Lo abbiamo conosciuto di persona qualche mese fa, grazie alla bellissima intervista che abbiamo realizzato con lui (la trovate qui). Stiamo iniziando a conoscere alcune delle sue chitarre preferite, con una serie dedicata (potete leggere qui il primo episodio). Ci mancava solo ascoltarlo dal vivo. Siamo quindi tornati allo Zio Live Music per sentire Andrea Braido suonare i brani di Jimi Hendrix con un fantastico trio. Ecco il racconto della serata!
Andrea Braido e Jimi Hendrix
Questo per noi è il primo concerto dell’anno allo Zio Live Music, dopo una grande serie di eventi dell’anno scorso che ci hanno permesso di conoscere il locale di Carlo Forti e Clara Anelli. Febbraio sarà un mese carico di musica e di grandi chitarristi: se siete curiosi trovate qui un recap dei concerti interessanti per gli amanti della sei corde.
Quando io ed Emanuele arriviamo al locale, Andrea Braido ha già concluso il soundcheck. Riusciamo in ogni caso a realizzare un piccolo contenuto con lui prima del concerto (lo troverete presto sui nostri canali social e su Youtube). Ad Andrea, visto quello che suonerà questa sera, abbiamo chiesto qualcosa su Jimi Hendrix e sull’importanza che il chitarrista americano ha avuto per lui. È sempre molto bello ascoltare un vero musicista raccontare il significato di un mostro sacro come Hendrix per il suo percorso artistico e umano. Vi consigliamo quindi di vedere e ascoltare questo contenuto non appena lo pubblicheremo.
Dando uno sguardo alla strumentazione, Andrea Braido questa sera utilizzerà due bellissime Fender Stratocaster, in pieno stile Hendrix. La prima è una Strato del ’74, una delle sue preferite, di cui ci ha parlato qui, mentre la seconda è una Strato del ’79, che è stata modificata con due humbucker: un Burstbucker Pro al ponte e un 57 Classic al manico. Saranno invece pochissimi i pedali che alimenteranno il suono di Andrea, a cui piace non modificare troppo il suo tone. Nell’ordine troviamo un delay tc electronic Flashback, seguito da un MXR EVH Phase 90 e da un M193 GT-OD dello stesso marchio, per concludersi con un classico wah Dunlop Cry Baby. A concludere il rig, testata e cassa del marchio Koch.
Fender Hybrid II Strat HSS MN VNT
Gibson BurstBucker Pro Bridge NC
Gibson 57 Classic Vintage NC
tc electronic Flashback 2 Delay
MXR EVH Phase 90
MXR M193 GT-OD
Dunlop Crybaby GCB95
Koch Amps Studiotone Head
Il concerto sarà come detto un tributo a Hendrix, ma ci aspettiamo anche qualche brano inedito di Andrea. Ad accompagnarlo, Guido Block al basso e alla voce e Francesco Corvino alla batteria. Due musicisti di assoluto valore e con una grande carriera sui palchi e in tour con moltissimi artisti, che completano un trio pronto a farci volare.
Andrea Braido e la magia della Stratocaster
Sono le 22:05 quando i musicisti salgono sul palco. Braido indossa già la sua classica bandana, ormai parte integrante del suo stile, e imbraccia la Stratocaster del ’74 in finitura Natural. Qualche sporadica nota di riscaldamento e poi si parte. Manic Depression è il primo pezzo e noi siamo già in paradiso. Il brano, estratto dal primo disco della Experience del 1967 Are You Experienced, è micidiale anche a quasi 58 anni di distanza dalla sua pubblicazione. Possiamo già sentire il wah sull’assolo e la sonorità del trio è proprio quella che Jimi ha insegnato al mondo assieme a Noel Redding e Mitch Mitchell.
Andrea già gioca su e giù sulla tastiera della sua Strato, con un sustain sui vibrati incredibile. La sua particolare tecnica fingerpicking, che lo rende praticamente un chitarrista unico nel panorama mondiale, è bellissima da vedere, ma soprattutto da sentire. Sul finale la batteria di Francesco si fa più soft e Andrea può giocare con il potenziometro del volume e con l’intera dinamica dello strumento, arricchendo l’infuocato assolo conclusivo.
Guido presenta la band, prima di iniziare The Wind Cries Mary. Il disco è lo stesso del precedente e il suono della Strato di Andrea Braido è proprio quello di Hendrix. Sul ritornello percepiamo chiaramente il wah che colora il brano e anche l’assolo è fedele all’originale inciso dal chitarrista di Seattle. Il pezzo è clamoroso e questo trio riesce a catturare quelle vibrazioni ed emozioni.
“Il prossimo brano parla di libertà ”. Freedom ha una ritmica micidiale, è un’altra composizione che coglie la pura essenza di Hendrix e delle sue vibes. Noi le sentiamo tutte, sia nella voce di Guido, che nella batteria di Francesco, ma soprattutto nella chitarra di Andrea. Tra trilli e bending tiratissimi siamo in estasi chitarristica. Allucinante il suo attacco sulle corde, pur non usando un plettro, e la padronanza assoluta della dinamica della Strato.
“Ora un brano piuttosto sconosciuto di Hendrix”. Abbiamo capito che a Guido piace scherzare, infatti il delay a cannone preannuncia l’inizio di Little Wing. Sì, la sanno anche i sassi, ma è un brano immenso e ricco di emotività . Quando parte l’assolo veniamo trasportati sulle ali della Strato di Andrea, prima soffice e delicata, con quel potenziometro di volume che ci ricorda come la interpretava Jeff Beck. El Braidus è un mago di quella sei corde e crea magie con le sue mani. Sono in tre sul palco, ma sembrano in dodici prima dell’assolo finale, che è un tripudio di note e fantasia.
Ecco Andrea finalmente al microfono. “Buonasera a tutti e grazie. Ci fa molto piacere essere qui”. Ci racconta della sua amicizia con Francesco, che conosce dal 2008. Invece con Guido è la prima volta che suonano assieme. Non ci sembra stia andando malissimo, anzi. “L’importante è che vi lasciamo delle emozioni, qualcosa che vi rimanga nel cuore. Perché alla fine questo è la musica”. Crediamo non ci sia altro da aggiungere.
Le emozioni di Jimi Hendrix
Foxey Lady è emozione pura e la chitarra diventa una fiamma vivente. Feedback, trilli, hammer on, pull off, bending, scale, evoluzioni sulla tastiera. Nel playing di Andrea Braido c’è di tutto e di più, e crediamo che anche Hendrix sarebbe felice di sentirlo suonare. C’è la rabbia e la passione quasi sessuale che Jimi metteva in questo pezzo; l’intensità del modo in cui utilizzava la chitarra elettrica e le sue possibilità fisiche; la sua unicità che ha cambiato la storia della sei corde.
“Su Hendrix ci sarebbe tanto da dire e invece non lo dico”. Guido racconta però un aneddoto. Quando i Pink Floyd andarono per la prima volta in America a fare un tour e non avevano amplificatori, ricevettero da Hendrix la strumentazione, a dimostrazione di quanto il chitarrista di Seattle fosse un musicista vero, disposto ad aiutare anche gli altri. “Lui aveva il blues dentro e questo lo conoscono tutti”. Red House è proprio quella roba lì, quella malinconia fatta musica che ha regalato tanto piacere al mondo. Anche qui la dinamica di Andrea sulla Stratocaster è assurda. È padrone di tutte le sfumature sonore dello strumento concepito da Leo Fender ben 71 anni fa.
“Prima della pandemia ci siamo un po’ sbaciucchiati, poi è successo il patatrac e non siamo riusciti a fare un ca**o”, confessa Guido. È colpa (o merito) dello Zio Carlo se hanno tirato su questo tributo. Nel frattempo Andrea cambia Strato e prende la ’79 con i due humbucker. Ora sentiremo un suo brano originale. Spingi è sicuramente un brano che spinge. Le sonorità ci ricordano quelle di un Jeff Beck anni ’80, ma con il playing stratificato e ricchissimo di Andrea. Qui il tapping impreziosisce il pezzo, non è un orpello extra per dare sfoggio di virtuosismo. “Che figata” conclude Guido. E noi siamo d’accordo.
All Along The Watchtower è diventato un altro pezzo tra le mani di Hendrix. Il brano di Dylan è ormai indissolubilmente legato alla versione del chitarrista americano, contenuta nel capolavoro Electric Ladyland. L’omaggio di questa sera è fedele all’originale (potete provare ad imparare l’assolo qui) e allo stesso tempo unico. C’è spazio anche per Francesco al microfono, che fa un po’ di promozione del libro di Andrea, Energy Life, che racconta la sua vita artistica. Noi lo abbiamo preso e siamo molto curiosi di leggerlo. Potete acquistarlo anche voi, a questo link.
Una carrellata di classici
Purple Haze è il super classico di Jimi. Andrea ha ripreso la ’74, che sembra intrisa di acido come quella di Hendrix. È un grandissimo omaggio, ma il finale è tutto per Braido. La sua chitarra incanta il pubblico, rimanendo da solo per quasi 5 minuti, facendo praticamente tutto quello che si può fare con una sei corde. Avete presente Eruption di Van Halen? Siamo su quella scala di grandezza.
Hey Joe è un altro superclassico. “Parla di uno che ha sparato alla sua donna. Che era una str***a perché è andata con un altro” spiega Guido. Andrea prende un plettro per questa, glielo presta Guido. Un brano che non serve spiegare, è perfetto così com’è. Ci sono anche gli armonici naturali nell’arsenale di Braido, e ne fa largo uso sul solo. È mostruoso, maledettamente bravo. È sul palco anche per ricordarci che serve studiare (tanto) per raggiungere certi livelli.
Ora ascolteremo un altro brano di Andrea, Violent Justice. Partenza ancora a cannone, con un super riffone distorto e in****ato. Francesco è un martello su quella batteria e anche il basso di Guido si fa assolutamente sentire. Siamo nel regno del virtuosismo, ma anche della delicatezza nella parte centrale del brano e sul finale. Ancora una volta Andrea conferma quanto la Stratocaster sia una miniera di profondità .
Fire è un altro estratto del primo disco dell’Experience. È uno dei brani preferiti di Guido e anche mio. È un pezzo clamoroso dove Hendrix sparava dei bending dritti come spade. Braido ci aggiunge ovviamente del suo anche in questo caso. C’è spazio anche per l’assolo della batteria di Francesco, che è tutta sera che tiene il tempo come il miglior Mitch Mitchell, anzi meglio.
Siamo già al bis, nostro malgrado. Stone Free è il primo ed è un altro classico brano di Hendrix, che è con pezzi come questo che ha completamente ribaltato il mondo della chitarra elettrica. Anche qui ci gustiamo tutta la potenza di El Braidus e del suo trio, che qui proprio si diverte con citazioni e note a non finire. Ascoltiamo anche un assolo di Guido, che ha sfoderato una grande performance vocale durante tutta la serata. La chimica di questo trio a noi sembra funzionare benissimo.
Voodoo Child (Slight Return) è il pezzo di chiusura. Se c’è un brano con cui raccontare il pedale wah, è questo. Fin dalle ghost note che lo aprono, è il pezzo di Hendrix che ha scolpito quel pedale e quel suono nella storia. Questa versione di Andrea, Francesco e Guido ci ricorda perché questo brano è un must per ogni musicista che abbia voglia di fare rock. Il trio scende a volume anche minimo, prima dell’ultimo crescendo finale che chiude il concerto.
Siamo stati per 1 ora e 50 minuti nel mondo di Hendrix, trascinati dal talento di Andrea Braido e dei suoi magnifici compagni di palco. Ne è valsa assolutamente la pena e siamo felici di potervi dire che abbiamo ancora delle sorprese da svelare, realizzate in collaborazione con Andrea. Continuate a seguirci per scoprirle!
Scaletta
- Manic Depression
- The Wind Cries Mary
- Freedom
- Little Wing
- Foxey Lady
- Red House
- Spingi
- All Along The Watchtower
- Purple Haze
- Hey Joe
- Violent Justice
- Fire
- Stone Free
- Voodoo Child (Slight Return)
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