“It’s Jazz. It just doesn’t sound like it.”“È Jazz. Solo che non suona come se lo fosse”. Questo è il modo in cui Oz Noy descrive la sua musica. Il virtuoso chitarrista, di origini israeliane, ma che vive stabilmente a New York fin dalla seconda metà degli anni Novanta, è tornato in Italia in uno dei templi della musica live, il Blue Note di Milano. Noi di Planet Guitar siamo andati ad ascoltarlo, per verificare se la descrizione del suo stile musicale è precisa e, soprattutto, per farci allietare dalla sua Stratocaster.

L’Oz Noy Trio fotografato da Emanuele Pellegrino

Oz Noy Trio: il piacere di una Stratocaster suonata come si deve

Questa sera io ed Emanuele siamo ospiti dello storico locale milanese (che ringraziamo) e avremo modo di gustarci Oz e il suo trio al meglio: è previsto infatti un solo show, invece del classici due che di solito caratterizzano le serate del Blue Note. Ci aspettiamo quindi che i musicisti daranno il loro meglio fin da subito e non si risparmieranno.

Il piacere di passare una serata al Blue Note è sempre unico: fin da subito si è accolti da un’atmosfera particolare e soft, con un ambiente che prepara e accoglie lo spettatore all’ascolto di quello che verrà. Per noi non era la prima volta, ma abbiamo comunque goduto di questo peculiare effetto atmosferico. Vi assicuriamo che l’esperienza vale assolutamente la pena e vi invitiamo a controllare la programmazione del locale, sempre aggiornata e con grandi nomi in calendario, per scegliere di andare a sentire un concerto che sicuramente rimarrà nei vostri migliori ricordi. 

Come nei migliori jazz club del pianeta, inoltre, al Blue Note c’è anche la possibilità di curiosare con tutta calma tra la strumentazione dei musicisti. Subito dopo aver preso posto, infatti, ci avviciniamo al palco per prendere appunti e sbirciare tra la pedaliera e gli amplificatori che Oz userà questa sera. Una cosa è certa fin da subito: l’amplificatore sarà un Fender. Riconosciamo infatti un DeVille, affiancato da quello che sembra proprio essere un Bassman, e già siamo felici dei suoni che sentiremo. Sappiamo che Oz suona solitamente una Stratocaster, quindi l’accoppiata chitarra-amplificatore questa sera sarà un classico assoluto.

Fender Hot Rod Deville 212 IV

Fender Hot Rod Deville 212 IV

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Fender 59 Bassman LTD

Fender 59 Bassman LTD

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Fender 59 Strat Hardtail FASB NOS

Fender 59 Strat Hardtail FASB NOS

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Per quanto riguarda invece la pedaliera, notiamo tanti effetti di ottima qualità. In particolare vediamo i classici MXR Phase 90 (la versione con circuito e logo classico) e l’Octavio, un classico Ibanez Tubescreamer, ben due Boss DD-8 Digital Delay, il suo pedale fuzz signature di Vemuram (che è una modifica del modello Shanks 4K), il delay Diamond Memory Lane Jr., un DLS Effects RotoSPIN, il riverbero Free The Tone Ambi Space AS-1R, il tremolo Monster Effects Swamp Thang, il DryBell Vibe Machine e lo Xotic AC/RC-OZ Booster Overdrive, un modello signature e in edizione limitata che fonde due modelli in uno. Anche il wah ci sembra proprio del marchio californiano e dovrebbe essere l’XW-1 in edizione limitata in finitura Lake Placid Blue. Oz utilizza anche un Line6 Helix HX Effects, collegato a due pedali d’espressione.

MXR Custom Shop Phase 90 LED

MXR Custom Shop Phase 90 LED

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MXR Octavio M267 Fuzz/Octave

MXR Octavio M267 Fuzz/Octave

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Ibanez TS808

Ibanez TS808

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Boss DD-8 Digital Delay

Boss DD-8 Digital Delay

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Diamond Memory Lane Delay

Diamond Memory Lane Delay

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DryBell Vibe Machine V-3

DryBell Vibe Machine V-3

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Line6 Helix HX Effects

Line6 Helix HX Effects

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Un arsenale veramente completo e in grado di produrre una varietà incredibile di sonorità. Del resto ci aspettiamo molto dal playing di Oz, che promette una miscela di jazz, funk, rock, blues e R&B. Non va dimenticato, poi, che il chitarrista israeliano ha già calcato moltissimi palchi in tutto il mondo, suonando con artisti del calibro di Nile Rodgers, Eric Johnson, Mike Stern, Steve Lukather, Joe Perry e Bonnie Raitt, solo per citare i nomi più familiari agli appassionati della sei corde. La sua lista di collaborazioni è però veramente lunghissima e, se volete saperne di più, vi rimandiamo al suo sito ufficiale, per farvi stupire dalla sua brillante carriera.

Insomma, le buone premesse per una serata di grande musica live ci sono tutte. Altro elemento che ci fa sorridere e ben sperare è che il booking europeo di Oz è curato da Jeff Aug, che noi abbiamo avuto il piacere di sentire e conoscere al concerto di Scott Henderson di qualche mese fa. Ad elevare la qualità della serata, poi, ci saranno Brian Charette all’organo Hammond e Anton Fig alla batteria, due musicisti di livello assoluto. In particolare Anton è noto al pubblico rock anche per aver suonato in due dischi dei Kiss, Dynasty e Unmasked, e per la collaborazione con Joe Bonamassa.

Dopo esserci goduti la cena (anche la cucina del Blue Note è da promuovere) noi siamo prontissimi. Alle 20:30 precise ecco Oz scendere le scale con la sua bellissima Strat, che ci sembra in finitura Sonic Blue, con manico in palissandro e uno stupendo effetto relic. Il primo brano parte misurato e sentiamo subito il classico suono della Strat, con solo una leggera distorsione, e siamo già in paradiso. Nella parte centrale del brano Oz si scatena in scale di buon gusto, poi lascia già spazio ai suoi compagni di palco. L’ottimo Brian all’organo Hammond (modello SK-2, per chi fosse interessato) colora già alla grande i momenti in cui non è la chitarra a farla da padrone.

Il secondo brano è un classico blues in maggiore e ci piace molto il playing di Oz, esattamente quello che ti aspetteresti in questo contesto da una Strat suonata bene. La padronanza dello strumento è ovviamente massima, ma è proprio il suo feeling che ci convince. Sottolineiamo ancora la grande sessione ritmica anche in questo brano, di cui il trio riprende il tema e che, con nostro dispiacere, si avvia alla conclusione. Ottime le reazioni anche dal pubblico, prodigo di applausi in un locale che si è riempito ormai quasi interamente.

Oz prende la parola per salutare e ringraziare i tanti presenti, ricordando che è sempre un piacere suonare a Milano. Questa sera proporrà una setlist che è un po’ un suo greatest hits, almeno secondo i suoi gusti. Ora è il momento di una cover che non ha mai registrato in studio e sfida il pubblico a riconoscerla con un “see you on the other side“. Il chitarrista crea suoni molto esotici, quasi da sitar, per un’atmosfera veramente particolare e che non ci aspettavamo.

L’Hammond in questo brano fa davvero la differenza, con suoni veramente profondi e ricchi di carattere. A pieno regime il trio sprigiona una gran potenza sonora. La batteria di Anton dà ancora più colore alle scale di Oz, che si scatena nella parte più jazz di questo brano, che resta comunque molto particolare. Sentiamo anche il delay a dare ancora maggiore atmosfera a un pezzo che già ne ha moltissima. Fermandoci al puro tone con una Stratocaster, siamo davvero su altissimi livelli. A fine esecuzione Oz riprende il gioco con il suo pubblico, a cui chiede se qualcuno ha indovinato il brano: Fever, sentiamo urlare, e il chitarrista conferma.

Si prosegue con un brano estratto dall’ultimo disco, Triple Play, che è stato registrato live con una formazione completata da Dennis Chambers alla batteria e da Jimmy Haslip al basso. Boom Boo Boom è il pezzo che Oz preferisce di questa sua ultima produzione, e ce lo regala questa sera. L’amico Emanuele lo definisce come “un brano che SRV avrebbe potuto scrivere se avesse studiato jazz” e io sento di concordare. Tutti e tre i musicisti si scatenano, soprattutto Anton sul finale, per un momento molto rumoroso ma fantastico. Oz comunque non perde un colpo e rimane precisissimo nei cambi e nelle scale anche in questo caso.

La scaletta prosegue poi con un medley di qualche standard e, ancora una volta, Oz sfida gli spettatori a riconoscere i brani eseguiti. Il suo suono in questo caso è veramente clean, c’è solo po’ di riverbero a colorarlo. Resta però solo la sua chitarra a suonare per tutta la prima parte, mentre gli altri due musicisti riposano. Notiamo anche che è il pickup al ponte quello più utilizzato, con ogni tanto l’uso della leva del tremolo, per un bel momento di puro godimento chitarristico. Poi i compagni di trio rientrano in modo molto soft e trovano il loro giusto spazio. Personalmente adoro Brian all’organo, che questa sera ci sembra particolarmente ispirato. Anche del moderato e atmosferico tapping viene usato da Oz in questo lungo medley, dove notiamo anche i suoi bending sempre precisi e curati, sia in salita che in discesa.

Oz è un chitarrista che non lascia nulla al caso, molto concentrato nel suo playing e sempre con un occhio allo strumento, quasi a conferma che quello che sta suonando sia esattamente quello che voleva fare. Nell’ultima parte il trio propone un brano velocissimo e stavolta veramente in pieno stile jazz. Sembra quasi una versione de Il volo del calabrone, ma si finisce citando Third Stone From the Sun di Hendrix. Giant Steps di John Coltrane, Billie’s Bounce e Donna Lee di Charlie Parker erano tutti inclusi in questo medley ed è ancora parte del pubblico ad indovinarli. Momenti di interazione tra musicisti e pubblico come questi sono possibili solo in un locale di queste dimensioni, un altro elemento bellissimo della serata.

Outer Look purtroppo è l’ultimo brano di questa sera, e ci piace particolarmente, ma, dopo i saluti di Oz e la classica uscita di scena, il pubblico ne vuole ancora. Il bis è allora un omaggio a Grant Green, con una cover della sua Let The Music Take Your Mind. Il brano è funky e si sente subito, anche grazie al wah che Oz decide di utilizzare in grande quantità. È il pezzo più vicino alle sonorità a cui sono abituato, per questo forse è anche quello che mi colpisce di più stasera. Il meglio alla fine insomma, per un set di circa un’ora e mezza che ci è piaciuto davvero tantissimo.

Aspettiamo Oz all’uscita per un ringraziamento e per strappargli un saluto per i nostri canali social e il chitarrista, timido ma estremamente gentile, ce lo concede senza problemi (e si ricorda addirittura di noi, fantastico!). 

Quindi era Jazz oppure no? Forse sì, forse no. Se volete rispondere da soli a questa domanda vi consigliamo assolutamente di non perdere questo chitarrista al suo prossimo passaggio in Italia. Sentire la Stratocaster suonata con un grande tone e un super punch è sempre un gran piacere e Oz la sa suonare in modo magistrale. 

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Riccardo Yuri Carlucci
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