Non potevamo non andare a sentire dal vivo uno dei giovani talenti più interessanti emersi negli ultimi dieci anni nel panorama mondiale. Marcus King è arrivato a Milano con tutta la potenza della sua musica e del suo show, a base di classiche sonorità americane e tanta sana chitarra elettrica. Vi raccontiamo questo bellissimo concerto!

Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Marcus King: l’unica data italiana del Mood Swings World Tour

Questo sarà il mio primo concerto al Fabrique e sono molto curioso del locale. In realtà, tutta la redazione di Planet Guitar è molto interessata all’evento. Infatti, siamo ben in tre questa sera. Io, Emanuele e Matteo, con amici e compagne al seguito. Siamo tutti molto curiosi di sentire il talento di Marcus, e per ottime ragioni. Del resto, questa è l’unica data italiana del Mood Swings World Tour, un’occasione da non perdere. Il tour da headliner sta girando il mondo per presentare il suo ultimo lavoro in studio, Mood Swings, terzo album da solista (dopo i tre realizzati a nome Marcus King Band) pubblicato nell’aprile di quest’anno e prodotto dal leggendario Rick Rubin.

Un disco che combina elementi diversi come il pop moderno, l’R&B, l’hip hop degli anni ’80, il rock classico guidato dal pianoforte e la produzione calda e la strumentazione sinfonica del soul, dell’R&B e del jazz dell’era classica. Tante belle cose, insomma.

Arriviamo quindi al locale molto presto, praticamente all’apertura delle porte, e ci posizioniamo molto bene, nelle prime file. Abbiamo tutto il tempo di osservare il palco, che presenta solo testate e casse Orange, per le due chitarre e per il basso. Molto probabilmente le teste sono le signature di Marcus, le Mk Ultra Marcus King, modelli a 30 watt prodotti in collaborazione con l’azienda inglese. Potete scoprire tutte le peculiarità di questi prodotti guardando questo video di presentazione.

Una batteria Gretsch abbastanza contenuta, la grande scritta “Marcus King Band” nello stendardo sul retro, delle tastiere sulla sinistra e poco altro. In particolare, notiamo un cavo jack in stile vintage per la chitarra, appoggiato sul microfono che sarà di Marcus. Per quanto riguarda il resto della sua strumentazione, la pedaliera è ben nascosta dalla cassa spia sul palco e non riusciamo quindi a vederla. Un palco senza fronzoli, essenziale, ma che presenta tutto quello che basta per tenere in piedi uno show di grande livello.

Orange TH30H

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Fender Deluxe Coil Cable 9m YW Tweed

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Mentre aspettiamo, scambiamo idee sui concerti passati, futuri e presenti con Manuel, nostro nuovo fan. Si parla anche di Eric Clapton, di John Mayer, di Stratocaster, di amplificatori… Di cose che piacciono a noi chitarristi insomma. Incontriamo anche altri amici di Planet Guitar, fan degli amplificatori di Atom Amps e delle chitarre del marchio Franchin Guitars. Tra chitarristi ci si intende spesso al volo quando si tratta di dettagli, sfumature e opinioni sulla strumentazione, e queste conversazioni sono sempre ottimi momenti per confrontarsi e imparare cose nuove, da tutti.

Nel mentre, vengono sistemati gli ultimi dettagli del soundcheck. Noi non vediamo l’ora di sentire la Gibson ES-345 del ‘62, la “Big Red”. Lo strumento è stato donato a Marcus dal nonno, Bill King, anch’egli musicista (come anche il padre di Marcus), ed è già diventato il marchio di fabbrica del giovane chitarrista americano. Gibson ha infatti già realizzato un modello signature dedicato all’artista, che purtroppo non è più in produzione. Questa chitarra, in finitura Sixties Cherry, presenta sia il Varitone switch a sei posizioni, sia il sistema Sideways Vibrola al ponte. Uno strumento molto versatile e, anche in questo caso, se volete saperne di più, guardate questo video, in cui è Marcus stesso a parlarne.

Gibson ES-345 60s Cherry

Gibson ES-345 60s Cherry

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Prendono parte al soundcheck finale anche una meravigliosa Les Paul Black Beauty, che probabilmente finirà nelle mani di Drew Smithers, che collabora da tempo con Marcus, e una chitarra del marchio Banker, precisamente una El Dorado. Questo strumento è una semi-hollowbody con due humbucker, che monta anche un fantastico ponte con sistema vibrato Bigsby.

Il locale intanto si è riempito, forse non da sold out, ma quasi. Un risultato ottimo per uno come Marcus in Italia. Noi siamo ormai prontissimi per lo show.

Gibson LP 57 Black Beauty VOS

Gibson LP 57 Black Beauty VOS

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Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Marcus King: talento dall’America sudista

(It Ain’t Nothin’ But A) House Party di The J. Geils Band è l’ultimo brano che ascoltiamo prima dello show e alle 21:07 i musicisti salgono sul palco, sulle note di Ennio Morricone. La musica è quella di Il mercenario (Ripresa terza), brano usato anche da Quentin Tarantino per Kill Bill: Volume 2. L’avrà sentita in quel film anche Marcus? Magari è semplicemente appassionato anche lui di spaghetti western e dei film di Sergio Corbucci, chissà.

Sorriso di Marcus al pubblico e si parte. Gain e feedback a cannone con la sua Orange ed è The Well il pezzo di inizio del concerto. Il singolo estratto da El Dorado, primo disco da solista di Marcus pubblicato nel 2020, è una prima grande iniezione di energia per tutti i presenti. “Are you feeling good this evening?” ci chiede Marcus, mentre fa partire un battimani e tutti cantano, su questo pezzo muscolare e istintivo.

“It’s been a long time, good to see you Milan”. Hero è il secondo brano, il primo estratto dal nuovo album. Marcus è davvero bravissimo a cantare e sentiamo già un primo assolo a base di due chitarre. La Black Beauty di Drew con tanto di slide e la Banker di Marcus, che ogni tanto passa dal plettro al fingerstyle, per controllare la dinamica del suo suono.

Beautiful Stranger è il terzo brano, subito attaccato al precedente, e mentre Marcus canta si asciuga il copioso sudore con tanto di fazzoletto. Certo, il suo look non lo aiuta a stare fresco: il suo è uno stile da vero americano, quasi iconografico. Cappello bianco a tesa larga, occhiali con lenti rosse, completo con giacca e pantalone nero, pendagli d’oro al collo, barba con basette lunghe. I suoi suoni ci riportano infatti all’America profonda e sono perfettamente allineati al suo stile. In questo brano, notiamo anche che usa sapientemente il potenziometro dei toni della sua El Dorado, per modulare il suo suono. Sia chiaro, Marcus è un ottimo chitarrista, ma crediamo che il canto sia la sua arma migliore.

This Far Gone è un brano dalle sonorità alla John Mayer, sempre contenuto nell’ultimo disco. Sentiamo ancora la Black Beauty con un assolo tutto a base di slide, decisamente molto bello, e ci rendiamo conto che Drew è davvero un bravissimo chitarrista. Marcus lo accompagna, prima che arrivi il suo turno sul finale: il suo è invece un assolo a base di bending e vibrati di qualità, senza strafare. Ha il “tiro” giusto e il brano finisce ancora con un dialogo tra le due chitarre.

Non ci si ferma un attimo, ed è ora la volta di un brano avviato dalle tastiere, suonate da Mike Runyon. Il tone di Marcus rimane comunque sempre presente, bello caldo. Il musicista americano, come B.B. King insegnava, quando canta non suona, per concentrarsi sulla sua voce. Inglewood Motel (Halestorm) è un altro pezzo estratto dall’ultimo album, ed è sentito al punto giusto. Quando c’è da suonare, però, Marcus non si tira di certo indietro: accende vibe e riverbero sull’assolo e ci spettina per bene. Anche Mike alle tastiere ha spazio per qualche nota, mentre tutta la band si lascia pervadere dalle vibes. Marcus in questo momento arretra, per lasciare spazio sul palco al suo tastierista e fare in modo che l’attenzione del pubblico si concentri su di lui.

Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Marcus King: il country e il southern rock come radice del suo sound

Marcus si toglie il cappello per presentare Mike e intanto cambia chitarra. Imbraccia ora una Fender Esquire in una particolare finitura (forse Natural, ma non ne siamo così certi), che presenta anche del relic. Il delay è tantissimo per l’inizio di questo brano, che ci trasporta ancora nell’America profonda, quella da film, per intenderci. Good Time Charlie’s Got The Blues, cover di un brano di Danny O’Keefe, è proprio quella cosa lì.

Un portico in legno, un cappello da cowboy, un cavallo e una chitarra acustica: questa è l’immagine che ci riporta alla mente. Siamo nel country anche per i suoni dell’assolo, dove ancora la Les Paul fa l’amore con lo slide, mentre la Esquire di Marcus viene suonata con leggerezza e maestria, su e giù per la tastiera in palissandro. I pezzi finiscono quasi sempre in un duetto di chitarre, proprio come facevano spesso due delle formazioni chiave per il genere southern rock: la Allman Brothers Band e i Lynyrd Skynyrd.

Ed è Marcus stesso ad ammettere la sua chiara ispirazione: “This is another Allman number for you”. 8 A.M. è infatti ancora quella cosa lì. Estratto da Carolina Confessions, probabilmente il mio album preferito di Marcus e pubblicato nel 2018, questa è una ballad con il respiro del Sud. Con un assolo misurato e preciso, Marcus ci regala il momento più alto della serata, almeno finora.

Are You Ready For The Country mantiene ancora quel mood sudista, e noi aspettiamo solo l’assolo. Ancora tantissimo slide sulla Les Paul di Drew, sulle orme del maestro Duane Allman, e via che si va. Immancabile anche in questo brano il duetto di chitarre sul finale. Questa parte del concerto è decisamente più rock rispetto alle sonorità del nuovo disco e personalmente la sto preferendo.

“Are you feeling good so far?” chiede Marcus al pubblico cantando, prima di intonare Honky Tonk Hell il prossimo brano che suonerà per noi e che annuncia che pubblicherà probabilmente il prossimo anno. Con le tastiere che ci ricordano un Fender Rhodes e quello che ci sembra proprio un Leslie sul palco, non poteva non esserci spazio anche per loro in questo brano. Il buon Mike, che le suona divinamente, dimostra di essere non solo un sosia di Zakk Wylde che fa il secondo lavoro, con due amuleti portafortuna sul suo strumento (due statuette di una papera e di The Dude di The Big Lebowski). Ci dà dentro alla grandissima, accompagnato da tutta la band e da un Marcus che, anche in questo nuovo brano, canta alla grandissima.

Un intro un po’ più swing e torniamo al mood dell’ultimo disco. Save Me è un pezzo in cui Marcus ha raccontato se stesso, e lo lascia trasparire nel modo in cui la interpreta. “Save me, I feel like I’m trapped in my mind / Save me, baby, I’m runnin’ out of time / My mind ain’t made up, please fill my grave up / Would someone please relay my message to her?” sono le parole del ritornello che ci raccontano molto della persona di Marcus, che ha parlato apertamente delle sue sfide con la salute mentale nelle sue canzoni e nel corso della sua carriera.

Per questo brano anche l’assolo ha meno note, è più ragionato e melodico. Almeno all’inizio, poi il crescendo c’è, ma sempre senza strafare. Un chitarrismo “giusto” quello di Marcus, molto emotivo. “Na na na na naaaa” e anche noi cantiamo con lui, mentre usa un po’ di soffice palm mute sulla sua Esquire. I brani di quest’ultimo disco rendono secondo me molto meglio dal vivo che in studio, e anche il lungo assolo di tastiere sul finale lo dimostra.

Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Un momento intimo, in acustico

Ecco ora che arriva una chitarra acustica per Marcus, che rimane da solo sul palco. Il modello dovrebbe essere il prototipo di Epiphone per la sua signature, che probabilmente manterrà il nome “El Dorado”, e la potete vedere più da vicino qui.

Mood Swings, title track del disco, ce la suona così stasera, solo chitarra e voce. Una grande versione, che esalta le sue qualità vocali ed è un altro apice del concerto. Il capotasto si muove ora al terzo tasto, e si prosegue con il momento da vero cowboy che Marcus ci sta regalando. Ci vuole coraggio per rimanere da soli sul palco, con solo la propria voce e una chitarra acustica, e a Marcus di certo non manca. Anche Bipolar Love trae giovamento da questa versione acustica, a mio avviso decisamente migliore di quella in studio (con buona pace di Rick Rubin).

Il capotasto sale ancora, e raggiunge il quinto tasto, per Die Alone e il copione (così come l’emozione) si ripete. Noi a questo punto sogniamo già un disco di Marcus solo chitarra e voce, mentre in questo brano molto intimo l’artista cita Greenville, sua città di origine nella Carolina del Sud. Rientra la band e sparisce il capotasto, ma rimaniamo in territorio acustico per Goodbye Carolina, brano che non poteva far altro che seguire il precedente. Marcus spende anche una dedica, che purtroppo non capiamo, ma riusciamo comunque a goderci questa bella canzone, estratta ancora da Carolina Confessions.

Una dedica sentita alla propria terra, con un sound che più americano non si può. “So goodbye Carolina / Searched my whole life to find you / I hate to leave you / But I hope you’ll know  Where I’m going I’ll be seeing you / So hold my hand as I’m leaving / Hoped my pain would be enough reason / I’ll see you on the other side of the Blue Ridge sky / Now I’m going / Hate to tell you goodbye” canta il ritornello, mentre tutto il brano è un crescendo che dall’acustico torna sul territorio elettrico.

Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Con la ES-345 “Big Red”, verso il finale

Ed ecco finalmente arrivare sul palco la ES-345 “Big Red” che aspettiamo di sentire da più di un’ora. F*ck My Life Up Again è il primo brano suonato con la chitarra che oramai colleghiamo a Marcus, ed è anch’esso estratto dall’ultimo disco. Mentre il successivo è un pezzo rock martellante, contenuto in Young Blood del 2022. Lie Lie Lie ci fa scatenare alla grande e c’è anche spazio ancora per le tastiere, per il basso (suonato da Eric Vogel), per la batteria (suonata da Jack Ryan) e i rispettivi assoli.

I musicisti sul palco si divertono alla grande, non c’è che dire, e durante Rice Pudding omaggiano degnamente sua maestà Jeff Beck. Drew è tutta sera che ci stupisce con la sua Black Beauty e il suo slide, ed eccolo ancora sfoderare l’ennesimo grande assolo. Ma ecco subito che anche Marcus vuole rispondere, in un tripudio di chitarre e sonorità elettriche. Grande momento questo; avete presente il finale di Free Bird? Una cosa così.

Foto a cura di Emanuele Pellegrino

Saluti finali? Assolutamente no, per fortuna. La Black Beauty resta a terra sul palco e le luci non si spengono. Buon segno. Ed ecco infatti Marcus rientrare per il bis, ancora da solo con la sua acustica Epiphone. Delilah in versione acustica è un’altra perla della serata, che non finisce assolutamente qui. Per il secondo bis, Wildflowers & Wine, c’è tutta la band, ma è il terzo bis a farci letteralmente esplodere. Ramblin’ Man è un pezzo tutto iconico, dal riff all’inizio, al ritornello da cantare a squarciagola. Un brano monumento del southern rock, che si conclude ancora con un magnifico assolo a due chitarre sul finale, con Marcus e Drew ormai caldissimi e letteralmente on fire.

1 ora e 40 minuti abbondanti di grandissimo show, per un artista e una band che ha ancora tantissimo da dire e da fare, spaziando tra i generi che più ci piacciono e fanno divertire gli appassionati della sei corde. Il Fabrique si è dimostrato un posto ottimo per ascoltare concerti e non vediamo l’ora di tornare per il prossimo concerto. Quanto a Marcus e alla sua band, è un artista assolutamente da ascoltare dal vivo, per cui vi consigliamo di non perdere l’occasione al suo prossimo passaggio in Italia. Non ve ne pentirete!

Scaletta

  1. The Well 
  2. Hero 
  3. Beautiful Stranger
  4. This Far Gone
  5. Inglewood Motel (Halestorm)
  6. Good Time Charlie’s Got The Blues
  7. 8 A.M.
  8. Are You Ready For The Country
  9. Honky Tonk Hell
  10. Save Me
  11. Mood Swings
  12. Bipolar Love
  13. Die Alone
  14. Goodbye Carolina
  15. F*ck My Life Up Again
  16. Lie Lie Lie
  17. Rice Pudding
  18. (bis) Delilah 
  19. (bis) Wildflowers & Wine
  20. (bis) Ramblin’ Man
Foto a cura di Emanuele Pellegrino

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Riccardo Yuri Carlucci