Fondamentale sia per orientarci che per godere della tridimensionalità della musica, il riverbero rappresenta l’effetto forse più importante quando si tratta di “colorare” i nostri strumenti o le nostre tracce. Scopriamo come mai il fenomeno della riverberazione è indispensabile per avere un’esperienza completa del suono.
In questo articolo approfondiremo i meccanismi e l’utilizzo di quello che, a mio parere, è l’effetto di gran lunga più importante per un musicista, tanto per un cantante quanto per un chitarrista.
Dalle applicazioni più sperimentali alla semplice aggiunta di spazialità ad una traccia audio. Il riverbero ci accompagna in ogni momento: in studio e nella vita reale!
Cos’è il riverbero?
La riverberazione è quel fenomeno fisico per cui le onde sonore che si propagano da una fonte vanno a riflettersi su una superficie, modificando sia la loro direzione che la loro ampiezza.
Il riverbero può avere aspetti positivi o negativi per quanto riguarda l’apprezzamento di un suono. Ma quel che è certo è che rappresenta una parte intrinseca della nostra esperienza sonora quotidiana. Ogni giorno facciamo, più o meno consapevolmente, esperienza di questo fenomeno ed il nostro cervello autonomamente ci permette di orientarci e ottenere informazioni fondamentali dall’ambiente grazie alle riflessioni delle onde sulle superfici.
Entriamo ora nel dettaglio e approfondiamo quello che riguarda la parte percettiva e funzionale della riverberazione.
Come lo percepiamo?
In poche parole il riverbero agisce come moltiplicatore di fonti. Immaginandoci infatti in una stanza mentre emettiamo un suono, quello che sentiremo sarà l’immediato suono di partenza seguito da una serie sempre più ravvicinata (e debole) dello stesso suono. Questa serie sarà composta dalle riflessioni sulle superfici della stanza che tornano alle nostre orecchie. Al contrario di un delay però le ripetizioni non avranno la stessa spaziatura temporale e saranno sempre più ravvicinate nel tempo.
Più volte un’onda è riflessa, più debole sarà la sua riflessione (energia che è trasferita alla superficie riflettente durante la riflessione) e più tempo ci metterà per arrivare al nostro orecchio. Difatti un’onda può essere riflessa anche più volte prima di essere sentita.
Tutto ciò può essere descritto graficamente dall’immagine a seguire.
Immaginiamo di emettere un suono impulsivo.
Come si può notare dall’immagine il riverbero diminuisce in ampiezza e diventa più ravvicinato nelle sue ripetizioni man mano che il tempo avanza. Dividendolo nelle sue parti abbiamo le early reflections, ovvero le prime e più forti riflessioni che sono percepite come più definite, e la reverberant tail (coda del riverbero) in cui le ripetizioni non sono più distinguibili. Il pre-delay è il lasso di tempo trascorso tra il suono iniziale e la prima ripetizione. Un pre-delay maggiore darà l’impressione di essere in una stanza più grande e lo stesso effetto è ottenibile aumentando il tempo di riverberazione totale (decay).
Il nostro cervello, come quello dei nostri antenati, riesce a estrapolare informazioni sulla geometria della stanza unicamente dalla qualità del riverbero. Dunque, da ognuna delle sue parti precedentemente descritte. L’orecchio interno (responsabile dell’equilibrio) infatti in stanze anecoiche (completamente isolate acusticamente) risulta molto affaticato nello svolgere il suo compito naturale.
Inoltre, come l’occhio grazie alle ombre riesce a distinguere una superficie piatta, ad esempio una stampa sul muro da una superficie tridimensionale come un muro di vera roccia, l’orecchio riesce a distinguere direzionalità e autenticità dei suoni grazie alle informazioni percepite tramite il riverbero. In poche parole il riverbero per l’orecchio è come l’ombra per l’occhio: uno strumento per conoscere il mondo.
Tutta questa conoscenza ovviamente può essere usata a vantaggio della musica per creare esperienze sensoriali ed evocare atmosfere diverse.
A cosa serve e dove viene utilizzato?
Comprendere questo fenomeno è fondamentale per ogni persona che vuole lavorare a stretto contatto col suono, permettendo di ragionare su uno degli aspetti più importanti della musica live e registrata: la spazialità.
Il riverbero infatti restituisce al suono registrato la naturalezza e profondità di quella che è un’esperienza acustica completa e tridimensionale. Per rendersene conto basta andare in una stanza completamente isolata acusticamente ed in una stanza studiata ed ottimizzata per riverberare ed accorgersi di quanto suonare nella seconda sia più autentico e veritiero.
Esistono stanze costruite apposta per esaltare le caratteristiche di una batteria o di un violino (come la sala concerti del museo del violino di Cremona). Ma in mancanza della possibilità di registrare in un posto creato ad hoc ed in un contesto live l’aggiunta di un effetto come il riverbero permette di dare spessore e spazialità al suono.
Tipologie di riverbero
Le principali tipologie di riverbero emulate dai vari effetti a pedale e rack sono spring (o a molla), plate e hall.
- Lo spring si rifà ai classici riverberi a molla presenti negli amplificatori valvolari. Il suo funzionamento è molto semplice. Un trasduttore trasforma il segnale elettrico in ingresso in un segnale meccanico che si propaga nella molla impiegando un certo lasso di tempo.
- La seconda tipologia di riverbero, plate, era principalmente utilizzata negli studi di registrazione ed è generato dalle vibrazioni di una lastra di metall. Possiede una maggior chiarezza del riverbero a molla e risulta più compatto.
- L’ultimo riverbero dei tre sopra citati, l’Hall, simula digitalmente,attraverso una tecnica chiamata convoluzione, la presenza dello strumento in un ambiente acustico particolare. L’Hall è decisamente la tipologia di riverbero che dona più spazialità al suono.
Anche i primi due riverberi oltre ad essere analogici possono essere simulati digitalmente in un processore di effetti o un pedale.
Moltissimi altri riverberi come lo shimmer o il reverse sono ora presenti sul mercato grazie ai DSP (digital signal processor) sempre più performanti presenti nei pedali. Ma tendenzialmente al di là delle particolari qualità di un riverbero i parametri da settare sono decay, mix e tone. Il decay allunga o accorcia la coda del riverbero. Avremo dunque un riverbero che è più o meno prolungato nel tempo a seconda di come settiamo il parametro. Il mix regola la proporzione tra segnale effettato e segnale dry, mentre il tone è un filtro che permette di modellare l’equalizzazione delle ripetizioni del suono generate dall’algoritmo del riverbero.
Questo articolo vuole essere un modo per spronare ogni appassionato a comprendere i meccanismi che stanno alla base del design del suono, rendendoli allo stesso tempo più autonomi e capaci di gestire al meglio questo preziosissimo effetto in situazioni nuove.
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