Il 14 aprile del 1945 nasceva a Weston-super-Mare (Regno Unito) Richard Hugh Blackmore, conosciuto più semplicemente come Ritchie, chitarrista e songwriter. Blackmore è uno degli interpreti più iconici e importanti per lo sviluppo della chitarra nell’hard rock e nell’heavy metal, soprattutto grazie ai suoi dischi con i Deep Purple. Non si possono però dimenticare anche gli album realizzati con i Rainbow, band da lui fondata, e il progetto folk rock Blackmore’s Night, in cui Ritchie suona con la moglie Candice Night. Solo questi tre gruppi bastano a dare un’idea del profilo musicale di Blackmore: un chitarrista profondamente innovativo e tecnico, capace di realizzare riff e assoli rimasti scolpiti nella storia del rock e nelle orecchie di milioni di ascoltatori, con influenze che spaziano dalla musica classica, al blues, alla musica medievale e rinascimentale. 

© Pictorial Press Ltd / Alamy Stock Photo

A testimonianza di quanto appena detto, vi citiamo solo un piccolo esempio. Se il riff di un brano come Smoke On The Water lo sanno anche i sassi (ma con il nostro aiuto, potete imparare anche l’iconico assolo, cliccando qui), tanto da essere un brano la cui esecuzione è pressoché vietata in qualsiasi negozio di chitarre del mondo, forse non tutti sanno che l’ispirazione per questo brano arriva da Beethoven, e in particolare dalla Sinfonia n. 5 in do minore Op. 67 (la Quinta). Ce lo spiega proprio Blackmore in questo video, sottolineando anche come abbia un corposo debito nei confronti di Ludwig van per il regalo.

Il playing e l’approccio allo strumento di Blackmore sono stati fondamentali poi nell’influenzare intere generazioni di chitarristi, con molti che hanno citato il suo nome tra i loro riferimenti. Solo per citarne alcuni, Scott Henderson, Brian May, Randy Rhoads, Billy Corgan, Yngwie Malmsteen e Paul Gilbert sono stati adepti del suo sound.

Nel giorno in cui Ritchie compie i suoi primi settantanove anni, abbiamo deciso di omaggiarlo suonando il suo assolo di When a Blind Man Cries. Guardate il video tributo realizzato dal nostro Paul Audia di Guitar Tutorials.

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Dai Deep Purple ai Rainbow, sulle ali dell’hard rock

Come tanti giovani inglesi della sua generazione (si veda ad esempio la giovinezza di un musicista come John Lennon), anche Blackmore iniziò a suonare la chitarra influenzato dai generi skiffle e rock and roll. Uno dei suoi primi insegnanti fu Big Jim Sullivan, chitarrista molto noto all’epoca nel giro degli studi britannici. Per tutti gli anni Sessanta, Ritchie matura una grande esperienza in diverse band e in studio (proprio come fece il giovane Jimmy Page). Ha, così, la possibilità anche di aprire concerti per due vere e proprie leggende: Jerry Lee Lewis e Gene Vincent.

Nel 1968, seppur giovanissimo, Ritchie ha quindi già la maturità necessaria per fondare, assieme al tastierista Jon Lord, una band che diventerà un sinonimo dell’hard rock inglese: i Deep Purple. I primi Deep Purple, con anche Rod Evans alla voce, Ian Paice alla batteria e Nick Simper al basso, sono una band progressive e psichedelica. Per darvi un saggio del loro primo disco del 1968, Shades of Deep Purple, vi suggeriamo l’ascolto di questa cover di Help! dei Beatles: di certo non i Deep Purple che ricordiamo.

La line-up entrata nella storia del rock è infatti la seconda, quella che vede alla voce Ian Gillan e al basso Roger Glover. Sono questi i Deep Purple rimasti (letteralmente) scolpiti nella storia, a partire da un disco come In Rock del 1970 e passando per Fireball, Machine Head e Who Do We Think We Are, pubblicati nei tre anni successivi. Oltre all’attività in studio poi, non si può dimenticare la straordinaria potenza dal vivo di questa formazione, catturata da Made in Japan del 1972. In questa versione di Black Night (con audio della performance di Tokyo e video di quella di Copenhagen, dello stesso anno) tutta la potenza dei cinque musicisti è ben percepibile: l’essenza dell’hard rock anni Settanta si ritrova in questi momenti.

L’esperienza di Blackmore con i Deep Purple, nuovamente rinnovati con David Coverdale alla voce e Glenn Hughes al basso, si conclude nel 1975. Ritchie fondò quindi i Rainbow e incise il primo disco, Ritchie Blackmore’s Rainbow, con Ronnie James Dio alla voce e gli altri membri della band Elf. Man On The Silver Mountain è un buon esempio del sound di questa band, epico e con testi immaginifici di ispirazione fantasy, un elemento comune anche ad altri gruppi inglesi di quel periodo. Ovviamente la chitarra di Ritchie è uno degli elementi chiave del gruppo, che nel 1978 pubblicò l’ultimo disco con Dio alla voce: Long Live Rock N Roll.

Ritchie Blackmore dal vivo con i Rainbow, © Joan Sorolla, CC BY 2.0 DEED

Nel 1984, però, la seconda formazione dei Deep Purple si ritrovò in studio per incidere Perfect Strangers. Ovviamente Blackmore non mancò l’appuntamento e, a giudicare da questo video, era ancora il guitar hero di qualche anno prima, con un po’ di esperienza in più.

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Ritchie continuò a suonare con la sua storica band fino al 1993, per poi arrivare a fondare, nel 1997, il duo Blackmore’s Night con la futura moglie Candice Night. Questo progetto folk rock vede Ritchie suonare prevalentemente strumenti acustici, per una musica fortemente ispirata a quella rinascimentale. Trovate altri dettagli sulla vita di Ritchie a questo link. Noi invece torniamo nel 1972.

Machine Head: un classico assoluto della storia del rock

Poco più di 37 minuti e soli sette brani furono sufficienti ai Deep Purple per consegnare alla storia la loro leggenda. La scarna tracklist di Machine Head parla però da sola: basta scorrerla per iniziare a rockeggiare sulle note di Highway Star, per continuare poi con Smoke On The Water e concludere con Space Truckin’. L’album è una sorta di “testo sacro” del genere, ed è infatti continuamente omaggiato e ricordato da tanti altri artisti. Recentemente è stato celebrato in un breve documentario in cui appaiono Zakk Wylde, Santana, Joe Satriani, Steve Lukather, gli Iron Maiden e i Metallica. Un lavoro che ha influenzato un’intera generazione di musicisti.

In un’intervista per Guitar Player del 1978 Blackmore commentava così questo disco:

“L’assolo di Highway Star è frutto di un lavoro di ricerca; si tratta di arpeggi basati su Bach. Su Machine Head nel complesso, in effetti, c’era del buon materiale. L’assolo di chitarra su Pictures Of Home era buono. Ma quando lo sento rispetto a quello che faccio ora, per me c’è una grande differenza. Ora è molto meglio; non avevo il controllo che ho ora. Penso che l’assolo su Gates Of Babylon [Long Live Rock ‘N Roll] sia il migliore che abbia mai fatto. È il migliore perché è l’assolo più intricato, ma allo stesso tempo non è clinico. Sono molto soddisfatto di questo assolo.

A quanto pare Ritchie era soddisfatto, ma non fino in fondo. Ancora una volta colpisce la presenza di un riferimento classico nella composizione, così come le trame articolate presenti in molti brani del disco. Basti pensare, ad esempio, a Lazy, il pezzo più lungo dell’album (e forse anche il mio preferito), che inizia con una lunga parte strumentale suonata da Jon Lord e a cui fa seguito un assolo del nostro Ritchie. Tutto il brano serve in realtà a mostrare le grandi doti dei musicisti.

Noi però oggi abbiamo scelto il brano più corto del disco. Anzi, un brano che nell’album originale non fu nemmeno incluso.

When a Blind Man Cries: il pianto di una chitarra elettrica

Pubblicato originariamente come B-side del singolo Never BeforeWhen a Blind Man Cries è un brano veramente particolare. Per sentirlo su Machine Head, in chiusura della scaletta, i fan dovettero attendere il venticinquesimo anniversario del disco. Questo probabilmente perché Blackmore non amava il brano, tanto che non lo suonò mai dal vivo con la band. Noi troviamo invece che sia un pezzo straordinario, trascinato dalla grande voce di Ian e dal playing di Ritchie, in questo caso misurato e lirico. L’assolo sembra semplice, ma sono proprio quei bending precisi e delicati ad alzare il livello di difficoltà. Vi invitiamo ad impararlo e a misurarvi con questo pezzo storico, che è poi stato reinterpretato anche da Jeff Healey e da Richie Sambora, con quest’ultima che è forse la miglior cover in circolazione del brano.

Che Blackmore sia un chitarrista immediatamente associato alla Fender Stratocaster è un dato di fatto. Il marchio americano ha prodotto anche un modello signature dedicato all’artista, in finitura Olympic White e che potete ancora acquistare. Fender ha realizzato inoltre un modello Custom Shop Tribute, che riproduce fedelmente la Strat nera che Ritchie utilizzò per registrare Smoke On The Water. Se sognate di acquistarla dovrete però cercare nel mercato dell’usato.

Fender Ritchie Blackmore Strat

Fender Ritchie Blackmore Strat

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Dal vivo con i Deep Purple Blackmore ha utilizzato però anche una classica Gibson ES-335, come ad esempio in questa versione di Child In Time.

Gibson ES-335 Dot 60s Cherry

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Anche per l’amplificazione esiste un modello signature di Ritchie, l’Engl E650 Ritchie Blackmore 100, ma ha utilizzato anche il classico Vox AC30 e Marshall:

Engl E650 Ritchie Blackmore 100

Engl E650 Ritchie Blackmore 100

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Vox AC30 C2

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Marshall 1959 HW

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Blackmore ha inoltre dichiarato di utilizzare corde del marchio Picato.

Picato RB77 Electric Guitar Strings

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Per quanto riguarda gli effetti, Ritchie utilizzava un preamp e booster AIWA TP1011, di cui GuitarSlinger ha realizzato una riproposizione con l’RB1011. Ma anche il classico Dallas Arbiter Fuzz Face, ora prodotto da Dunlop, l’Octave Divider e l’Uni-Vibe, prodotto da MXR. Per quest’ultimo effetto, potreste anche valutare l’acquisto del Formula B Vintage Vibe MK2, che abbiamo da poco recensito qui. Come molti altri chitarristi suoi contemporanei, Ritchie ha usato anche il Dallas Rangemaster treble booster, riproposto oggi da British Pedal Company.

GuitarSlinger RB1011 Booster

GuitarSlinger RB1011 Booster

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Dunlop JH F1

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Behringer Octave Divider

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MXR M68 Uni-Vibe Chorus/Vibrato

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British Pedal Company Vintage Series Rangemaster

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Se siete curiosi di saperne ancora di più su Ritchie, sui Deep Purple e sulle sue influenze, oltre a segnalarvi il nostro workshop dedicato a lui, vi rimandiamo ad un’altra sua intervista. Il chitarrista inglese non si è mai dato molto alla stampa, quindi ogni occasione è stata preziosa.

Ritchie Blackmore dal vivo nel 2017, © Steve Knight, CC BY 2.0 DEED

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Riccardo Yuri Carlucci
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