Tradizione e innovazione sono i punti focali della musica di Edoardo Bennato. I concetti di trasformazione nella continuità, di ieraticità nel cambiamento ben incarnano il lato artistico del cantautore di Bagnoli, in perenne mutamento e allo stesso modo ancorato a certi capisaldi. Una sorta di moderna napoletanità mescolata al blues, che nel tempo ha favorito anche un incontro speciale, con un chitarrista dotato di una miscela esplosiva di tecnica e ardore: Gennaro Porcelli. Per la serie “Crossroads” andiamo a scoprire come è nato questo bellissimo incrocio, che ha condotto a una costante e fruttuosa collaborazione tra il leggendario songwriter partenopeo e il guitar hero definito da pubblico e critica “il gioiello del blues italiano”. 

© Live Media Publishing Group / Alamy Stock Photo

Due appassionati di blues e chitarre incrociano le loro strade

Edo, Gennaro e i Blue Stuff

“ A quattro anni la musica era già la mia passione. In casa giocavo spesso con la chitarra di un mio zio. Iniziai in seguito ad ascoltare tanti dischi bellissimi, in particolare quelli di Edoardo Bennato che per me è il numero uno. Compivo dieci anni e avevo già il mio primo album blues, Mr. Lucky di John Lee Hooker. E da lì in poi mi sono completamente innamorato di questo genere”.

Non può che essere un segno del destino. Il primo incrocio tra Edoardo Bennato e Gennaro Porcelli avviene molto tempo fa, proprio grazie alla musica del diavolo e a quei Blue Stuff tanto frequentati dal cantautore partenopeo. Un gruppo storico, che nelle successive formazioni incorpora anche il giovane chitarrista, legato al leader  Mario Insenga da una profonda e inestinguibile amicizia.

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Sembra incredibile vederli giulivi fianco a fianco, cantare e improvvisare al ritmo di EAA, un pezzo incluso in quel piccolo capolavoro che si intitola La torre di Babele, ove è contenuto anche il primo esperimento di blues in napoletano, Ma chi è?

Sempre ne La torre di Babele figura la famosa Signor Censore, canzone simbolo del precedente incrocio tra Bennato e Jeff Healey. Un brano che occupa un posto particolare nel cuore di Gennaro, cresciuto con l’anima blues e conquistato fin da piccolo dalla musica dell’autore di Sono solo canzonette.

Edoardo Bennato e Gennaro Porcelli on stage. Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione

La storia del primo incontro

“Io militavo già da tempo nei Blue Stuff di Mario Insenga. Edoardo ogni tanto andava ad ascoltarli, e credo sia rimasto colpito dal mio modo di suonare. Così mi ha chiesto di andare a registrare un pezzo con lui. Ricordo tutto come fosse ieri: lui è lì e all’improvviso punta verso di me proponendo un incontro per il successivo pomeriggio. Mi vengono ancora i brividi”.

Immaginate per un momento di essere chitarristi “in erba”, poco più che ventenni, pieni di vita e sogni, e vedere il vostro idolo musicale aggirarsi nel backstage, puntare verso di voi e chiedervi: “Ehi cosa fai domani pomeriggio verso le quattro e mezza? Sei libero?”.

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L’inizio di un percorso condiviso

Ebbene, come si suol dire, the rest is history! Dal 2005 nasce un sodalizio che arriva fino ai giorni nostri, agli ultimi torrenziali concerti di un tour sempre più sorprendente. Un rocker senza tempo e la sua Be Band infiammano ogni show grazie a una forma smagliante, con la voglia sempre di sorprendere. Basti pensare, solo per fare un esempio, alla recente data di Genova, una calda notte di fine luglio, ove, vista la location, Edo aggiunge all’ultimo momento un quartetto d’archi e Gennaro e Giuseppe Scarpato sciorinano assoli come se non ci fosse un domani in A Napoli 55 è ‘a musica.

Ma torniamo all’importanza di questa partnership: non solo reciproca stima, ma anche un’intensa, profonda amicizia, con scambi musicali e culturali. Così uno shuffle come Vendo Bagnoli, con i virtuosismi di Porcelli si tinge di rock blues ai confini dell’hard…

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I momenti più belli e curiosi del sodalizio

“Non ci sono parole per descrivere l’emozionante atmosfera che si respira quando attacco le prime note de L’Isola che non c’è. Io e Edoardo soli, pronti a rivivere le dolci sensazioni di un brano immortale, ininterrotto sogno di libertà e desiderio di lasciarsi trasportare da una favola…mi commuovo sempre”.

Non solo attimi di fervido furore e schitarrate potenti ed energiche, dunque, ma anche suggestioni magiche come quella meraviglia di canzone intitolata L’isola che non c’è. Ogniqualvolta Gennaro parla di Edoardo gli si illuminano gli occhi. E sono innumerevoli i momenti condivisi sul palco e in sala d’incisione durante questi vent’anni, conditi da tanto, tanto blues.

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Vent’anni volati in un minuto, tra parecchie incisioni live e in studio, un lungo viaggio tra demonio e santità, con scampoli di intensità e profondità, ma pure un pizzico di ironia e goliardia. Due decadi memorabili, da Canzoni Tour 2007 alla straordinaria Live Anthology (2018), senza dimenticare Le vie del rock sono infinite, il curioso MTV Classic Storytellers, il bellissimo remake di Burattino senza fili del 2017 e gli ispirati brani inediti presenti nell’originale raccolta intitolata Non c’è.

La cosiddetta ciliegina sulla torta della partnership tra Gennaro ed Edo è sicuramente la comparsata di quest’ultimo in Me, You and the Blues, gioiellino dedicato alla musica del diavolo dato alle stampe nel 2023. Corsi e ricorsi storici: dal timbro di Muddy Waters impresso in Lieve ‘e mano alloca! (Nun tuccà Coroglio) di Joe Sarnataro e i Blue Stuff, alla cover completamente riarrangiata da Porcelli di Why Are People Like That. Qui l’armonica di Bennato colora di nuvole e fango un cielo già reso tempestoso dalle sei corde di Porcelli e Vince Pastano.

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Da John Hammond a John Mayall e John Lee Hooker: quanti artisti (e quanti John!) in comune tra Edo e Gennaro!

Muddy Waters rappresenta solo la punta dell’iceberg dei musicisti che hanno influenzato i due artisti napoletani.

Ritorniamo per un attimo al racconto del primo disco comprato da Gennaro, Mr. Lucky di John Lee Hooker. Un album incredibile, che presenta in un sol colpo la crema dei chitarristi blues. Oltre a Hooker, sono della partita Robert Cray, Carlos Santana, Ry Cooder, Keith Richards, tutti vicini alla tanto amata musica in dodici battute. E, se non bastasse, partecipano anche gli adorati Albert Collins e Johnny Winter. Edo, nelle vesti di Sarnataro, ha calcato il palco con il primo a Montreux nel 1992, come riportato nella precedente puntata di “Crossroads”. Al contrario, Porcelli ha conosciuto direttamente il re della slide albino, suo indiscusso mentore. 

Ma non è finita qui! Larry Taylor, bassista dei venerati Canned Heat, Johnnie Johnson, pianista dell’altro eroe Chuck Berry e, udite udite, John Hammond, brillante armonicista e chitarrista, un altro indiscusso ispiratore del duo partenopeo, fanno parte degli special guests.

Quando un solo disco può fare la differenza, o almeno condensare alcuni giganti del genere!

Un giovanissimo Gennaro insieme al suo idolo John Hammond. Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione

Poi, tra le influenze comuni, bisogna sicuramente aggiungere B.B King, John Mayall, J.J. Cale e l’istituzione del rock Elvis Presley, una star che ha attinto a piene mani dal blues, basti pensare alla mitica registrazione, settant’anni orsono, del classico That’s All Right con Scotty Moore e Bill Black, sotto l’egida dell’indimenticabile Sam Phillips. Una canzone trasformata, plasmata con nuove sonorità rivoluzionarie, un gioiello prezioso da rigodersi in quest’epoca in cui emerge troppa paccottiglia.

E a proposito di gioielli, addentriamoci ora nella storia di Gennaro Porcelli, definito non a caso “il gioiello del blues italiano”.

Porcelli sul palco con la sua Gibson ES 335. Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione

Lo scenario di Napoli e gli esordi di Porcelli

Gennaro Porcelli nasce a Napoli il 10 giugno 1981. Nessuno dei suoi familiari è musicista, ma in casa si ascoltano tanti dischi. E dai nonni c’è una chitarra, attrazione fatale. Da autodidatta, con grande curiosità e voglia di imparare, il bambino strimpella lo strumento, felice come un gatto che gioca. 

Scorrono gli anni Ottanta e si arriva alla nuova decade. Bennato dopo Abbi Dubbi si trasforma in Joe Sarnataro, mentre Pino Daniele in Che Dio ti benedica grida al mondo “Sono un cantante di blues”. Poi c’è l’America, quella di “Mr Lucky” Hooker, di Elvin Bishop e Stevie Ray Vaughan, troppo velocemente volato nel paradiso dei chitarristi. 

Scorre il 1996 e il giovane partenopeo vive già le prime esperienze da professionista come leader di un trio. 

“Prima della serata caricavo e scaricavo gli strumenti e poi durante il concerto capitava spesso che fossi coinvolto nell’esibizione. Inizialmente con un brano, poi due, poi tre e così via”.

La sua palestra di vita è comunque Mario Insenga con i suoi Blue Stuff, nei quali si inserisce piano piano, per diventare loro chitarrista in pianta stabile fino al 2005, anno dello storica entrata nel gruppo di Edoardo.

Mente, Spirito, Anima e Cuore. Da quel momento Gennaro si dedica a quelli che sono ancora i suoi progetti attuali, sia con Bennato che con la sua band.

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Da Revisiting a Me, You and the Blues

La bellezza e l’emozione del primo disco. La disavventura negli States e la sorprendente seconda pubblicazione

“Gennaro Porcelli and The Highway 61 sono un trio blues, formato da me, voce e chitarra, Mino Berlano al basso e Mariano Barba alla batteria. Avevo quattordici anni quando ho conosciuto Mino Berlano e lui già era un grande bassista, suonava nei Blue Stuff. Mariano Barba vanta anche lui una grande esperienza alle spalle, ha lavorato con Pino Daniele ad esempio, ed è considerato uno dei più grandi batteristi italiani”.

La bellezza di Revisiting…..!, una rivisitazione, come dice il titolo, in chiave del tutto personale di classici blues, tra cui Dallas di Johnny Winter, è solo l’inizio, nel 2009, della sensazionale carriera discografica del chitarrista napoletano. L’anno successivo Gennaro si imbarca in un tour americano di gran successo, fermato solo dalla burocrazia statunitense che lo fa arrestare prima di un concerto per futili motivi. Un vero outlaw, come i grandi autori a stelle e strisce, da Waylon Jennings a Willie Nelson. A volte, però, le peggiori esperienze sono uno stimolo, permettono di trasformare qualcosa di tragico in bellezza. L’arte e la musica consentono di trascendere l’ingiustizia e il nuovo lavoro del 2013, il tostissimo Alien in transit, raggruma cattivi pensieri e tensioni in un angolo tirando fuori il meglio, aiutato da ospiti speciali del livello di Rudy Rotta e Ronnie Jones.

Porcelli con Mark Epstein, bassista di Winter e Bonamassa. Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione

Nasce così Immigration Man, suggestiva canzone di apertura del disco, scritta a quattro mani con Mark Epstein e “dedicata” al poliziotto che lo ha trattato al pari di un delinquente nel suo soggiorno negli USA. Un pezzo duro e potente, con assoli pronti a deflagrare in incendi sonori. Vi sono inoltre una manciata di classici riletti con il cuore e un’imperdibile rivisitazione live dell’amatissima Dallas insieme a Andy J. Forest.

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Si aggiungono infine con naturalezza brani autografi di pregevole fattura del calibro di I’m Here, La Giostra e lo strumentale Slim’s Walk (con la partecipazione di Ricky Portera), che spiccano in un album ancora tutto da assaporare, come l’intensa versione de L’erba cattiva di Enzo Gragnaniello cantata proprio dall’autore partenopeo.

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Il progetto Piombo a Blues e l’ultima fatica del chitarrista napoletano

Dopo l’accattivante singolo Side by Side (2016) scocca l’ora di un progetto affascinante. Piombo a Blues vede la luce in circostanze sfortunate, in piena pandemia, tuttavia è l’occasione per riunire sotto lo stesso tetto Porcelli con il maestro Insenga, dopo un lungo iato, e per inserire nella collaborazione due mostri sacri della musica campana, il bassista e produttore Gigi De Rienzo e il celebre sassofonista Daniele Sepe.

In tale progetto la chitarra non è l’unico strumento solista, i brani hanno un suono più globale, con il sassofono che chiede il suo spazio e i testi dissacranti sono finalizzati a raccontare storie di vita vissuta, incarnando anche in questo caso l’essenza del blues. In scaletta anche una rilettura di Don’t You Lie to Me, dal repertorio di Elvin Bishop, cavallo di battaglia delle performance live di Porcelli, e di You’ve Got to Love Her with a Feeling, omaggio a Freddie King, con un grandissimo Ernesto Vitolo all’organo Hammond.

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“Me, you and the blues

don’t want waste my time now

Me, you and the blues

don’t care about the world out

there”

E arriviamo così al già menzionato Me, You and the Blues. Corsi e ricorsi storici della musica. Basta dare una sbirciatina agli ospiti per vedere il cerchio che si chiude e capire quanto questo lavoro sia una pietra miliare della carriera di Gennaro. Oltre a Bennato e Pastano abbiamo ancora Insenga e Sepe, ai quali si aggiunge il leggendario chitarrista Guy Davis. La super band al fianco dell’estroso napoletano è la RR Band, quella ereditata dal mai troppo compianto amico Rudy Rotta. Sfilano così il geniale Pippo Guarnera (Hammond e piano), Renato Marcianò (basso), Pee Wee Durante (tastiere) ed Enrico Cecconi (batteria). I pezzi autografi evidenziano la maturità artistica raggiunta da Porcelli, con la tenerezza di Smiling Eyes, dedicata alla figlia, la purezza di Johnny e la sontuosa title track. 

Me, You and the Blues dimostra come anche un italiano possa sentire, provare e suonare il blues e si accosta, per cromosomi, alla classe di Rory Gallagher e Peter Green per poi riversarsi oltreoceano toccando i tre King, mantenendo comunque un’acuta originalità dal punto di vista tecnico ed emozionale.

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Le chitarre e i corsi di Gennaro, professore in cattedra con un sogno nel cassetto

Dal 2010 Porcelli diventa endorser Marvit, marchio italiano di liuteria  con sede a Bagnoli, nei Campi Flegrei, e nell’anno successivo la sua chitarra, la Marvit Mahat GP “Gennaro Porcelli Signature” (gliene verranno dedicate tre) viene esposta nella “Wall of Music” del BarAbba di Gallarate, insieme a vari cimeli appartenuti a personaggi di fama internazionale come Steve Hackett e Joe Satriani. Una vera passione quella per Marvit Guitars (ora Gennaro ne utilizza pure una denominata Highway 61), tanto da coinvolgere in quel mondo anche Edoardo Bennato, felice possessore di un modello speciale, la CF-55.

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Le altre sei corde preferite da Gennaro sono una Gibson 1964 ES 335 rossa e la Les Paul Goldtop, perfettamente adatte per ricavare il suo sound blues così ricercato.

Gennaro si esibisce live con la sua Les Paul Goldtop. Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione
Epiphone Les Paul Standard 50`s MG

Epiphone Les Paul Standard 50`s MG

Valutazione dei clienti:
(32)

Porcelli è un musicista a tutto tondo: chitarrista, songwriter, produttore, arrangiatore e…insegnante. Il suo originale corso di chitarra si chiama “Da Robert Johnson a Derek Trucks”, con lezioni di storia del blues (ne è stato relatore all’Università degli studi di Napoli Federico II) per far comprendere lo sviluppo di determinati stili. E, come tutti i grandi artisti, per puntare oltre l’orizzonte, lo scugnizzo napoletano tiene anche un sogno nel cassetto, suonare al Crossroads Guitar Festival di Eric Clapton, di cui non si è perso l’ultima tappa a Lucca. Considerati gli straordinari incroci con chitarristi di fama internazionale, come non sperare possa avverarsi? 

Gennaro Porcelli e Buddy Whittington.  Dall’archivio di Gennaro Porcelli, per sua gentile concessione

L’amore per Johnny Winter e gli altri incontri indimenticabili

Porcelli non sarebbe un musicista completo senza i suoi dischi, le sue collaborazioni e l’incredibile passione per le chitarre. Ma è soprattutto dal vivo che dà il meglio di sé ! E non potrebbe essere diversamente per un personaggio che ha condiviso il palco con gli Hot Tuna, Eric Sardinas, Corey Harris, Tolo Marton, Roberto Ciotti, Uli John Roth, Robben Ford e Jon Paris. Rimangono memorabili le sue comparsate al fianco di Fabio Treves, Tullio De Piscopo, Tony Esposito ed Enzo Avitabile.

Il guitar hero cresciuto all’ombra del Vesuvio ha avuto inoltre occasione di esibirsi ripetutamente con i musicisti di Johnny Winter e conoscere il bluesman texano personalmente, passando un intero pomeriggio con lui e facendogli ascoltare la sua versione del brano Dallas. Una soddisfazione incredibile, quasi un passaggio di testimone tra due incontrastati re della slide. Solo una serie di circostanze sfortunate non ha consentito ai due di suonare insieme, occasione invece capitata con tre leggende dal nome altisonante. 

Si parte con il formidabile Louisiana Red, conosciuto quando Gennaro era solo diciannovenne e diventato compagno d’avventure per parecchi show di capodanno ed eventi speciali, e si arriva al grande Buddy Whittington, uno dei chitarristi più fenomenali e acrobatici dei Bluesbreakers di John Mayall, con il quale in quattro e quattr’otto nel 2010, durante il Mercogliano Music Festival, viene improvvisata una jam che include anche una perla di Slim Harpo, Baby Scratch My Back.

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Uno degli apici della carriera del funambolo napoletano avviene una decina d’anni dopo, durante il Memorial Rudy Rotta. Il classico di Albert King Born Under a Bad Sign splende di nuova luce con Keb’ Mo’, che con la sua genuinità convince un altrettanto spontaneo Porcelli a duettare con lui in una riproposizione fenomenale, lasciando increduli spettatori e addetti ai lavori per la facilità di esecuzione senza aver fatto la minima prova. 

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Ma non è finita. Questo “gioiello del blues italiano” è irrefrenabile e proprio in quest’ultimo periodo ci ha regalato ancora qualcosa in più, con un inaspettato e intenso incrocio live insieme a un frontman e a un gruppo che non hanno bisogno di presentazioni. Stiamo parlando di Warren Haynes e dei suoi Gov’t Mule. Sta per prendere forma un altro incredibile episodio di Crossroads, la serie unica e speciale che trovate solo su Planet Guitar!

Stay tuned

To be continued…

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Alessandro Vailati