Non sono le storie semplici, le coppie facili e gli incontri fra le star avvenuti meramente per scopi commerciali a dar linfa a questa rubrica di Planet Guitar. Rimaniamo affascinati soprattutto dagli incroci casuali, oppure inaspettati ma fortemente voluti, da cui si sviluppa l’arte. Quando nascono momenti memorabili, quando scatta la scintilla tra due grandi musicisti/chitarristi, quella è materia per la serie “Crossroads”. E le vicende di Randy Bachman e Peter Frampton meritano un approfondimento. Amici dagli inizi di carriera e poi in viaggio su strade parallele, i “nostri eroi” si ricollegano in un tour speciale e proseguono la collaborazione in studio. Potere della musica e dell’ispirazione che mai abbandona gli artisti appassionati, totalmente dediti a trasformare ogni impulso proveniente dal cuore in magiche note, senza le quali non potremmo vivere.

© WENN Rights Ltd / UPI Alamy Foto Stock

Dai mitici anni Settanta al Frampton’s Guitar Circus del 2014

Due chitarristi umili e devoti alla musica che più amano

Condividi le tue conoscenze, Combatti i tuoi valori, Esprimi la tua passione. Se dovessimo trovare una tavola dei comandamenti che ben rappresenti la vita e la carriera di Randy Bachman e Peter Frampton, questi sarebbero i loro principi, coltivati fin dagli inizi della loro amicizia e storia artistica. Dopo aver ben seminato nei fragorosi anni Sessanta e aver cominciato finalmente a raccoglierne i frutti con i primi grandi riscontri commerciali nel decennio successivo, i due chitarristi si trovano ad un bivio: cedere alle tentazioni della Disco Music, diventata mainstream con l’avanzare dei Settanta o trovare il modo di reinventarsi.

“Nel nostro periodo migliore è arrivata la Disco e tutti i gruppi con cui ero amico e andavo in tournée, come i Doobie Brothers, l’Allman Brothers Band, Peter Frampton, gli ZZ Top e gli Aerosmith, all’improvviso non riuscivano più a ottenere concerti. Abbiamo dovuto fare squadra e abbiamo iniziato a suonare tutti insieme e poi, visto che avevamo dei successi, abbiamo fatto da headliner e invitato una band ad aprire.”

Estratto da intervista su classicrockhereandnow.com, 2014

Se vogliamo dirla tutta, Randy e Peter non solo, ritornando alla loro tavola dei comandamenti, condividono le conoscenze, la loro arte, ma anche il dolore, la tristezza di un declino che in poco tempo colpisce pure la Musica Disco per far spazio ai famigerati anni Ottanta. Ma, come spesso capita nel mondo delle sette note, la perseveranza e la determinazione permettono ai grandi artisti di ritrovare il proprio spazio nello show business. Così l’estroso britannico, famoso per uno degli album live più venduti al mondo, e l’istrionico canadese, creatore di fenomenali hit evergreen, riescono a superare la tempesta e le rivoluzioni delle ultime decadi del ventesimo secolo e raggiungono il ventunesimo in grande forma.

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Il “Circus” all’Hollywood Bowl e l’antefatto: una chicca imperdibile alla Musicians Hall of Fame

Il 2014 celebra la loro prima grande reunion. Bachman trova il tempo, nel mezzo di due tour trionfali, con date anche insieme a Fred Turner, di suonare per il Frampton’s Guitar Circus a Los Angeles. il 27 agosto è un giorno epocale con l’autore di Show Me the Way che si esibisce insieme a Buddy Guy per una folgorante versione di While My Guitar Gently Weeps non prima di essersi cimentato con Randy nel classico dei Bachman Turner Overdrive Takin’ Care of Business. Un tripudio di chitarre che ha vissuto un antefatto nella meravigliosa La Grange, “performata” a fine gennaio di quello stesso anno durante la cerimonia di induzione alla Musicians Hall of Fame. Quel giorno memorabile sfilano il “festeggiato” Will Lee, Kenny Wayne Shepherd e, ovviamente, Billy Gibbons, ai quali si aggiungono Frampton e Bachman. Ecco dove è scoccata nuovamente la scintilla!

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La potenza della condivisione in musica: Heavy Blues

La potenza della condivisione in musica: Heavy Blues

Come ben sa chi è innamorato della “musica del diavolo”, le vie del blues sono infinite. Nell’aprile 2015 esce, a firma Randy Bachman, Heavy Blues. Il disco della rinascita per l’ex Guess Who, che torna alle radici con un power trio, insieme a Anna Ruddick e Dale Anne Brendon, una bassista e una batterista che suonano come John Entwistle e Keith Moon. Improvvisamente Randy si trova a ricoprire il ruolo di Pete Townshend negli Who, o di Eric Clapton nei Cream, reinventandosi scrivendo canzoni che pescano l’ispirazione dal British Blues in stile fine anni Sessanta. Gli artisti ospiti sono da capogiro: si va da Neil Young e Billy Gibbons alle “nuove leve” Scott Holiday, Joe Bonamassa e Robert Randolph. Tuttavia Bachman non ha dubbi quando deve scegliere lo special guest per la title track, ovvero la canzone simbolo del progetto.

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Felice come un gatto che gioca, Randy si gode il “solo” blues di Peter Frampton in un brano esplosivo, che dimostra quanto i due siano in sintonia. Una collaborazione fresca, una macchina musicale con gli ingranaggi ben oliati per un viaggio a tutto gas verso la modernità del genere, tenendo a vista nello specchietto retrovisore lo scenario dei vecchi tempi. Quante influenze in comune!

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Un’affinità elettiva fortissima

Intitolato semplicemente Bachman, il film è un documentario di alcuni anni fa sulla vita e la carriera di Randy e vede la partecipazione, fra gli altri, di Neil Young, di Alex Lifeson dei Rush e del vecchio amico e compagno di viaggi Fred Turner. Poteva forse mancare il “fratello” Peter Frampton?

La domanda retorica apre alle passioni musicali comuni, che dai maestri del blues di Chicago, porta alla triade Clapton, Beck e Page, senza dimenticare Jimi Hendrix e l’amatissimo George Harrison, al quale abbiamo dedicato le precedenti puntate di “Crossroads” 

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Nel 2018 Bachman dedica all’ex beatle un intero album tributo, dimostrazione dell’immensa stima provata nei suoi confronti. Un altro fiore all’occhiello dello straordinario chitarrista canadese, un altro tassello di una carriera memorabile. Ripercorriamo ora alcune delle tappe importanti di un musicista, songwriter e virtuoso fin troppo sottovalutato, specialmente in Italia. Scopriremo tante canzoni famose di cui sappiamo e magari abbiamo canticchiato più volte il ritornello senza conoscerne l’interprete ed autore.

Con i Bachman-Turner Overdrive, circa 1973 – © Pictorial Press Ltd / Alamy Stock Photo

Dai successi con i Guess Who ai BTO, con quel capolavoro di nome Not Fragile

Gli inizi nello showbiz e le diatribe con il “socio” Burton Cummings

Randy Bachman nasce a Winnipeg il 27 settembre 1943 da genitori di origini tedesche e ucraine. La famiglia vive immersa nella musica e non è quindi un caso che il piccolo già a tre anni vinca un concorso di canto e a cinque si cimenti con il violino. Pur non sapendo leggere lo spartito, il giovane Randy, divenuto adolescente, riesce a migliorare le sue doti sempre più, arrivando a suonare qualsiasi cosa dopo averla ascoltata una sola volta. Tra i quindici e sedici anni il giovanotto canadese intuisce quale sarà la sua strada: ad indicargliela sono i suoi idoli Elvis Presley, Chet Atkins e Les Paul. Ora è la chitarra il suo strumento principale e fonda la sua prima band, i Silvertones, le cui successive incarnazioni portano ai Guess Who (1965).

These Eyes, ma soprattutto American Woman (1970), che molti ricorderanno per la versione di Lenny Kravitz, sono le hit internazionali del gruppo, che a Randy comincia a stare stretto, nonostante abbia raggiunto il picco della celebrità, soprattutto per i dissapori con l’altro leader Burton Cummings. La lunghezza delle tournée, la religione, la guerra in Vietnam, la politica in generale e alcuni problemi di salute sono le ragioni che spingono Bachman a nuove avventure. E il tempo gli darà ragione.

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“Non avete ancora visto niente”: cronistoria di un bestseller

Antefatto

Nel 1974, i Bachman-Turner Overdrive sono una delle più grandi band del mondo con classici come Takin’ Care of Business e You Ain’t Seen Nothing Yet. Ma che è accaduto realmente tra l’addio ai Guess Who e questo scenario di successo costruitosi in pochi anni?

Un album strumentale da solista, l’avventura con i Brave Belt e i primi due dischi a nome Bachman-Turner Overdrive sono il nuovo trampolino di lancio per la seconda fase artistica di Randy, che insieme al bassista e vocalist Fred Turner e ai fratelli Robbie e Tim raggiunge il successo con Takin’ Care of Business. L’era BTO raggiunge l’apice un anno dopo, con l’arrivo in formazione del virtuoso della sei corde Blair Thornton (e la conseguente dipartita di Tim), l’uscita di Not Fragile e la pubblicazione di un singolo che definire evergreen è un eufemismo.

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Un successo anche oltreoceano per un brano nato per caso

Prima piazza di Billboard e seconda nel Regno Unito per una splendida canzone, melodica e divertente, di quelle che fanno venir voglia di cantare a squarciagola. E pensare che non avrebbe nemmeno dovuta essere inserita nel disco, non fosse per la lungimiranza di Charlie Fach, un manager della casa discografica, la Mercury Records. Nato come sfottò nei confronti del balbuziente fratello Gary e improvvisato musicalmente alla bell’e meglio dal resto della band, il coro “B-b-b-baby, you just ain’t seen n-n-nothing yet” è diventato un mito, canticchiato e urlato da milioni di persone. 

Not Fragile è comunque una pietra miliare a partire dalla title song, dura, ruspante e in palese antitesi alla corrente prog che stava spiccando il volo.

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L’inizio della carriera solista, gli Ironhorse e il ritorno alle radici 

Uno dei pochi artisti leggendari ad aver raggiunto il numero 1 nelle charts in due band distinte, Randy Bachman prosegue la sua allergia a vivere la vita da membro/leader di un gruppo abbandonando pure i BTO. Sul finire dei Settanta firma una sgargiante Sweet Lui-Louise con gli Ironhorse, il nuovo sodalizio rock formato insieme a Tom Sparks, e comincia una serie di reunion con le vecchie band, alternate ad alcuni album solisti, che vanno avanti per i decenni a seguire. 

Il nuovo secolo lo ritrova ispirato: conduce per lungo tempo un popolare programma radiofonico canadese chiamato Vinyl Tap, sulla CBC Radio One, e nel 2005 partecipa al Live 8 di Bob Geldof.

Le figure di Burton Cummings e Fred Turner sono presenti anche nei progetti di fine decade, mostrando il lato particolare di Bachman, incapace di chiudere con il passato nonostante il profondo desiderio di autonomia e libertà artistica. E arriviamo così al 2015, al nuovo “turning point” dell’autore di Let It Ride, il già menzionato Heavy Blues, per poi toccare un’altra vetta nel 2018 con il tributo a Harrison. 

Siamo alla fine delle giostre? Giammai! Dopo una serie incredibile di vicissitudini personali affrontate prima, durante e in seguito alla pandemia, si sta svolgendo, e andrà avanti per tutto il 2024, il tour dell’ennesima reunion dei BTO. Diavolo di un Randy!

Le chitarre di Randy e l’incredibile storia di una delle sue preferite e più importanti

“Toglietemi tutto, ma non la mia chitarra”.

Parafrasando uno slogan memorabile di ormai una quindicina di anni fa, entriamo nello speciale mondo a sei corde di Bachman e analizziamo alcune delle sue chitarre più iconiche. Passione e collezione vanno a braccetto, prendendo in considerazione l’equipaggiamento dell’artista canadese!

Viene un tuffo al cuore pensando all’acustica Harmony H1215 del 1957, con finitura sunburst bicolore, la sua prima chitarra in assoluto. 

Impossibile poi non ricordare la Gibson Les Paul Standard del 1959 con finitura sunburst sfumata. Conosciuta affettuosamente come la chitarra “American Woman”, è infatti lo stesso strumento su cui Randy ha scritto la più famosa canzone di successo dei Guess Who.

Altrettanto mitica è la Fender Stratocaster bianca del 1955 suonata on stage e in studio. Utilizzata in numerose esibizioni, immortalata negli artwork degli album, viene anche impiegata nel video musicale di Roll on Down the Highway. È stata inoltre usata per registrare alcune parti ritmiche di Hey You e per l’inizio di Let it Ride.

Fender Player Series Strat MN PWT

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Eccoci ora alla Gretsch Super Axe del 1977, regalatagli da Chet Atkins in persona con tanto di firma. Così, dopo il furto nel 1976

della pregiata Gretsch 6120 Chet Atkins arancione del 1957, Randy riceve questo strumento con un numero di serie speciale stampato sul retro della paletta: CA2RB001, che sta per “Chet Atkins to Randy Bachman 001”.

Gretsch G6120T-59VS Chet Atkins

Gretsch G6120T-59VS Chet Atkins

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E a proposito della sei corde rubata, da cui nascono gli accordi, fra le tante, della popolare Takin’ Care of Business, vi è fortunatamente un lieto fine: dopo una serie infinita di ricerche per quasi mezzo secolo, Bachman ha riavuto il suo bene più prezioso direttamente dalle mani di un collega musicista giapponese che l’aveva acquistata in un negozio di Tokyo nel 2014 senza conoscerne la storia e la provenienza. 

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L’importanza di Randy Bachman nel mondo chitarristico

È stato la mia più grande influenza quando ero bambino. Aveva un feeling incredibile dato dal modo in cui suonava. Io lo guardavo, lo ascoltavo e provavo sensazioni forti. Non si trattava solo di bravura, lo sentivo dentro.” Neil Young nel film documentario Bachman.

Da Ringo Starr a Jonny Lang, da Pete Townshend e Brian Wilson a John Mayer, sono davvero tanti gli artisti/chitarristi famosi amici o semplici ammiratori dello stile di Randy Bachman.

Vi è inoltre un illustre virtuoso e istrionico conterraneo che si è legato nel tempo al leader dei BTO: il mai dimenticato Jeff Healey. Un altro episodio sta per prendere forma qui a “Crossroads”, la serie unica e speciale che trovate solo su Planet Guitar!

Stay tuned

To be continued…

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Alessandro Vailati