Ruspanti, visionari e anticonformisti, Ivan Graziani e Alberto Radius rappresentano il prototipo di chitarrista perfetto per Lucio Battisti, innamorato della loro anima da rockers, del loro carisma senza eguali nella scena italiana dei primi anni Settanta. Proprio in quel periodo così ricco musicalmente, Alberto e Ivan diventano grandi amici e continuano nel tempo a condividere la loro passione per le sei corde, dimostrandosi veri e propri artigiani dello strumento con un talento compositivo e un estro smisurati.

Radius e Graziani: vocazione, trascendenza e sacralità nella finitezza del mondo dello spettacolo
Innovativi e lungimiranti alla corte di Battisti
“Lucio oltre che un genio musicale era un caro amico e anche un compagno di lavoro, come dimostra la collaborazione costante con la Formula 3, di cui facevo parte e a cui forniva regolarmente le canzoni. Prima, all’epoca dei Quelli e dintorni, ero nell’equipe con cui provava e registrava di solito, assieme a Franz Di Cioccio, Giorgio Piazza, qualche volta Ivan Graziani. Io c’ero sempre, anche se non suonavo.”
(Alberto Radius – da Lucio Battisti Masters, 2017)
Alberto Radius e Ivan Graziani non condividono solo passione, ma pure una scelta, una missione, una vocazione che diventano un intreccio profondo di due esistenze. Per citare Lucio Battisti, si parla di “Emozioni”, ma anche di costruzione, di un ponte invisibile tra il desiderio e la dedizione, tra la musica e la poesia. È armonia, trascendenza, sacralità: un’ombra che avvolge e uno slancio che illumina. Così, con questo fuoco nell’animo, i due chitarristi fin da giovanissimi percorrono i primi passi nei rispettivi gruppi e, notati dal lungimirante artista reatino, si trovano fianco a fianco a costruire musica, ad inventare fraseggi, a disegnare riff d’avanguardia mai fini a se stessi, tocchi e ritocchi decisivi nella struttura di canzoni entrate a far parte dell’immaginario collettivo di una nazione.
Ivan comincia ad avvicinarsi al mondo di Lucio nel 1969, quando il complesso Anonima Sound, di cui è chitarrista e cantante solista, passa dalla CBS alla Numero Uno, l’etichetta discografica che con il tempo diventa il riferimento delle produzioni Battisti-Mogol.
Alberto fa già parte del gruppo di musicisti che insieme all’autore di Acqua azzurra, acqua chiara stanno salendo, gradino dopo gradino, la scala del successo e della popolarità. I suoi riff e assoli insieme a Franco Mussida ne Il tempo di morire sono quanto di più bello esista nella storia musicale moderna del nostro Paese…
Da Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera a Bandabertè
“Suonando la chitarra, sia che si tratti dell’elettrica che dell’acustica, c’è chi accompagna e chi rifinisce: Ivan univa le due cose in maniera perfetta”.
Alberto Radius, da Ivan Graziani – Il tesoro del chitarrista di Marco Bercella, ondarock.it
Le parole di Radius non fanno che confermare la stima (reciproca) tra i due musicisti, che nei primi anni Settanta continuano a incontrarsi sia in studio con Battisti, sia privatamente, in nome di un’amicizia vera, senza secondi interessi. Entrambi, nei tempi addietro, avevano suonato nei locali più in di quel momento, come l’Altromondo di Rimini, e conoscevano a menadito il gusto per le nuove idee, l’inventiva, il mantra del “mai fossilizzarsi” di Lucio, capace di cambiare continuamente orizzonte, dal soul ai Deep Purple, arrivando addirittura alle opere di Puccini.
Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso eccetera (1976) fa parte di uno quei suoi frangenti rivoluzionari, dove si stacca da Il Volo, ensemble di cui faceva parte Alberto, e convoca Graziani e altri turnisti per portare a termine le sessioni. Nei crediti finali del disco rimane comunque Radius in Io ti venderei, mentre Ivan si divide tra chitarra e mandolino per le altre canzoni, fra le quali la celebre Ancora tu, La compagnia, Il veliero e un brano da (ri)scoprire…
Un uomo che ti ama è un piccolo capolavoro nascosto dell’LP, una virata nel progressive pop alimentata da un “solo” appena distorto di un ispirato Graziani, ormai lanciato anche nella carriera solista come il suo collega, il quale nel giro di tre anni pubblica altrettanti lavori: l’ultimo di quel periodo, America Goodbye, esce proprio nel ’79, quando viene dato alle stampe Bandabertè.
Non solo Titani della chitarra…
“Se dovessi riassumere in una sola parola chi fosse Alberto lo definirei un compositore”.
Cristiana Rizzi, moglie di Alberto Radius.
Radius e Graziani partecipano a una delle opere più importanti di Loredana Bertè, la prima a sdoganare il reggae in Italia con …E la luna bussò, componendo rispettivamente le musiche di Folle Città (con il testo di Daniele Pace e Oscar Avogadro) e Colombo, le cui liriche vengono scritte dal conduttore e giornalista Attilio “Art” De Rosa.
Come si palesa nella loro carriera solista, si distinguono per la chitarra verace, il playing virtuoso, ma la loro capacità di ideare musica è un’altra componente inscindibile che li rende artisti a tutto tondo.
E se la genialità di Radius emerge in qualsiasi genere, fino alla creazione della sigla e del sottofondo dei titoli del TG5 Prima Pagina, nonché di quella de La macchina del tempo, Graziani inventa insieme a Ron e Goran Kuzminac uno dei brani più belli per la musica leggera italiana del secolo scorso, quella Canzone senza inganni contenuta nel Q Concert nel mitico formato Qdisc.
Le influenze comuni di due bandiere rock (e non solo) in Italia
”Era un amico sincero, uno dei pochi di Ivan in ambito musicale – Anna Bischi Graziani ricorda le visite di Radius nella loro casa di Novafeltria – una persona perbene, un uomo umile che non si dava aria, senza smanie di grandezza”.
Estratto da articolo di altarimini.it, 16 febbraio 2023.
Come sarebbe bello poter ammirare Graziani e Radius in studio o sul palco in questi tempi sempre più liquidi (A proposito, un inedito di Alberto composto nel suo ultimo periodo si intitola proprio Musica liquida, chissà che prima o poi non veda la luce!).
Il loro approccio, intriso di sperimentazione e anticonformismo, si porrebbe certamente in contrasto con un panorama musicale sempre più ingabbiato nei generi e nei dettami imposti dagli algoritmi.
Le loro influenze in comune spaziano da Elvis Presley e Buddy Holly a Jimi Hendrix, i Cream, i Deep Purple, i Led Zeppelin e i Beatles, passando per i Procol Harum e i Rolling Stones, fino a toccare altri giganti come Santana e Jeff Beck. Un mosaico di riferimenti che riflette la natura fluida e in continua evoluzione della loro musica.
Una sintonia anche a livello tecnico, con un’attenta ricerca del sound e del mood giusti e una grande predilezione per il marchio Gibson, dalla Les Paul per Alberto alla ES-335 di Ivan. Andiamo ora ad approfondire la storia chitarristica (e non solo) di Graziani, amante dell’arte in senso lato fin da giovanissimo.
Gibson ES-335 Figured 60s Cherry
Lebrecht Music & Arts / Alamy Stock Photo
Ivan Graziani: un chitarrista raffinato e personalissimo, perfetta sintesi tra musica d’autore e spirito rock
Quell’infinita passione per l’arte
Parafrasando una sua canzone, Ivan Graziani era altro che “Pigro”. Abruzzese (Teramo, classe 1945), determinato e fantasioso, spicca fin dalla gioventù per la sua innata predisposizione per la pittura, il disegno, il fumetto e la musica. Ascoli e Urbino sono le sue “terre promesse”, ove trova amore e ispirazione.
Poco più che ventenne fonda il gruppo Ivan e I Saggi, che cambia poi il nome in Anonima Sound e si lega al progetto discografico di Lucio Battisti. Sono anni ferventi, ricchi di collaborazioni, tra Herbert Pagani, Premiata Forneria Marconi, Marva Jan Marrow, Gian Pieretti, Francesco De Gregori e Antonello Venditti, cui si aggiungono i primi dischi solisti. La grande svolta avviene all’epoca della già citata presenza in Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera, quando viene dato alle stampe Ballata per 4 stagioni, inciso con il cosiddetto gruppo del Mulino, dal nome del noto studio di registrazione di Anzano del Parco, in Brianza.
I Lupi, Pigro e Agnese dolce Agnese, apoteosi di un successo
Claudio Maioli (pianoforte e tastiere), Hugh Bullen (basso) e Walter Calloni (batteria e percussioni) sono l’ossatura anche degli strepitosi I lupi e Pigro (1978), che fanno conoscere Graziani al grande pubblico grazie a Lugano addio, ove una figura di donna diventa espediente per abbandonarsi al ricordo, alle title track I lupi, amara riflessione sulla cattiveria umana e Pigro, sorta di rock acustico folkeggiante che evidenzia i vizi di chi si crede saccente.
Indovinati arpeggi acustici, straordinari riff elettrici delineano la statura di cantautore rock di Ivan, che raggiunge una delle vette della sua carriera in Agnese dolce Agnese, sempre più libero di portare avanti la sua formula unica e indipendente dal resto. Nel disco spiccano la tenerissima Agnese, e la rutilante, graffiante Taglia la testa al gallo, subito diventata cavallo di battaglia, momento top della irrefrenabile attività live.
La celebrità e il declino nei famigerati anni Ottanta
Graziani è in stato di grazia e non è solo un gioco di parole. Gli anni Ottanta si aprono con un’altra grande hit, Firenze (canzone triste), la malinconia fatta a canzone creata con arrangiamenti minimali, chitarra e batteria sussurrate, giocando sulla potenza evocativa delle liriche.
Viaggi e intemperie (1980) inizia così, in maniera nostalgica ed elegiaca e vede l’artista immergersi in acque inesplorate nel resto della scaletta, con l’acuta descrizione dell’assurdità della guerra in Radio Londra, il dramma della droga di Dada, per tornare al tormento amoroso nella fragorosa Angelina. Il tutto è condito da tanta originalità, con nessun compromesso alle mode del momento e un florilegio di chitarre ora tenui ora dure e potenti, a dipingere con note sapienti il quadro multicolore della vita, di ogni suo giorno, dalla luce del mattino al buio della sera, con un debole per il crepuscolo, il momento più adatto per lasciarsi andare a una riflessione sui perché.
Seni e coseni (1981) spiazza non poco gli amanti delle sue virtù chitarristiche, evidenziando la voglia dell’autore di concentrarsi sulla scrittura senza lasciare grande spazio alle sue doti da virtuoso.
Cleo, Pasqua e il rock blues di Tigre sono senz’altro bei momenti. La sua sei corde, insieme a quella di Daniel Angelini, torna a farla da padrone nel bellissimo live Parla tu…, registrato su e giù per lo Stivale, prima dell’omonimo album del 1983, che include uno dei suoi capolavori, Il chitarrista, nel quale emerge la sua anima rock and roll con un riff uncinante.
Ormai Ivan Graziani si è ritagliato un grande spazio nel Belpaese e la sua originalità compositiva, il suo estro con lo strumento meriterebbero ben più ampi palcoscenici. Tuttavia, vuoi per l’avanguardia della sua musica, vuoi per l’istrionico look (con quei suoi occhiali rossi, i coralli e le collane di pelle al collo) non diventerà mai nazionalpopolare. È un musicista vero introiettato in uno spirito del tempo sempre più orientato al culto dell’immagine. Lo straordinario Nove, il flop di Piknic, con quegli arrangiamenti così inusuali, il cambio di casa discografica e il seguente, troppo sottovalutato Ivangarage (1989) chiudono un decennio controverso, iniziato in pompa magna e concluso, dal punto di vista commerciale, in decadenza.
Il trionfo delle “malelingue” e gli album postumi
Nella realtà l’ispirazione di quest’uomo non si è mai assopita: cronista della vita di tutti i giorni, Ivan continua a vedere le evoluzioni della società e della musica prima di tutti gli altri, con quel suo sguardo attento a scorgere le ipocrisie e le idiosincrasie dei potenti, lo sfruttamento dei deboli.
Cicli e tricicli è il prologo del profondo, intenso Malelingue (1994), una tonificante doccia fredda in un anno desertico per il panorama musicale italiano, con la hit parade riempita da greatest hits e compilation.
Maledette malelingue dà una sveglia a Sanremo e si rivela un’altra vetta per un artista che nel momento in cui potrebbe ripartire con una marcia in più, come dimostra la realizzazione di Fragili fiori … livan, interessante operazione con brani dal vivo e cinque inediti, deve fare i conti con una terribile malattia.
Ivan muore per un maledetto tumore al colon il primo gennaio 1997, nella sua adorata casa di Novafeltria e viene seppellito nel cimitero locale insieme all’inseparabile Gibson, la sei corde con cui ha tratteggiato con talento e arguzia le “cose” della vita.
Nel 1999 esce il disco commemorativo Per sempre Ivan, con alcuni brani incisi in studio mai realizzati e il contributo di ospiti speciali, tra cui gli amici Renato Zero, Antonello Venditti e Umberto Tozzi, per le tracce storiche. Seguono una serie di raccolte e album tributo fino al recentissimo, toccante, Per gli Amici, pubblicato per merito del lavoro della moglie Anna e dei figli: il ritrovamento di un nastro, con Ivan alla chitarra e voce, consente, con le sovraincisioni di Tommaso (batteria) e Filippo (chitarra e voce), di dar nuova vita a otto canzoni. Un’operazione fatta con il cuore per ricordare, senza retorica, la storia di un personaggio speciale, preservandone l’eredità artistica e con degli arrangiamenti così familiari da farlo sembrare al loro fianco. Un meraviglioso arrivederci in musica.
Le chitarre di Ivan
“Avevo una Fender Telecaster, con la quale poi feci uno scambio con Lucio Battisti: lui mi dette in cambio una bellissima Epiphone color ciliegia del 1965, che aveva preso da Eric Clapton, quando era andato in Inghilterra a contattare gli Hollies che dovevano venire a Sanremo con un pezzo suo, intitolato Non prego per me”. Estratto da Pensieri e parole.
Lucio Battisti. Una discografia commentata di Luciano Ceri, Coniglio Editore).
Ivan Graziani era un amante delle Gibson, dalla sua storica ES-335 alle ES-345 Stereo e Les Paul, tuttavia non disdegnava il mondo Fender Telecaster e Stratocaster, oltre alla mitica Epiphone Casino del ’67 di Battisti/Clapton.
Come acustiche utilizzava, fra le altre, le Eko e la Godin LR Baggs.
Epiphone Casino Vintage Sunburst
Un chitarrista fenomenale, ma anche atipico, con zampate feroci e improvvisamente lievi tratteggi, un po’ come quando dipingeva o disegnava fumetti. E a proposito di un altro gigante della sei corde dal profilo molto particolare, ne abbiamo uno profondamente legato a Ivan: Franco Mussida.
“Crossroads”, la rubrica speciale e unica di Planet Guitar, è pronta a vivere un nuovo, appassionante episodio, sempre con l’Italia nel cuore!
Stay tuned
To be continued…
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