I veri amici non si perdono mai. Tra Eric Gales e Joe Bonamassa vi è sempre stato un processo osmotico di reciproca crescita. Dagli esordi colmi di speranza dei primi anni Novanta, periodo vissuto a stretto contatto, condividendo anche il palcoscenico con le rispettive band, alla maturità delle ultime collaborazioni. Riallacciandosi con Gales, il chitarrista newyorkese aggiunge un altro tassello qualitativo alla sua ormai frenetica e camaleontica carriera, che da anni lo vede inesausto protagonista di svariati progetti cercando modalità di espressione, che pur in un ambito a lui congeniale, sono ogni volta diverse.

Ed il buon Eric ne è terribilmente compiaciuto, felice di duellare a colpi di Magneto con il compagno di tante avventure, fresco dell’incoronazione a genio ritrovato della sei corde dopo un brutto periodo in bilico tra pazzia e sobrietà, vita e morte. Per la serie “Crossroads” andiamo a ripercorrere i loro incroci, soffermandoci, infine, sulla carriera di Gales, una storia di redenzione da raccontare.

© UPI / MusicLive / Alamy Foto Stock

Eric Gales e Joe Bonamassa, amici senza confini

Trent’anni di “fratellanza”

Rileggere il proprio passato per comprendere il presente e guardare al futuro, cogliere il contrasto tra essere ventenni pieni di arroganza e speranze e uomini maturi, consapevoli e affermati. Capire se il fuoco brucia ancora come prima, se è la passione, e non il denaro, a spingere verso un nuovo disco, e, infine, rendere omaggio alle fonti di ispirazione per dimostrare che un grande amore dura nel tempo e non si svende per nulla al mondo. Tutto ciò accomuna due giganti della chitarra, Eric Gales e Joe Bonamassa, quelli della nuova generazione dopo Page, Beck e Clapton. Due ragazzi dal talento mostruoso, due bambini prodigio che presto hanno dovuto fare i conti con la bellezza e l’asperità del diventare famosi, spesso trovandosi soli e fragili di fronte alle vicissitudini della vita.

Eric e Joe, proprio per superare le difficoltà di essere così diversi dalle persone comuni, con quelle doti smisurate, si sono subito sentiti anime gemelle e hanno condiviso sogni e timori sin dai primi anni Novanta. L’uno con la Eric Gales Band, l’altro con il “supergruppo” dei Bloodline, si sono incrociati parecchie volte sui palcoscenici in cui con le rispettive formazioni erano la sintesi di tecnica, cuore e furore. E si sono re-incontrati in questi ultimi anni, per una serie svariata di progetti ed esibizioni live, dimostrando sempre quell’ardore e quella passione dentro, nel profondo del proprio io, come si nota in questa bellissima chiacchierata fra loro…

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Prologo

La prima pietra posta per costruire le basi di una nuova “relazione” tra questi incredibili virtuosi avviene nel 2017, durante lo show finale dell’ormai leggendaria crociera denominata Keeping the Blues Alive, evento unico per gli amanti della musica del diavolo. Tuttavia, la fiamma destinata a diventare eterna, a suggellare un lucente rapporto di profonda amicizia si concretizza nel 2019, sempre durante il KTBA, stavolta impegnato in una “mediterranean cruise”, quando il brano preferito di Eric composto da Joe, The Ballad of John Henry, vive un’epifania chitarristica con i due condottieri armati di sei corde, un’arma pacifica capace di inferire colpi emotivi letali al cuore. 

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Galeotta fu una Diet Coke, anzi due!

La nuova decade si apre con il delirio della pandemia, ma i due amici si tengono fervidamente in contatto. Il 2022 è un anno importante per Eric Gales: il “ragazzaccio” di Memphis dà alle stampe Crown, un nuovo tassello al percorso di rinascita individuale, ove nelle sue canzoni si palesa una sincera condivisione della sua battaglia contro l’abuso di sostanze, uno scontro che lo vede felicemente sobrio ormai da tempo.

La storia personale di questo artista parla di una combinazione di talento, aspettative e inciampi tali da far camminare la propria carriera, nata praticamente in parallelo a quella di Bonamassa, su un tracciato decisamente meno canonico. Ed esattamente il caro Joe è il quid aggiuntivo che caratterizza l’album, a partire da quel fulmine a ciel sereno del singolo I Want My Crown, sorta di duello chitarristico all’ultimo respiro tra i due amici, battaglieri mai domi, tuttavia sempre  rispettosi l’uno dell’altro.

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È molto divertente l’aneddoto di come sia avvenuto il coinvolgimento di Bonamassa nell’album, di cui oltre che ospite è produttore insieme a Josh Smith, altro personaggio fondamentale per il nuovo incrocio tra i due formidabili chitarristi. Dopo lunghi baci e abbracci, come capita quando due vecchi amici si ritrovano, i due titani della chitarra giungono al sodo con un discorso di questo tipo.

“Quanto mi costerebbe farti produrre il mio disco?”, attacca Eric.

“Chiariamolo subito, non sono economico”, gli risponde Joe.

“Ok, dimmi il prezzo!”. 

“Mi bastano due Diet Coke”. 

Il dialogo surreale praticamente finisce qui, con Gales che torna nella sua suite, racconta tutto a sua moglie e, gongolando, prende le bevande e gliele porta. “Affare fatto!”, urlano ridendo all’unisono: una stretta di mano sancisce quello strano accordo e, come si suol dire, the rest is history!

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Gli altri incroci, con “duelli” chitarristici da lasciar sempre senza respiro

La registrazione di Crown è la classica ciliegina sulla torta della pregiata partnership Gales/Bonamassa. E per capire come i vasi della loro creatività musicale siano più che comunicanti basta godersi le numerose jam, le comparsate live dei due da quel momento. 

Sono passati ormai tre anni da quell’improvvisata nel mentre del KTBA di cui abbiamo parlato: si è trattato di un vero tsunami sonoro, come se un’onda anomala arrivasse repentinamente e senza avvisaglie in un soleggiato pomeriggio sulla spiaggia. E nel Febbraio 2022 la magia si rinnova sempre durante quella kermesse, con versioni incendiarie di The Ballad of John Henry e I Want My Crown.

Il 2023 li vede freschi partecipi al Byron Bay Bluesfest e al Crossroads Guitar Festival, insieme alla nuova generazione di eroi della chitarra, gli eccezionali Marcus King e Christone “Kingfish” Ingram, quasi a voler passare il testimone. Infine, a giugno di quest’anno, uno show in Brasile è occasione per Eric e Joe di jammare felici sulle note di Breaking Up Somebody’s Home

Un brano davvero senza tempo, colonna sonora di un altro meraviglioso incrocio raccontato nella scorsa puntata, quello tra Bonamassa e Warren Haynes. Quanti fantastici intrecci ci regala la musica! 

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Eric Gales e Joe Bonamassa, le influenze comuni

I padri storici del blues elettrico, da Muddy Waters e John Lee Hooker ad Albert King, il”new deal” britannico con Jimmy Page, Jeff Beck, Eric Clapton e Robin Trower, con l’aggiunta del chitarrista più rivoluzionario in assoluto, Jimi Hendrix: questi sono i Re che hanno estasiato i quasi coetanei Gales e Bonamassa da bambini, insieme a Stevie Ray Vaughan ed Eric Johnson

Un altro personaggio imprescindibile è inoltre Jeff Healey, di cui entrambi hanno ammirato non solo l’incredibile playing, ma pure la forza di superare tutti gli ostacoli seminati dal destino. E a proposito di esistenze difficili, di terribili prove da affrontare, è giunto il momento di analizzare la vita di Eric Gales, per il quale la parola riscatto fa rima con musica.

Eric Gales con la sua Magneto on stage  – © Kazimierz Jurewicz / Alamy Foto Stock

La storia di Eric Gales

Gli esordi e il primo album solista

Eric Gales nasce il 29 ottobre 1974 a Memphis, nel Tennessee. 

Come l’anima gemella Joe Bonamassa, inizia a strimpellare una sei corde prestissimo, prima ancora di spegnere quattro candeline sulla torta. Hendrix e i tre King sono il suo riferimento quando a undici anni comincia a suonare durante i blues contest insieme al fratello Eugene

Vero enfant prodige, dotato di un talento senza fondo e una determinazione feroce, nel 1991 pubblica il suo debutto, The Eric Gales Band. La sua carriera tocca il primo apice quando si esibisce insieme a Carlos Santana durante Woodstock 1994 e si riunisce con i fratelli Eugene e Manuel per dar vita al bellissimo The Gales Brothers: Left Hand Brand (1996), già dal titolo tutto un programma.

Un altro momento epocale avviene all’inizio del nuovo secolo, con il primo disco solista, That’s What I Am, un lavoro molto personale, fin dalla title song.

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Morte e rinascita (artistica)

Dopo una bellissima comparsata in May Be This Love nell’album Power of Soul: A Tribute to Jimi Hendrix, uscito nel 2004, Gales realizza due lavori da ricordare, The Psychedelic Underground (2007), e The Story of My Life (2008), interessanti contaminazioni tra blues, funk, hard rock e heavy metal, prima di crollare fisicamente e psicologicamente, traviato e ormai completamente debilitato da alcool e droga.

Il punto più basso lo tocca nel 2009, quando finisce in carcere al Shelby County Correctional Center di Memphis per possesso di stupefacenti e di un’arma.

Scorrono periodi difficili, ove Eric conosce il pane duro della vita,

i patimenti di un’esistenza grama, ma in alto nel cielo c’è sempre una stella che lo illumina nei momenti di grande vulnerabilità. È la luce della musica, i suoi raggi lo aiutano nel percorso di recupero. La moglie LaDonna (bravissima musicista e preziosa consigliera, l’averla incontrata e sposata è un altro miracolo che si avvera!) gli sta sempre vicino, lo affianca e aiuta nei progetti artistici. Così, dopo il disco in trio con Doug Pinnick & Thomas Pridgen e il successivo Good for Sumthin’ (2014), Gales raggiunge un’altra vetta della sua altalenante attività con The Bookends(2019), nel quale spiccano due superbe collaborazioni con Beth Hart e Doyle Bramhall II.

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La nuova vita di Eric

Arriviamo così ai giorni nostri con The Crown, parte integrante della nostra storia intrecciata con Bonamassa, e con una ritrovata ispirazione artistica che tocca momenti memorabili nelle esibizioni dal vivo. Un uomo ritrovato il nostro Raw Dawg, nickname con il quale adora farsi chiamare. Uno dei più grandi chitarristi in circolazione, capace di far ruggire il suo strumento come pochi.

Il playing di Gales è difatti una delle cose più intricate da spiegare. Suona in modo mancino una chitarra per destrimani capovolta (con la corda più grave verso il basso), tuttavia non è istintivamente mancino, ha imparato ad esserlo dal fratello.

Quello che più conta, comunque, è vedere un grintoso cinquantenne liberato dalla zavorra dei cattivi pensieri, ora più che mai con dentro una fottuta voglia di spaccare il mondo, lui e la sua adorata sei corde, salvezza della sua vita. 

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Le chitarre e gli amici chitarristi (e non solo) di Eric

Normalmente Eric Gales utilizza gli stessi strumenti sia in studio che sul palco. Le sue chitarre principali sono una St. Blues Blindsider, una Fender Stratocaster del ’62 e l’adorata Magneto Sonnet Raw Dawg, che gli offre un suono leggermente più morbido.

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Fender AV II 61 STRAT RW OWT

Fender AV II 61 STRAT RW OWT

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Ormai da decenni, infatti, Gales collabora con Magneto Guitars per la realizzazione delle sue chitarre signature e va in tour con almeno un paio di esse. 

Artista poliedrico amante della sperimentazione, Eric ha anche contribuito alla realizzazione di diversi dischi dei gruppi rap di Memphis Prophet Posse e Three 6 Mafia, utilizzando i moniker di Lil’ E e Mack E. Tuttavia è nel mondo della chitarra rock blues che ha spopolato, incontrando il fior fiore dei Giganti della sei corde. Oltre ai virtuosi già citati nell’articolo e dimenticandone sicuramente qualcuno, è comunque doveroso rimembrare le partnership con Samantha Fish, Buddy Guy, Joe Satriani, Steve Morse, John McLaughlin, Billy Gibbons, Steve Lukather, Keb’ Mo’ e Slash. Niente male per un ragazzino che sognava di diventare il nuovo Jimi Hendrix e gode della stima di Dave Navarro, Mark Tremonti e Zakk Wylde.

Vi è inoltre un altro grande chitarrista che ha condiviso il percorso di crescita con il nostro Gales, un altro enfant prodige ora alla guida del più incredibile live act presente su questa Terra. Stiamo parlando di Derek Trucks. E così, “Crossroads”, la serie unica e speciale di Planet Guitar è pronta per ripartire con una nuova e sorprendente puntata!

Stay tuned

To be continued…

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Alessandro Vailati