Il 29 Ottobre del 1946 nasceva a Bethnal Green, Londra, Peter Allen Greenbaum, noto come Peter Green. Figura fondamentale del british blues, fondatore dei Fleetwood Mac, chitarrista dei Bluesbreakers di John Mayall, ha scritto brani memorabili fra i quali spicca Black Magic Woman. Nel 1998 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame; il suo stile è fatto di bending e vibrati passionali e pieni di emotività, tanto che BB King ha dichiarato “Ha il suono più dolce che abbia mai sentito… è stato l’unico a farmi venire la pelle d’oca. Io e Paul di Guitar Tutorials abbiamo scelto di farvi ascoltare la iconica intro di Need Your Love So Bad, brano di Little Willie John del quale i Fleetwood Mac registrarono una cover nel 1968.

©Pictorial Press Ltd / Alamy Stock Photo

L’erede di Clapton

La formazione musicale del giovane Peter Green inizia con saltuarie lezioni di chitarra del fratello maggiore Michael. Come molti dei suoi coetanei divora i vinili d’importazione che arrivavano dagli Stati Uniti, entusiasmandosi per il tocco primordiale dei bluesmen statunitensi come Freddie King, Otis Rush, John Lee Hooker, Buddy Guy e, forse in modo più palpabile nel suo modo di suonare, per il maestro del vibrato, BB King. Più tardi si innamora della musica degli Shadows e del loro chitarrista Hank Marvin, che diviene il suo punto di riferimento. Non ancora ventenne intraprende le sue prime esperienze in svariate band, dove a volte ricopre il ruolo di bassista. La scelta di dedicarsi anima e corpo alla chitarra arriva, per sua stessa ammissione, dopo aver visto Eric Clapton:”Ho deciso di tornare alla chitarra solista dopo averlo visto con i Bluesbreakers. Aveva una Les Paul, le sue dita erano meravigliose…”.

Green impara in fretta e nelle sue avventure musicali conosce fra gli altri Mick Fleetwood e Rod Stewart. La popolarità cresce ed il suo nome inizia a girare con insistenza sulla scena musicale londinese.

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Nel 1965 arriva la grande opportunità: sostituire l’icona Eric Clapton, pronto a fondare i Cream, con John Mayall e i Bluesbreakers per quattro concerti. Il buon Peter insiste per essere scelto e gioca al meglio le sue carte e quando Clapton lascia definitivamente la band lui è lì, pronto a subentrare. Con la sua personalità ed il suo tocco magico riesce a far breccia fin da subito nel cuore dei fans ancora sotto shock per la dipartita di Clapton. Nel 1967 esce il disco A Hard Road dei Bluesbreakers che vede Green come autore di due brani: The Same Way e The Supernatural. Ascoltando l’intero album si può godere del suo talento esplicitato da un fraseggio morbido, pieno di emotività, ma anche da parti graffianti quando è necessario alzare i giri.

I Fleetwood Mac

L’esperienza con John Mayall dura pochissimo e nel 1967 Peter Green ed il batterista dei Bluesbreakers Mick Fleetwood lasciano la band e danno vita ai Fleetwood Mac. “All’inizio i Fleetwood Mac erano un po’ un esperimento“, ha osservato Green. “Non mi sarei sorpreso se fosse fallito”. Il gruppo invece si fa subito notare al Windsor National Jazz and Blues Festival guadagnandosi un contratto discografico con il potente Mike Vernon, già produttore di John Mayall, e la sua etichetta Blue Horizon.
L’album omonimo di debutto trasuda blues. Per i puristi del genere è una vera e propria perla, con i brani composti da Green che si mescolano ai grandi classici di Robert Johnson ed Elmore James. Nel 1968 esce, come singolo, uno dei brani più significativi: Black Magic Woman, di cui Santana registrò poco dopo una fortunatissima cover. “Quella fu la canzone“, ha osservato Vernon, “che dimostrò che Peter non era solo un ottimo autore di canzoni, ma un autore veramente eccezionale”.

Un vero e proprio spartiacque che proiettò Green in un modo diverso di concepire il blues, evadendo dalla gabbia delle 12 battute, per esplorare nuovi territori compositivi e concentrarsi più sull’emotività che sulla forma. 

Albatross ci racconta attraverso le sue atmosfere sognanti questa nuova veste compositiva di Green.

Nel 1969 viene pubblicata una compilation, The Pious Bird Of Good Omen. La opener è Need Your Love So Bad, singolo dell’anno precedente che si rivelerà un lascito artistico. In quel periodo infatti Green inizia a cambiare nell’aspetto e nel comportamento, facendosi risucchiare nella suadente spirale della LSD. Nel 1970 lascia definitivamente i Fleetwood Mac e gli anni successivi saranno molto travagliati, fra tentativi di rimanere sulla cresta dell’onda e continui ricoveri in ospedali psichiatrici.

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La risalita: Peter Green Splinter Group

1979. La fine del tunnel arriva con l’album solista In the Skies e con l’apparizione nel brano Brown Eyes dei Fleetwood Mac. Green riprende a suonare stabilmente; partecipa come session man in svariati progetti fra i quali ricordiamo i due dischi solisti di Mick Fleetwood. Nei primi anni ’80 Gibson propone a Green di produrre una Les Paul signature a suo nome. Tuttavia, lui declina volendo continuare a suonare la sua Gibson Howard Roberts Fusion

Nel 1997 nascono i Peter Green Splinter Group, band di matrice blues che oltre a Peter vede Nigel Watson, Cozy Powell e Neil Murray. Incideranno un totale di sei studio albums e rimarranno attivi fino al 2004, anno della dipartita di Green.

Una chitarra che è già leggenda: Greeny

Dopo il suo primo periodo con Mayall, Green decise di acquistare una Gibson Les Paul del 1959. Diviene presto la sua “chitarra magica”, quella sempre presente nei dischi e nelle apparizioni dal vivo. Quella con un timbro speciale dovuto ai pick up PAF montati in controfase. 

Nel 1970 una band irlandese chiamata Skid Row (non confondiamoli con quelli di Los Angeles) apre alcuni concerti dei Fleetwwod Mac ed il loro giovane chitarrista, un tale Gary Moore, stringe un legame di amicizia con Peter Green. 

Dopo avergli prestato Greeny per qualche giorno, Green chiede a Moore se fosse interessato a comprarla. “Vendi la tua chitarra e mi dai quello che riesci a farci…non sono interessato ai soldi, voglio solo che la chitarra trovi una buona casa”. Un incredulo Gary non se lo fa ripetere due volte. Porta la sua Gibson SG in città, raccimola 160 sterline e corre da Peter che restituendogliene 40 dice “Ti dico una cosa, mi tengo quello che l’ho pagata, cioè 120 sterline”

La storia di Greeny si lega indissolubilmente a quella di Gary Moore, accompagnandolo in tutte le tappe più importanti della sua incredibile carriera. Nel 2006 però le loro strade si dividono forzatamente, ma la luce di Greeny non può spegnersi in un’anonima teca di un ricco collezionista. Dal 2014 continua a risplendere nelle mani di un’altra leggenda, il chitarrista dei Metallica, Kirk Hammett, che l’ha ampiamente suonata sia in studio che dal vivo. Nel 2020 si è esibito con lei in un concerto tributo a Peter Green organizzato da Mick Fleetwood al London Palladium. 

Gibson Kirk Hammett

Gibson Kirk Hammett “Greeny” LP Std.

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Matteo Bidoglia