscita di Elephant nel 2003. L’album conteneva Seven Nation Army, un brano che divenne immediatamente iconico grazie al suo riff di chitarra distintivo e che trascese l’ambito musicale per diventare un coro da stadio che noi italiani conosciamo bene… Elephant vinse un Grammy per il miglior album di musica alternativa e consolidò i The White Stripes come superstar del rock internazionale. La semplicità e l’efficacia della loro musica, accoppiate alla presenza scenica di Jack White, li resero inarrestabili.
La Strumentazione di Jack White
Uno degli aspetti più affascinanti di Jack White è il suo approccio alla strumentazione. Da sempre sostenitore del minimalismo, White utilizza strumenti vintage e spesso volutamente rudimentali per creare il suo suono unico. La sua chitarra principale durante il periodo con i The White Stripes era una Airline JB Hutto del 1964, una chitarra di plastica con un suono distintivo e graffiante. Ha anche utilizzato una Kay Hollowbody, una Gretsch White Penguin ed una Parsons Triple Jet. “Per i The Raconteurs ho progettato una Gretsch “Triple Jet” aggiungendo un terzo pickup a una Double Jet e inserendo un MXR Micro Amp all’interno della chitarra. – ha dichiarato alla rivista Guitar Player – È possibile ottenere istantaneamente un suono overdrive attivando quel pickup. Se è il momento di suonare un assolo e di esagerare un po’, basta agire sullo switch che c’è sulla chitarra”.
White è famoso per il suo utilizzo di pedali effetti che aggiungono texture e profondità al suo suono. Tra i suoi preferiti ci sono il Big Muff, il celebre pedale di Electro Harmonix, il Digitech Whammy, che gli permette di creare proprio il famoso riff di Seven Nation Army e il POG2 per le armonizzazioni sulle ottave. Spesso utilizza un Fender Twin Reverb come amplificatore.
Electro Harmonix Big Muff PI Classic
Digitech Whammy 5
Electro Harmonix POG2
Fender 65 Twin Reverb
Altri progetti
Oltre ai The White Stripes, Jack White ha partecipato a numerosi altri progetti musicali. Nel 2005 ha formato i The Raconteurs con Brendan Benson, Jack Lawrence e Patrick Keeler. Il loro album di debutto, Broken Boy Soldiers, fu ben accolto e il singolo Steady, As She Goes divenne un successo. Con i Raconteurs, White esplorò un suono più complesso e raffinato rispetto alla semplicità brutale dei The White Stripes.
Nel 2009, White formò un altro supergruppo, The Dead Weather, con Alison Mosshart dei The Kills, Dean Fertita dei Queens of the Stone Age e Jack Lawrence dei The Raconteurs. Questo progetto permise a White di esplorare ulteriormente il suo amore per il blues e il rock psichedelico, e lo vide spesso dietro la batteria, piuttosto che alla chitarra.
La carriera da solista
Nel 2011 ha dichiarato a NME che non si sarebbe mai formalmente unito ad un’altra band. “Tre sono sufficienti per tutta la vita“, ha detto. “Se non posso dirlo in nessuna di queste band, dovrò dirlo da solo“.
Nel 2012, Jack White pubblicò così il suo primo album solista, Blunderbuss
L’album ricevette recensioni entusiastiche e dimostrò la versatilità di White come compositore e musicista. Seguirono altri album solisti, tra cui Lazaretto del 2014 e Boarding House Reach del 2018, ognuno dei quali esplorava nuove direzioni musicali e consolidava ulteriormente la reputazione di White come innovatore.
Influenza ed eredità di Jack White
L’influenza di Jack White sulla musica moderna è innegabile. Il suo stile chitarristico, che combina il blues tradizionale con il punk e il garage rock, ha ispirato innumerevoli musicisti. Il suo approccio alla produzione musicale, che enfatizza l’uso di tecnologie analogiche e strumenti vintage, ha contribuito a un rinascimento del suono analogico.
White ha anche dimostrato un impegno costante per l’autenticità e l’integrità artistica. Nonostante il suo successo commerciale, ha sempre evitato le convenzioni del mainstream, preferendo esplorare nuove direzioni musicali e mantenere un controllo rigoroso sulla sua arte. La sua etica del lavoro e la sua dedizione alla qualità sono evidenti in ogni aspetto della sua carriera, dai suoi album ai concerti dal vivo. “Parliamoci chiaro: la tecnologia è il più grande killer delle emozioni e della verità. – ha raccontato recentemente – L’autotune non fa un bel nulla per la creatività. Certo, ti fa lavorare più veloce e ti fa tornare a casa prima. Un sacco di pusher saranno più felici ma non ti rende una persona più creativa. È una vera malattia e come tale dovrebbe essere combattuta senza remore.”
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