In attesa del possibile ritorno di Paul McCartney in Italia con il suo Got Back Tour, Planet Guitar non ha saputo aspettare. Siamo andati a sentire Macca a Madrid, per la seconda delle due date previste nella capitale spagnola. Il concerto è stata una vera carrellata di hit e di emozioni, con un McCartney in forma e che ha regalato uno show incredibile. Vi raccontiamo tutta la nostra giornata.

Foto di Emanuele Pellegrino

Storie dalla coda

Io ed Emanuele siamo arrivati apposta la sera prima a Madrid e siamo al WiZink Center già alle 9 del mattino. Una follia? Forse. Intanto siamo il numero 5 e 6 della coda e facciamo amicizia. Su suggerimento del nostro amico Alessandro, ci mettiamo in coda sul retro del WiZink Center. Tutti gli altri fanno la coda dall’ingresso principale e noi speriamo che questo ci agevolerà all’entrata.

Le persone in coda, che mano a mano ci raggiungono durante la giornata, compongono un mosaico veramente multietnico. Argentini, portoghesi, spagnoli, maltesi, italiani, cileni, inglesi… La forza di Paul McCartney e dei Beatles non conosce barriere ed è forse la miglior rappresentazione del senso di comunità che solo la musica può creare. Incontriamo chi ha visto Paul moltissime volte (come Simone e Mauro di Milano), chi è al secondo concerto (perché magari lo ha già visto ieri) o chi, come noi, è solo al primo ed è in trepidante attesa.

Per passare il tempo si parla e si valutano altri concerti (chi ha suonato meglio dove e quando? Quale sarà il prossimo a cui andremo?) e ci si schiera per capire se la teoria PID sia vera o no. Si attende e si spera, cercando di carpire informazioni preziose dalla crew di Paul, che arriva alla spicciolata al WiZink Center.

La giornata alla fine passa più velocemente del previsto e le porte aprono alle 19:15. Un rapido check all’ingresso e ci fiondiamo sotto il palco, appena dietro a chi è entrato prima di noi grazie al VIP pass. Noi alla fine siamo in terza fila e va benissimo così.

Il pre-show e la cronistoria di Paul McCartney

Sul palco vediamo già gli amplificatori: Vox, Mesa Boogie, Marshall, Ashdown e Divided by 13 sono i marchi presenti, con l’ultimo che si occuperà dell’amplificazione delle chitarre di questa sera.

Vox AC30H

Vox AC30H

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Mesa Boogie Subway Ultra-Lite 2x15

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Marshall Origin 412 B Cabinet

Marshall Origin 412 B Cabinet

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Chi ha sentito il soundcheck (dalla zona del pit B) ci parla di un Paul molto in forma, che ha fatto ben 10 canzoni e ha chiuso con Lady Madonna. Considerando che solitamente nel soundcheck l’ex Beatle suona anche brani che poi non farà nella setlist della serata, probabilmente chi ha partecipato ha ascoltato qualche perla in più rispetto a quanto sentiremo noi.

Alle 20 parte una mezz’ora di dj set con brani dei Beatles e di Paul remixati. Buono per fare passare il tempo e fare cantare il pubblico, che su Help è già scatenato.

Al termine, inizia uno show sui maxischermi. L’installazione è una cronistoria a immagini della vita di Paul. Le foto sono inserite nelle finestre di un palazzo in pieno stile UK. Una distrazione, certo, mentre la crew finisce di montare il palco, ma ci sembra veramente ben fatta. Si parte con il giovane Paul, si arriva poi ai Beatles in tutte le loro incarnazioni. Le foto, che prendono colore con il passare degli anni, si armonizzano con lo stile architettonico del palazzo in cui sono inserite, che anch’esso si evolve a seconda dei periodi.

Tutti i Beatles sono ricordati, dai primi inizi a Let It Be. Poi arriva il periodo Wings, quello solista e le grandi collaborazioni. Sono tutte le epoche di una leggenda, ed è proprio quello che ci aspettiamo per il concerto di stasera. Una carrellata scorre sui maxischermi e con la musica ci accompagna verso l’arrivo di Paul. Il finale della grafica è sempre con i Beatles, nello spazio, e con il Paul recente del Got Back Tour. Il tutto culmina con il basso di Paul e con The End… Ci siamo, si comincia.

Il concerto: Macca scatenato

Alle 21 precisissime la band sale sul palco e il concerto inizia proprio con l’accordo che apre ogni video di Planet Guitar: quello di A Hard Day’s Night. Oltre a Paul, accompagnato dal suo iconico basso Höfner, sono in cinque sul palco: Rusty Anderson e Brian Ray alle due chitarre, Paul “Wix” Wickens alle tastiere e Abe Laboriel Jr. alla batteria. Le prime chitarre che sentiamo nel classico dei Beatles sono una Fender Telecaster in finitura Green per Rusty e una Gibson SG Custom Black per Brian.

Paul con il suo iconico basso Höfner – Foto di Emanuele Pellegrino
Höfner Ignition SE

Höfner Ignition SE

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Höfner H500/1 Artist Violin Bass

Höfner H500/1 Artist Violin Bass

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Höfner Violin Roof Top Bass 69

Höfner Violin Roof Top Bass 69

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Fender AM Perf Tele HUM RW SFG

Fender AM Perf Tele HUM RW SFG

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Gibson SG Custom EB GH

Gibson SG Custom EB GH

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Junior’s Farm è il primo pezzo degli Wings che sentiamo stasera, prima del saluto ufficiale di Paul. “Hola España. Buenas noches Madrid”. Per Letting Go, nelle mani di Brian appare la prima Les Paul, una flamed top e le sonorità rock iniziano a salire. Mentre la sezione di fiati si sposta tra gli spalti, attirando gli sguardi del pubblico, noi capiamo il perché della scelta del marchio Divided by 13 per amplificare le chitarre: sentiamo due begli assoli rock veri e autentici.

“Estoy muy feliz de estar aqui de nuevo. Esta noche voy hablar un pelin de español. But most in English.” Un riff minimale ma ispiratissimo apre Drive My Car e il suono è proprio quello che ci ricordiamo dai tempi di Rubber Soul. Su un pezzo che ha 59 anni e presenta un assolo minimale ma efficace, Paul ondeggia sul suo Höfner come un ragazzino. “I gotta a feeling we gonna have a good time here tonight”, commenta a fine brano.

La conferma del fatto che tutto stia andando per il verso giusto è Got to Get You Into My Life. Mentre passano le immagini dei Beatles sullo sfondo, Paul canta ancora alla grande e suona tantissime linee sul suo Höfner. Le chitarre intanto sono cambiate ancora: una Gretsch per Brian e una Gibson ES-330 per Rusty. Per Come On to Me la chitarra di Brian diventa addirittura un Jerry Jones Electric Master Sitar (molto simile a quello prodotto da Danelectro), mentre sentiamo il basso altissimo e non ci dispiace affatto.

Gibson ES-330 Antique Natural

Gibson ES-330 Antique Natural

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Danelectro Sitar Red Crackle

Danelectro Sitar Red Crackle

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Ora anche Paul imbraccia una chitarra: una stupenda Les Paul mancina con una finitura fatta di omini multicolore. Per diventare chitarrista manca solo un passaggio: Paul si toglie la giacca (con cui poi mima un toreador), tira su le maniche della camicia ed è pronto. Brian si trasforma anche in bassista ed è quindi proprio Paul la lead per questo pezzo. Let Me Roll It degli Wings ci fa sentire quindi un riff e un assolo di Macca, ma non è finita qui. A fine pezzo ecco anche un omaggio a Foxy Lady! Una quasi jam di un paio di minuti (“a tribute to the late great Jimi Hendrix) che ci coglie di sorpresa per qualità e intenzione.

Getting Better è un pezzone estratto da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, forse l’album più famoso dei Fab Four. Con quell’accordo minimale di chitarra all’inizio e alla fine è ancora entusiasmante. Ogni brano ha ovviamente il suo corredo video su leadwall e maxischermi. In questo caso, l’intero Regno Unito si riempie di fiori, in un’atmosfera tipicamente anni Sessanta.

Let ‘Em In è il primo pezzo che vede Paul al piano per un altro bellissimo brano marcato Wings. Continua quindi il ping pong tra le due maggiori band della carriera di Paul. Rimanendo al piano dedica una canzone alla moglie Nancy Shevell, presente stasera: My Valentine. Johnny Deep e Natalie Portman, nel videoclip del brano, recitano il testo in lingua dei segni, mentre nelle mani di Rusty compare la prima chitarra classica.

Per Nineteen Hundred and Eighty-Five cambiano ancora le chitarre, e notiamo che Rusty sfoggia ora una ES-335 in finitura Natural e con top fiammato. Lo show è di un livello musicale elevatissimo: 4 musicisti cantano e armonizzano, solo Wix non fornisce apporto vocale. Anche le luci offrono uno spettacolo di altissimo livello: in questo brano, ad esempio, dei laser verdi creano trame sul palco e nell’arena. Il pubblico è caldissimo e Paul decide quindi di improvvisare seguendo gli olè olè della folla. Questa piccola jam conferma la chimica assoluta della band.

Maybe I’m Amazed inizia con solo piano e voce, ed è una staffilata. Con le foto seppiate di Paul sullo sfondo, questo pezzo incredibile propone ancora armonie vocali bellissime. Paul canta, suona, urla, si scatena, si diverte. È una leggenda vivente e ce lo sta confermando brano dopo brano.

Un grande ritorno al passato

Ora Paul lascia il suo piano e imbraccia una chitarra acustica Martin. “Are you having a good time?” chiede a tutta l’arena, prima di I’ve Just Seen a Face. In questo momento il palco si riduce e inizia un viaggio nel passato. È tempo di tornare indietro, a quattro ragazzi di Liverpool che volevano fare una canzone… “La primera canción de Los Beatles”: In Spite of All the Danger in realtà è dei Quarryman, ma è già nell’essenza tutto quello che poi saranno i Fab Four. Fisarmonica, batteria minimale e basso Epiphone, con un assolo di acustica di Paul che fa anche cantare il coretto al pubblico.

Come prosegue quella storia? Ad Abbey Road, ovviamente, dove i quattro hanno registrato il primo album con George Martin. Love Me Do è proprio il primo pezzo registrato lì, nel 1962, e basta un armonica a bocca per riportarci a quei tempi. Per Dance Tonight è invece un mandolino quello che suona Paul, mentre il batterista, inoperoso in questo brano, balla davvero sul palco.

Il set con il palco ridotto – Foto di Emanuele Pellegrino

La band esce di scena e Paul rimane con la sua Martin, da solo. Questo può voler dire solo una cosa: Blackbird. Macca si sposta sulla parte anteriore del palco, che si alza lentamente fino a dominare l’arena. Un momento magico e pura essenza di tutto quello che è McCartney per la storia della musica del Novecento.

Macca però non era da solo a comporre per i Beatles. Here Today è la sentita dedica al suo grande amico John Lennon, con ovazione del pubblico scontata. Un “I love you” sussurrato è un pugno nello stomaco. Uno dei momenti più toccanti finora: il palco a fine brano torna nella posizione originaria e noi capiamo che questo frangente topico si è concluso.

Macca suona Blackbird – Foto di Emanuele Pellegrino

La storia dei Beatles ha avuto un inizio e una fine, anche se l’ultimo episodio è solo di poco più di un anno fa. Now And Then, l’ultima canzone dei Fab Four, è eseguita da Macca con tutta la band e prosegue l’omaggio ai Beatles, con immagini di repertorio che scorrono sui leadwall e parti del videoclip ufficiale. Questa interpretazione dal vivo è davvero grandiosa. Paul, che suona su un piano più piccolo a centro palco, si prende gli applausi appoggiandosi alla parte superiore di esso. “Gracias and thank you John for that beautiful song”.

Lady Madonna come la spieghi, se non come l’ennesimo pezzo geniale dei Beatles? Questa volta sono i fiati sugli scudi, con un grande assolo di sax, per un brano tutto dedicato alle donne, con immagini solo per loro.

Paul con la sua Martin – Foto di Emanuele Pellegrino

Il Re di Madrid

Via il piano, torna il basso Höfner e una Stratocaster Sparkle Green con i P90 bianchi per Rusty, mentre Brian riprende la SG Custom. Torniamo quindi in territorio rock vero e proprio con Jet degli Wings. Macca, in doppio petto e camicia bianca, è Re di Madrid per la seconda notte di fila e tutta l’arena è composta dai suoi sudditi adulanti.

Being for the Benefit of Mr. Kite! è il pezzo circense dei Beatles, estratto ancora da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Luci a laser arcobaleno e grafiche a tema ci portano in quel mondo psichedelico, con un’esecuzione incredibile di un pezzo tra i più particolari dei quattro di Liverpool. Stavolta la 335 Natural di Rusty diventa addirittura a 12 corde.

Paul imbraccia quindi un ukulele: Something è dedicata al suo amico George, che gli ha regalato proprio quello strumento, e la prima parte del brano è lasciata tutta a Paul. La band entra sul ritornello e si passa all’elettrico, con assolo molto fedele a quello di Harrison. Tutta l’arena canta questa cover bellissima di in un brano scritto dal “Beatle tranquillo“.

Macca con la Les Paul – Foto di Emanuele Pellegrino

Ob-La-Di, Ob-La-Da è un inno, che Paul lascia cantare al pubblico (noi finiamo sul maxischermo e siamo felici), mentre Band on the Run è un mastodontico pezzo in tre parti, titletrack del disco degli Wings del 1973. Storia del pop e del rock, fin dalla prima nota, questo è in assoluto uno dei miei brani preferiti.

Get Back segue a ruota e il leadwall proietta immagini della meravigliosa docu-serie di Peter Jackson del 2021. Tuttavia, è il pezzo a catturare tutta la nostra attenzione: la band è immensa e la brillantezza di Paul è magnetica e accentrante.

Ora Paul torna al piano per un altro trittico di brani incredibili. Let It Be è la preghiera laica dei Beatles e funziona oggi come allora. L’assolo è anche in questo caso fedele all’originale e ci riporta al 1970. Definire esplosiva Live and Let Die sarebbe invece riduttivo. Lingue di fuoco, scoppi priotecnici e tanto altro sul palco la trasformano quasi in brano degno di uno show dei Kiss. Solo Paul può interpretare così questo pezzo, unico. In chiusura del trittico arriva un altro inno, Hey Jude. Paul governa la folla nella parte finale: prima cantano gli uomini, poi le donne, poi tutti assieme. Un coro magnifico per Jude. “Na na na nananana, nananana, Hey Jude” la cantiamo chissà quante volte tutti assieme.

Questo è il brano che chiude la prima parte del concerto. La band scende dal palco, ma la folla è troppo calda per andare via.

L’infuocata Live and Let Die – Foto di Emanuele Pellegrino

Bis e saluti finali

Eccoli infatti rientrare, con tanto di bandiere di Spagna, UK e LGBT+. “Quieren más?”. Decisamente sì. I’ve Got a Feeling, altro pezzone dell’album Let It Be, è il primo bis, cantato da Paul in un ideale duetto con Lennon e con la performance del rooftop concert del 30 gennaio 1969. La Les Paul mancina è la compagna ideale per il momento blues rock sul finale.

Il duetto ideale con John Lennon – Foto di Emanuele Pellegrino

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise) potrebbe essere la chiusura perfetta dello show. La famosa copertina, che ha fatto la storia della musica e dell’arte popolare, è interamente animata sul retro. C’è in realtà ancora spazio per qualcosa di forte: Helter Skelter è hard rock duro e puro e Paul ha ancora energia per regalarcela.

Per il gran finale, Paul torna ancora al piano. La scaletta segue la tracklist che chiude anche l’album Abbey Road. Si parte con Golden Slumbers, poi Macca ringrazia tutti i tecnici di palco, dei suoni, della produzione e presenta la grandiosa band. Poi c’è Carry That Weight, che propone un finale carichissimo con ben tre chitarre elettriche sul palco. Infine, The End chiude uno show spettacolare e si riallaccia idealmente alle prime note che abbiamo ascoltato questa sera.

Dopo ben 2 ore e 40 minuti, con solo una breve pausa prima dei bis, Paul saluta tutti con un arrivederci. Il concerto è stato pazzesco e vi garantiamo che l’adrenalina ci rimarrà in corpo per i prossimi giorni. Macca è ormai in uno status talmente leggendario che si commenta da solo. Avrebbe potuto fare un compitino, con un concerto molto più stringato, e invece non si è per nulla risparmiato e ha regalato una serata indimenticabile per tutti i presenti. Noi lo aspettiamo in ogni caso in Italia per il bis!

Vi lasciamo anche il commento al concerto del nostro amico Simone, fan di lunga data del grande Paul:

Non c’è niente da fare, è l’ultimo gigante, il compositore e musicista più completo ed eclettico di tutti i tempi, un miracolo della natura che ti spinge a credere in Dio anche se pensi di essere ateo. Ti accompagna instancabile in un viaggio incredibile: i Beatles, i Wings e tutto ciò che è venuto dopo, e mentre lo ascolti ti vengono in mente pezzetti di storia e della tua vita personale a cui di volta in volta le canzoni sono legate. È una sorta di rito, una celebrazione, ma non soltanto del passato: le canzoni di Paul, anche quelle di 60 anni fa, sono ancora vive… Ci raccontano cosa eravamo, ma anche cosa siamo oggi e perché lo siamo. Quello che non riesci a spiegare (ma non ti interessa saperlo) è come sia possibile che tante passioni nascano e finiscano, mentre quella per la sua musica no, resta sempre uguale e forse addirittura cresce e si alimenta col passare degli anni. È come una eterna terapia che regala felicità. La cerchi, ne hai bisogno, non puoi farne a meno, se la metti da parte per qualche giorno ne senti la mancanza. E quando la ritrovi ti senti felice e una persona migliore.

Il saluto finale della band – Foto di Emanuele Pellegrino

Scaletta

  • A Hard Day’s Night
  • Junior’s Farm
  • Letting Go
  • Drive My Car
  • Got to Get You Into My Life
  • Come On to Me
  • Let Me Roll It
  • Getting Better
  • Let ‘Em In
  • My Valentine
  • Nineteen Hundred and Eighty-Five
  • Maybe I’m Amazed
  • I’ve Just Seen a Face
  • In Spite of All the Danger
  • Love Me Do
  • Dance Tonight
  • Blackbird
  • Here Today
  • Now and Then
  • Lady Madonna
  • Jet
  • Being for the Benefit of Mr. Kite!
  • Something
  • Ob-La-Di, Ob-La-Da
  • Band on the Run
  • Get Back
  • Let It Be
  • Live and Let Die
  • Hey Jude
  • (bis) I’ve Got a Feeling
  • (bis) Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise)
  • (bis) Helter Skelter
  • (bis) Golden Slumbers
  • (bis) Carry That Weight
  • (bis) The End

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