Recentemente è tornata alla ribalta la Fender Stratocaster di Rory Gallagher, battuta all’asta a Londra presso Bonhams Auctions per l’astronomica cifra di 889 mila sterline. “Ah se quei legni potessero parlare!”. Impossibile non fermarsi ad immaginare a quante note abbia suonato, a quante persone abbia fatto vibrare l’anima e a quanto fosse viscerale il rapporto con il suo celebre e compianto proprietario. Avendo la fortuna di averne una copia del Custom Shop di Fender per le mani, io e Paul Audia abbiamo pensato di realizzare un contenuto dedicato a questo strumento e alla moda travolgente del relic, che da ormai qualche decennio è assurta a vera e propria mania fra i chitarristi di tutto il mondo.
La finitura “relic” nelle chitarre elettriche rappresenta un must in particolare tra i musicisti appassionati di strumenti vintage e di quello stile “vissuto” che un tempo era riservato solo agli strumenti originali degli anni ‘50 e ‘60. Il concetto di relic non riguarda solo l’aspetto esteriore di una chitarra, ma incarna l’essenza del “mojo” di uno strumento, ossia quel fascino e quella personalità che sembrano derivare da decenni di utilizzo, dai segni lasciati dal tempo e dall’usura.
È un argomento spesso divisivo, seme della discordia fra chi lo ama e chi lo considera un feticcio senza senso. Ma vediamo come siamo arrivati a tutto questo…
Le origini del concetto relic
La finitura relic, o più precisamente “relicing”, si riferisce alla pratica di invecchiare artificialmente una chitarra per farla sembrare usata da anni. Inizialmente, questo era un processo che avveniva naturalmente, quando i musicisti suonavano e trasportavano le loro chitarre per decenni, esponendole all’usura del palco, dei tour e delle sessioni in studio. Tuttavia, negli anni ’80 e ’90, con la crescente domanda di strumenti vintage, i costruttori di chitarre hanno cominciato a esplorare la possibilità di riprodurre artificialmente quell’aspetto vintage. Il “vissuto” artificiale stava prendendo piede anche in altri ambiti, si pensi ad esempio alla moda dei jeans strappati e rovinati o delle giacche in pelle consunte e usurate.
Il concetto di relic iniziò a prendere forma più concretamente negli anni ’90, grazie al lavoro pionieristico di due uomini chiave: JW Black e Vince Cunetto. Il primo era un liutaio navigato che iniziò a sperimentare con strumenti che dovevano sembrare molto usati, invecchiandoli manualmente per simulare il naturale degrado delle finiture, delle parti metalliche e del legno. Nel frattempo il secondo, un pubblicitario con la passione per i lavori manuali e per gli strumenti vintage, iniziò a realizzare chitarre che riproducessero fedelmente il look e la sensazione degli strumenti d’epoca.
JW Black
JW Black iniziò a lavorare come liutaio e Master Builder al Fender Custom Shop nel 1989 e fu tra i primi a sperimentare la tecnica di invecchiamento artificiale degli strumenti. Prima di entrare a far parte del Custom Shop, maturò una notevole esperienza nel restauro di strumenti vintage, il che gli permise di comprendere in profondità come il tempo e l’uso influenzassero fisicamente le chitarre. Black ha perfezionato la sua tecnica di invecchiamento delle chitarre, replicando con precisione le piccole crepe nella vernice (craquelure), i segni d’usura nelle posizioni più frequentemente utilizzate dai chitarristi e il naturale ingiallimento delle finiture a nitrocellulosa.
Vince Cunetto
Vince Cunetto era un grande appassionato di chitarre vintage e studiava esemplari storici per carpirne le caratteristiche estetiche e costruttive. Sviluppò un processo specifico per l’invecchiamento artificiale delle chitarre che includeva l’applicazione di tecniche particolari sulle finiture a nitrocellulosa e il trattamento delle parti metalliche per farle sembrare ossidate e consumate.
“Ho iniziato a commerciare, comprare e vendere chitarre d’epoca nel 1984 o nell’85, all’epoca vivevo a Kansas City, nel Missouri”, racconta Cunetto, ”Conobbi Jim Colclasure (commerciante di chitarre d’epoca ed ex socio di JW Black) e diventammo subito amici. Mi venne il pallino di avere una Telecaster d’epoca tutta mia, ma non potevo permettermi nessuna delle chitarre che trattavo, così a metà degli anni ’80 iniziai a smanettare per cercare di invecchiare le chitarre, facendo un sacco di ricerche sulle Telecaster e studiandone le cianografie”.
Vince riuscì a riprodurre modelli Telecaster, decal con logo Fender sulla paletta compresi, assolutamente indistinguibili dalle originali.
La voce arrivò a John Page, capo del Custom Shop di Fender, che contattò Cunetto e anziché denunciarlo, gli offrì un lavoro in azienda. Nel 1995 realizzò i due prototipi di Stratocaster e Telecaster da presentare al Namm Show di quell’anno. Da lì in poi supervisionò la produzione della linea Relic di Fender in Missouri fino al 1999, quando l’azienda trasferì il tutto in California. Le chitarre della “Cunetto Era” sono oggi oggetti molto ricercati dai collezionisti per l’accuratezza e la qualità della loro lavorazione.
Fender 50s Tele Custom C3CS Relic
Fender 70th Anni 1954 Strat JM SB
Charvel LTD SC 1 Henrik Danhage Relic
L’evoluzione del Relic: da moda a fenomeno mainstream
Negli anni successivi all’introduzione delle prime Fender Custom Shop Relic, la domanda di chitarre con finiture invecchiate artificialmente esplose. Musicisti di ogni genere, dal rock al blues, desideravano strumenti che trasmettessero una sensazione di autenticità e storia. Questo portò non solo Fender, ma anche altri produttori di chitarre e molti liutai indipendenti, a seguire questa tendenza. In Gibson il guru del fenomeno aging è sicuramente Tom Murphy; iniziò riparando strumenti e si specializzò nel mascherare gli interventi in modo tale che non balzassero all’occhio nelle chitarre usate e vissute. Da quella pratica gli venne l’idea di invecchiare artificialmente chitarre nuove e in breve tempo divenne il punto di riferimento per questo tipo di lavorazioni. È oggi responsabile e fautore del progetto Gibson Murphy Lab che sforna strumenti di qualità eccelsa con un look vintage da urlo!
Gibson 57 LP Junior SC TV Yellow HA
Gibson Les Paul 54 Goldtop Heavy Aged
La filosofia del Relic
Per molti musicisti, una chitarra relic rappresenta qualcosa di più di un semplice strumento “vissuto”. Si tratta di un oggetto che racconta una storia. I segni dell’usura artificiale sono posizionati strategicamente per imitare l’uso reale: graffi sulla parte posteriore, ammaccature lungo i bordi del body, decolorazione sul manico dovuta al sudore e all’attrito, e l’ossidazione delle parti metalliche che conferisce un aspetto consumato e vintage.
Il relicing può essere suddiviso in diverse categorie, a seconda del livello di invecchiamento artificiale applicato:
- NOS: conosciuta anche come New Old Stock, è una finitura che definisce una chitarra nuova di zecca ma acquistata negli anni ‘50 o ‘60. Lo strumento, quindi, non presenta segni del tempo.
- Journeyman Relic: indica una chitarra elettrica che è stata vissuta, suonata e amata. Ciascuno dei segni aggiunge carattere allo strumento e, paradossalmente, ne aumenta il valore.
- Relic: le chitarre relic sono quegli strumenti che hanno vissuto in tour per molti anni. Questa tipologia è caratterizzata da una finitura ammaccata, graffi su tutto il corpo e un manico usurato. La sensazione è quella di aver suonato questo strumento per tanto tempo.
- Heavy Relic: si tratta del livello più estremo proposto da Fender; un’usura massiccia che simula decenni di utilizzo, con la vernice che si è staccata in varie zone, molte ammaccature e un notevole deterioramento delle parti metalliche.
Nonostante l’aspetto artificiale dell’invecchiamento, una chitarra relic non lo è solo per l’estetica. Molti chitarristi affermano che le finiture relic siano più piacevoli al tatto, specialmente per quanto riguarda i manici, che spesso vengono levigati per imitare il feeling naturale di un manico usurato. Questo contribuisce a creare una connessione più intima tra il musicista e lo strumento.
Rory Gallagher e la sua Stratocaster: il Relic per eccellenza
Uno degli esempi più fulgidi e influenti di una chitarra relic è la Fender Stratocaster di Rory Gallagher. Questa chitarra, che Gallagher suonò per la maggior parte della sua carriera, è diventata un vero simbolo del relic naturale. Conosciuta per la sua vernice quasi completamente consumata, il legno esposto e le parti metalliche ossidate, la Stratocaster di Gallagher incarna perfettamente ciò che molti cercano in una chitarra relic moderna.
La chitarra di Gallagher è spesso considerata l’epitome dell’estetica relic non artificiale, ma ha anche ispirato molte riproduzioni relic create in seguito. Ciò che rende speciale la chitarra di Rory non è solo l’aspetto esteriore, ma anche il fatto che rappresenta un’estensione dell’anima del chitarrista. Per Gallagher, la sua Stratocaster era come un’appendice del suo corpo e della sua espressività musicale. Ogni graffio, ogni parte consumata raccontava la storia di una vita trascorsa a suonare il blues e il rock in maniera viscerale e autentica.
L’impatto del Relic sulla cultura della chitarra
Il fenomeno relic ha cambiato il modo in cui molti chitarristi vedono e scelgono i loro strumenti. Negli anni ’70 e ‘80, l’idea dominante era che una chitarra dovesse essere nuova, lucida e perfetta. Tuttavia, a partire dagli anni ’90, l’estetica “vissuta” ha cominciato a guadagnare popolarità, soprattutto tra i musicisti che volevano uno strumento con carattere, ma non avevano accesso a costose chitarre vintage.
Il Fender Custom Shop ha aperto la strada con la sua linea Relic, ma oggi sono molti i costruttori che offrono questa tipologia di strumenti. Marchi come Suhr, Nash Guitars, Xotic e molti liutai indipendenti, tra cui il nostrano Mattia Franchin, hanno cominciato a creare chitarre che sembrano provenire direttamente dal glorioso passato, anche se sono state costruite pochi mesi prima.
Per alcuni, possedere una chitarra relic significa connettersi con una tradizione musicale che risale a icone come Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan e, naturalmente, Rory Gallagher. Per altri, si tratta di una questione puramente estetica che impreziosisce il look durante le esibizioni dal vivo donando un aspetto decisamente cool!
Conclusioni
Il mondo relic è spesso un argomento oggetto di discussione tra i chitarristi. C’è chi lo odia, c’è chi lo ama. Per alcuni, invece, è discorso completamente neutrale. Considerarla una moda potrebbe suonare come un qualcosa di effimero e vacuo, mentre dobbiamo considerare che per la maggior parte dei casi si tratta di strumenti realizzati con legni ricercati, hardware ed elettronica di qualità top e sottoposti ad una manodopera qualificata e specializzata.
Personalmente sono un appassionato di questa pratica perché amo le storie e spesso non è importante che ciò che viene raccontato sia reale o frutto dell’immaginazione. E voi?
A presto su Planet Guitar!
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