Cinque lunghi anni ci separano dall’ultima volta in cui la Dave Matthews Band è atterrata in Italia. In realtà il tempo è volato, come sempre, ma nel mondo sono cambiate (in peggio) tante cose, dando l’idea di essere lontani da quel periodo pre-pandemia e pre-guerra di cui adesso percepiamo fortemente la mancanza. Quindi, forse incautamente, sorgono alcune domande: in quale stato di forma si trova uno dei più importanti gruppi live della scena musicale americana? Sono ancora in grado Dave e compagni di stupire e sorprendere il pubblico con la loro miscela di generi, le sempre cangianti setlist e l’incredibile dote di formidabili strumentisti? Troverete le risposte in questo articolo, scritto proprio mentre la band è sul punto di ricevere un annuncio importantissimo. Per la serie Love You Live, eccovi la DMB. Sipario!
La Dave Matthews Band in Italia: una scorciatoia verso la bellezza
Un concerto da favola prima della notizia tanto attesa
Sono da poco passate le 23 del 20 aprile e il Mandela Forum è una bolgia, dopo gli oltre venti minuti finali di Two Step. Un lieve velo di stanchezza si evidenzia in Dave Matthews, visibilmente soddisfatto e intento a salutare il pubblico. All’improvviso, mentre si stropiccia gli occhi con un fare simpatico, nota una cosa: si accorge che nelle prime file acclamanti vi è una bambina in braccio al suo papà. Sta agitando un cartello con una lunga scritta. Dave attira l’attenzione del batterista Carter Beauford che le regala un set di bacchette, la realizzazione del desiderio da lei espresso in quello striscione dalla richiesta così particolare. E così una piccola anima sogna, ma non solo.
Come il titolo di una canzone dei Litfiba, Firenze Sogna, dopo una notte di musica formidabile insieme all’inossidabile Dave Matthews Band. E pure i “ragazzi” del gruppo sognano, onorati (finalmente!) dell’induzione alla Rock & Roll Hall of Fame, notizia giunta fresca fresca appena a seguito dello straordinario secondo concerto tenutosi in Italia. Ma andiamo con ordine: dove eravamo rimasti con Dave e compagni?
Le aspettative dopo l’inizio del tour europeo e lo show di Milano
Dopo la data iniziale di Amsterdam, la Dave Matthews Band tocca Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca e Austria, prima di giungere in grande forma a Milano. Le setlist si palesano intriganti e sorprendenti, ricche di classici abbinati perfettamente alla freschezza di alcuni brani tratti dall’ultimo lavoro Walk Around the Moon, fino ad alcune cover inusuali e ad altre gemme meno conosciute rispolverate dal loro ampio catalogo discografico. Nella città meneghina si crea subito una particolare empatia, e si sviluppa una serata con esecuzioni entusiasmanti. Chicche del calibro di Seek Up, il manifesto della tecnica, del songwriting e della capacità di improvvisazione, insomma la sintesi di ciò che rappresenta la DMB, e di Here on Out nobilitano il solito unico, incredibile sound che ospita tutti i generi, cavalcando rock, jazz, progressive, funk, soul e aprendosi nuove strade su territori country, folk, pop e r&b.
Dave Matthews Band, cronistoria di una notte magica a Firenze
La location e i brividi appena prima dell’inizio
“C’è un momento – quando la band entra sul palco, prova gli strumenti e si impadronisce lentamente dello spazio, con suoni e movimenti così apparentemente naturali eppure così magnetici – che cattura immediatamente gli spettatori. Il boato del pubblico non fa che sottolineare il climax, ma il sortilegio dell’inizio del concerto è molto più potente e di lì a poco sprigiona un’energia contagiosa che non sai dove ti porterà, perché ogni sera è diversa. Se anche ripetono un pezzo non è mai come la sera prima.”
Estratto da The DMBook, Corsina Andriano, Arcana
Il Mandela Forum è il classico palazzetto “polifunzionale” presente nel Belpaese che non onora chi adora sentir suonare bene i musicisti durante i concerti. L’acustica onestamente è pessima: l’unica nota positiva è il poter stare al chiuso in una fredda serata di questo pazzo aprile.
L’attesa in coda per ore al fine di accaparrarsi un posto in piedi a pochi metri dal palco è invece un rito irrinunciabile, un sacrificio necessario per godersi poi tutto lo spettacolo come se si fosse on stage: i cambi di strumentazione, i movimenti, gli sguardi di intesa tra Dave e la band, i cenni per passare da una canzone all’altra o per scambiarsi un assolo, per il sottoscritto valgono già da soli il prezzo del biglietto. Quando poi sopraggiungono le 20,00 e mancano pochi minuti all’inizio tutto è perfetto. Vedere arrivare il frontman con la sua chitarra acustica e a mano a mano i suoi compagni e sentire l’attacco di When the World Ends è pura commozione, esattamente a cinque anni dalla data di Padova a cui avevo assistito…
L’accoglienza calorosa di DMB Con-Fusion e del pubblico
“I love Italy. My face hurts from how much I smile, when I’m here”, racconterà durante lo show Dave. Tutto questo affetto è ricambiato dall’amore viscerale per il gruppo da parte della fan base qui in Italia. Un’adorazione senza limiti in particolare è quella della community Con-fusion, sempre in prima fila (in tutti i sensi!) per organizzare coreografie e scaldare l’ambiente. L’entusiasmo per i primi pezzi suonati sale già alle stelle.
The Stone mette in mostra l’affiatamento di un ensemble che dal vivo è una fonte inesauribile di emozioni e Carter coinvolge subito il pubblico a cantare a squarciagola nell’outro, ove viene ripresa Can’t Help Falling in Love. La dolce e ritmata Idea of You è l’occasione per Dave di passare dall’amata acustica Rockbridge (una guitar company proprio di Charlottesville, città di origine del gruppo) alla Gryphon 12 string, una chitarra soprano molto particolare, costruita da Joe Veillette, dal sound unico, simile a quello di un mandolino.
La carnale e trasgressiva Seven, prima esecuzione nel tour europeo, lascia poi spazio a un pezzo molto amato dalla folla, la storica #41, con il “solo” di Tim Reynolds che a un certo punto viene accompagnato dagli irrefrenabili Jeff Coffin e Rashawn Ross tramite la ripresa della melodia a loro tanto cara di The Sojourn of Arjuna di Victor Wooten.
Da Under the Table and Dreaming a Walk Around the Moon
Sono praticamente trascorsi trent’anni da Under the Table and Dreaming (il primo album pubblicato nel 1994 per una major, un enorme successo) alla realizzazione dell’ultimo emozionante seppur discontinuo Walk Around the Moon (2023). Eppure la storica The Best of What’s Around, con il basso elegante di Stefan “Fonz” Lessard, si incastona benissimo fra gli estratti dalla recente opera, i quali dimostrano una sorta di confortante continuità con il momento apicale della formazione.
Scorrono così la jazzata The Ocean and the Butterfly, una dolce carezza sul viso, prima della ventata forte, che scompiglia i capelli di Madman’s Eyes. Un intro di tastiera di Buddy Strong apre un pezzo suggestivo, dal piglio orientaleggiante e il ritornello orecchiabile che lo eleva a un nuovo classico. Segue davvero un evergreen, la già citata The Best of What’s Around e poi è il momento di Monsters, dimostrazione di come la vena creativa non sia ancora in esaurimento. La scaletta fila via che è un piacere passando in rassegna le varie epoche, con Dave ai limiti della comicità nei suoi balletti stralunati e i continui saluti e ringraziamenti. “Ciao!” e “Grazie Mille” accompagnano l’inizio e il termine di quasi ogni canzone, tra i sorrisi e i cori di un pubblico conquistato.
Il country folk della ballad Grace is Gone rappresenta sicuramente una delle vette della nottata, ma non sono da meno la sincopata Spaceman, con la tromba imbizzarrita di Rashawn e il fugace wah-wah finale di Tim, il quale ci diletta con un incipit di slide per So Damn Lucky, che sfocia come suo solito nella citazione del capolavoro di Sly and the Family Stone Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin).
Il finale roboante e la trepidante attesa per i bis
L’ultima manciata di canzoni sembra studiata per accontentare chiunque. I fan alla ricerca di qualcosa di elegante e raffinato strabuzzano gli occhi per il falsetto di Matthews e il sax solo di Coffin alla Branford Marsalis di Busted Stuff, con rimandi allo Sting live di Bring on the Night. Gli appassionati del repertorio radio friendly si spellano le mani per The Space Between, infine gli amanti della DMB storica sguazzano a più non posso in Dancing Nancies. In quest’ultima, inoltre, ne vediamo delle belle: Dave cita Firenze nel testo, Rashawn fa le parti di violino con la sordina applicata alla sua tromba, Jeff canta nel microfono del sax e Tim si scatena con la Fender Stratocaster (cambierà parecchie chitarre nel corso dello show, concedendosi anche alcune Gibson fra cui la mitica Flying V in Ants Marching).
Un Mandela Forum quasi pieno è ormai ai piedi di sette personaggi unici, coraggiosi, pieni di umanità che prima di salutare regalano Everyday, con Buddy Strong nei panni di un novello Jimmy Smith o di un attapirato Billy Preston, e la tonitruante Ants Marching, tripudio di fiati e percussioni. Ma l’apoteosi deve ancora arrivare!
Taylor 914ce V-Class Bracing
Un encore di fuoco e passione
Se l’atmosfera di uno spettacolo della DMB si fa sempre più palpitante pezzo dopo pezzo, uno dei momenti maggiormente toccanti è comunque il rientro per i bis, dai quali, come peraltro in tutta la performance, non sai mai cosa aspettarti, specialmente per la prima canzone, in genere acustica ed eseguita in solitaria da Matthews o in compagnia di una piccola parte della formazione. Stavolta il Nostro esce invece con una Jerry Jones Neptune Baritone, una chitarra elettrica speciale, per farci sognare in Some Devil. Al termine, con il rientro di tutti i membri dell’ensemble e il suo confabulare con Carter, parte la breve Pantala Naga Pampa, anticipo di un’inaspettata Two Step da groppo in gola.
Dave canta come un Peter Gabriel inferocito, cita nel testo Time Bomb e poi si scatena in quello che è un invito a godere della bellezza della vita senza preoccuparsi del futuro, proprio perché esiste una scadenza a cui non possiamo sottrarci e non sappiamo neanche quando arriverà. Una perfetta celebrazione del clima leggiadro respirato in un concerto, in un certo senso metafora dell’esistenza, dove tutto nasce e termina in poche intense ore e bisogna passarle al meglio. E così questo brano, al fine di mantenere tale profondità d’intenti, sembra scorrere infinito.
Carter picchia come un forsennato e non vuole saperne di andare a casa, Stefan è un cavallo imbizzarrito, Tim con la Strato rossa utilizza tonalità alla Pink Floyd, con David Gilmour nel mirino, e l’outro pianistico di Buddy incatena TUTTI al palco, anzi di più. Fuoriescono echi di Herbie Hancock, mentre TUTTI e sette si dannano l’anima per questa composizione trascinante, una “canzone con le gambe” che scende in platea, ti prende e ti sbatte on stage con loro. Wow! Si termina esausti, ma felici di aver toccato per qualche momento livelli trascendentali, inspiegabili a chi non ha mai sperimentato una cosa del genere.
Squier Sonic Strat HT Torino Red
Conclusioni e considerazioni personali
Il ritorno in Italia della DMB per me è stato un tripudio in tutti i sensi. Dal primo indimenticabile show a Lucca (2009), a ben quindici anni dalla loro fortunosa scoperta in un mitico negozio di dischi a New York, passando alla data di Milano del 2010 e infine (senza contare il concerto acustico con Tim del 2017) a quella di Padova di un lustro fa, sono cambiate tante situazioni, vi sono stati alti e bassi normali e fisiologici, ma la realtà d’oggi è più che confortante.
Dopo essere riusciti a sublimare la terribile perdita di LeRoi Moore, i “giovanotti di Charlottesville” hanno superato pure il triste “abbandono” di Boyd Tinsley, riuscendo, dopo un periodo di ambientamento, a trovare in Buddy Strong un’aggiunta importante, senza “sostituire” un violino nei fatti “insostituibile”, tuttavia dando nuove sfumature alle canzoni con diversi arrangiamenti. La maturità ha apportato saggezza senza togliere quell’incredibile carica che rende unica ogni tappa del loro tour.
La dimostrazione più lampante sono le esibizioni italiane: trentotto brani diversi suonati in due giorni, con una sola ripetizione (non contando la breve e introduttiva Pantala Naga Pampa) peraltro piacevole, trattandosi della nuova Madman’s Eye. Ora, questa è la vita, tutto prosegue. La Dave Matthews Band, ne sono certo, farà impazzire anche i fan d’oltremanica alla Royal Albert Hall di Londra nei prossimi giorni e pure tutti gli altri nelle date a seguire, mentre noi amanti della chitarra e delle sette note proseguiremo imperterriti nella ricerca, attraverso la magia della musica dal vivo, di quell’emozione e commozione appena vissuta grazie a loro, di quel briciolo di immensa felicità da vivere in quel preciso momento che è un concerto.
Alla prossima!
Dave Matthews Band – Scaletta
- When the World Ends
- The Stone
- Idea of You
- Seven
- #41
- The Ocean and the Butterfly
- Madman’s Eyes
- The Best of What’s Around
- Monsters
- Grace is Gone
- Spaceman
- So Damn Lucky
- Busted Stuff
- The Space Between
- Dancing Nancies
- Everyday
- Ants Marching
Bis
- Some Devil
- Pantala Naga Pampa
- Two Step
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