Montreux, incastonata sulle sponde del lago Lemano in Svizzera, è una città che cattura l’immaginazione con la sua bellezza mozzafiato e il suo leggendario fascino. Il celebre Jazz Festival che rivive ogni anno dal 1967, ha visto come protagonisti Miles Davis, Deep Purple, Santana, James Brown, Stevie Ray Vaughan, Al Di Meola, Marvin Gaye, Eric Clapton, Joe Cocker e moltissimi altri. Un fine settimana trascorso qui è un’esperienza indimenticabile, un viaggio attraverso la storia della musica e le emozioni di una delle icone più grandi di tutti i tempi: Freddie Mercury.
Era da tempo che desideravo visitare Montreux. Come il 99% dei chitarristi ho approcciato il rock imparando, sotto la guida di mio padre, il riff di Smoke On The Water. “We all came out to Montreux on the Lake Geneva shoreline” cantava Ian Gillan e da lì in poi il nome di questa città è stato una costante nel mio viaggio musicale.
Non potevo più aspettare.
“Andiamo a Montreux” ho detto a mia moglie e mia figlia e in men che non si dica eravamo seduti in auto, pronti a partire.
Guidare lungo il lago Lemano è un’esperienza sensoriale fantastica. Il sole che si riflette sulle acque tranquille, le montagne che si ergono maestose sullo sfondo, creano un’atmosfera di pace e serenità. È come se il tempo si dilatasse, permettendo di assaporare ogni istante di questo viaggio attraverso la natura e la storia. Se tutti i grandi protagonisti del Jazz Festival sono stati di passaggio, c’è un’icona della musica che ha scelto Montreux come sua seconda casa: Freddie Mercury.
Appena entrati in città si apre sul lago la Piazza del Mercato, dove si erge la statua commemorativa del grande Freddie, un monumento in bronzo di tre metri d’altezza inaugurato nel 1996.
Montreux è stata la dimora del cantante dei Queen per molti anni e i suoi luoghi raccontano ancora la sua storia. Il 12 di Avenue Grand-Bay, dove il cantante ha vissuto, è un punto di pellegrinaggio per i fan di tutto il mondo. “The Duck House”, come la chiamava lui. La vista dalla casa, che appare sulla copertina di Made In Heaven, ispirò molte canzoni, fra le quali proprio l’ultimissima A Winter’s Tale.
“It’s all so beautiful
Like a landscape painting in the sky
Mountains are zoomin’ higher
Little girls scream an’ cry
My world is spinnin’, and spinnin’, and spinnin’
It’s unbelievable
Sends me reeling
Am I dreaming?”
Qui, si possono davvero percepire le vibrazioni della creatività e della passione che permeavano la vita di Mercury. Passeggiare per le vie di Montreux, per il suo incantevole lungo lago, è come entrare in un mondo incantato. La vitalità e l’estro della città fanno da contrappunto alla quiete e ad un ordine che pare immutevole. È facile comprendere perché questa città abbia ispirato così profondamente il grande musicista.
Una tappa imprescindibile è la visita ai Mountain Studios, il santuario della musica dove i Queen hanno registrato alcune delle loro canzoni più celebri. Gli studi di registrazione sono stati costruiti all’interno del Casinò dopo un incendio divampato nel 1971 durante un concerto. Quale concerto? La risposta è ancora nelle parole di Ian Gillan “Frank Zappa and the Mothers were at the best place around, but some stupid with a flare gun burned the place to the ground”.
L’amore fra i Queen e Montreux scoppiò nel 1978 quando la band scelse i Mountain Studios per le registrazioni dell’album Jazz. La placida cittadina svizzera offriva una tregua, lontana dal clamore dei tabloid britannici e permetteva di scrivere e registrare in un contesto di totale serenità. L’anno dopo decisero di acquistare gli studi. “La prima volta che li incontrai” racconta David Richards, storico produttore e fonico dei Mountain Studios “fu quando vennero qui per realizzare l’album Jazz. Il nostro fu un incontro molto breve, ma quando decisero di comprare gli studios mi trovai improvvisamente con dei nuovi datori di lavoro: i Queen”.
La band ha registrato un totale di sette album ai Mountain Studios, compreso il loro ultimo Made In Heaven che Freddie non riuscì mai ad ascoltare nella sua versione finale. Il cuore della sala di regia è sempre stato un banco Neve 8048, uno dei migliori mixer mai costruiti. Oggi se ne trova una fedele rappresentazione in scala reale. È possibile interagirvi alzando ed abbassando i fader dei vari strumenti in tempo reale, mentre si ascoltano alcune canzoni dei Queen. Le sale adiacenti sono arricchite da numerose teche contenenti costumi, testi originali scritti a mano, dischi, strumenti musicali e altri memorabilia originali appartenuti alla band.
Vox AmPlug2 Brian May
Fra tutti brani che hanno preso vita qui, il più affascinante secondo me rimane Under Pressure.
Una notte, mentre i Queen stavano lavorando negli studi, Claude Nobs (il fondatore del Montreux Jazz Festival) era a cena con David Bowie in un ristorante della città. Durante la serata Claude suggerì di andare a trovare i Queen ai Mountain Studios. Ne seguì una sessione di registrazione a notte fonda, sulle note del celebre giro di basso sfornato per l’occasione da John Deacon.
“E’ una delle migliori cose che i Queen abbiano mai creato.” ha detto Roger Taylor “Ed è successo in modo così casuale quando David venne a farci visita presso i nostri studi a Montreux”.
“Non pensavamo che avremmo potuto lavorare con qualsiasi altro musicista” ha ricordato Freddie Mercury “perchè abbiamo un bel temperamento, siamo molto esigenti e quindi lavorare con Bowie, che lo è quanto noi, è stata una rivelazione. Si creò una specie di elettricità, una combinazione unica”.
Appena usciti dal casinò ci si imbatte in una via che costeggia la parte sinistra della struttura. È impossibile non notare le migliaia di scritte che riempiono ogni centimetro dei muri. Messaggi d’amore, disegni, poesie di migliaia di fan che sono passati da qui e hanno voluto manifestare concretamente la loro passione e contribuire a mantenere in vita il ricordo di un artista unico ed ineguagliabile.
Alla fine del viaggio, quando ci si perde nel magnifico tramonto sul lago, il pensiero vola a quel 10 Novembre 1991, quando gli occhi di Freddie Mercury videro per l’ultima volta lo stesso tramonto. Cosa albergava nel suo cuore in quel momento? Forse c’era nostalgia per la città che ha amato e che ha influenzato così profondamente la sua musica. Forse c’era una consapevolezza silenziosa del suo destino imminente, ma anche una gratitudine per i momenti trascorsi in quel luogo magico che ha chiamato casa per anni. Montreux è stata più di una semplice città per Freddie Mercury. Era il rifugio che gli ha dato la libertà di essere se stesso, fino all’ultimo saluto prima di partire per Londra e affrontare il suo destino.
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