Come tutti i grandi artisti, Warren Haynes e Gennaro Porcelli sono ricercatori dell’emozione, del bello. Non è quindi solo un caso che il destino li abbia messi recentemente di fronte. Entrambi sono amanti del blues, appassionati di chitarre tanto da farne una ragione di vita, e rappresentano l’esempio di come non esistano distanze quando si tratta di far vibrare la nota giusta. Così la loro partnership non poteva che avvenire, espressione di un crocevia tra anime affini, tra due fratelli separati alla nascita.
Per la serie “Crossroads” di Planet Guitar, Asheville incontra Napoli, le Blue Ridge Mountains colloquiano con il Vesuvio, mentre il classico Gonna Send You Back to Georgia di Hound Dog Taylor ci trasporta in un attimo nell’America dei primi anni Sessanta, dove grazie alla svolta del blues elettrico si è giunti alla ribellione del rock. Quando, come diceva Edoardo Bennato in una sua celebre canzone, “La chitarra era una spada e chi non ci credeva era un pirata”.
Gennaro & Warren sono due predestinati: immergiamoci in questo fantastico incrocio e analizziamo la storia di un chitarrista e songwriter speciale, che ha legato definitivamente il suo nome all’Allman Brothers Band e ai Gov’t Mule.
Un sontuoso meeting tra Gibson: la ES 335 di Gennaro Porcelli fa amicizia con la Les Paul di Warren Haynes
Antefatto: tra Bari e Catania c’è di mezzo Bologna!
On the Road Again non è solo il titolo di due meravigliose canzoni dei Canned Heat e di Willie Nelson. Il concetto di “essere di nuovo sulla strada” incarna inoltre in maniera perfetta il lato più romantico (e distruttivo) della vita dell’artista.
Gennaro Porcelli, come un novello trovatore, viaggia in modo esteso, soggiornando da una città all’altra per amore della musica, per passione, lavoro e, a volte, per coronare un sogno. Così, capita che, nell’ancora tiepido autunno 2023, debba fare prove di ubiquità in nome del desiderio di suonare la chitarra insieme a chi ama. Il 16 e il 20 novembre ci sono le due tappe già programmate con Edoardo Bennato a Bari e Catania, ma come si fa a rinunciare alla chiamata di Warren Haynes e dei suoi Gov’t Mule che si esibiscono a Bologna il 19?
Il richiamo del blues
“Ho fatto i salti mortali per essere lì. Una notte senza dormire, viaggiando, per stare a tempo con le necessità di Edoardo e dei Gov’t Mule. Da quando ho saputo che Warren desiderava avermi in uno dei momenti più importanti del suo concerto non ho pensato ad altro”.
La serata del 19 novembre si presenta infuocata. Si tratta della prima data del minitour di tre show in Italia per i Gov’t Mule, che arrivano da un periodo intenso anche dal punto di vista discografico: dopo il riuscito progetto dedicato alla musica del diavolo Heavy Load Blues (2021), è stato appena dato alle stampe il sorprendente Peace… Like a River e la scaletta attinge da questi ultimi due lavori senza dimenticare gli album storici. Warren non tradisce le aspettative ed è un fiume in piena dal punto di vista chitarristico e interpretativo, con il mago Danny Louis (il suo arrivo nel 2002 ha rivitalizzato la lineup) sempre ispirato alle tastiere.
Il nuovo bassista Kevin Scott, nella band da giusto qualche mese, sembra essersi perfettamente integrato e forma con il membro fondatore Matt Abts una coppia già notevolmente affiatata. Ogni canzone viene accolta da un boato, vivendo di nuova luce durante l’esibizione. E, dopo la solita lunga e applaudita scorribanda sonora del cavallo di battaglia Mule, arriva uno dei momenti più attesi del concerto, il bis. La sorpresa per il pubblico sarà doppia: non solo il classico di Hound Dog Taylor, ma l’arrivo sul palco del bluesman italiano per eccellenza, Gennaro Porcelli.
Basta un gesto e si comincia: un ritorno a quei vecchi tempi in Georgia
“Si è trattato di uno degli show più belli della mia vita. Momenti indimenticabili! Io, Warren e i “Muli”…”.
La felicità dura un attimo, e passa rapida come lo schiocco di due dita. Il tempo di un sorriso, l’incanto di uno sguardo. La felicità occorre prenderla al volo: appena arriva fugge, è impalpabile come una folata di vento che, giocosa, scompiglia i capelli, ma che non si può trattenere.
Gennaro Porcelli ne ha colto l’essenza mentre duettava con il suo “fratello” americano Warren Haynes. Una vita dedicata alle sue passioni, lui, napoletano di stanza e cultura e al tempo stesso cittadino del mondo, legato alla musica del diavolo e al suo strumento chiave, la chitarra. Quella magica serata del novembre 2023 gli rimarrà per sempre impressa nella mente come la nitida immagine della bellezza, la fotografia di un’emozione.
Una notte di “riff, licks and solos” con Warren, genio della sei corde nato a Asheville in Carolina del Nord, una delle terre del blues, in un luogo, gli Stati Uniti, in cui non esistono una religione o un’etnia comuni, ma è presente ovunque questa musica incredibile. Una musica che rappresenta l’espressione e il linguaggio più potente dell’America ed è stata creata principalmente proprio nel sud, nel Delta del Mississippi, tra le due Caroline e il Texas, prima di “elettrificarsi” a Chicago.
Ora Gennaro e Warren si lanciano un’occhiata e in un attimo si lasciano andare e tornano in quel mondo lontano e affascinante, facendo rivivere la tradizione con Gonna Send You Back to Georgia.
La fierezza dell’intro, gli assoli e i cenni di “piacere” reciproco
Le grandi canzoni sono in grado di attraversare il tempo senza mai perdere un briciolo della loro originale bellezza. Gonna Send You Back to Georgia vive una nuova epopea grazie a due prodi e generosi condottieri.
Oltre dieci minuti di amato blues scorrono come un torrente in piena, con un intro lamentoso di slide, che perfettamente si addice al genere, e una serie di reciproche scorribande chitarristiche. I Gov’t Mule sono soliti eseguirla come uno shuffle; Haynes canta con tonalità da vecchio bluesman e comanda la truppa con un entusiasmo e un piglio che ne contraddistinguono l’incisiva personalità. Dà slancio ai propri musicisti evidenziandone le capacità non solo come ensemble, ma anche mettendoli in risalto come singoli.
Danny Louis per primo si lascia andare alla tastiera affascinato da quella ritmica a metà strada tra il rock e il blues, poi al minuto 3:38 Warren acclama il suo amico “Gennarou!”, fin dagli inizi assorto in fraseggi ed accordi ispirati e ora pronto per andare di assolo. Anche il bassista si esalta, si piega avanti e indietro a seguire le gesta di Porcelli, davanti alla felice approvazione di Warren che annuisce divertito.
Il brano prosegue con la meraviglia dei continui call and response (adesso anche Gennaro gioca di slide!) tra i due chitarristi, fino all’apoteosi finale ove, come si suol fare con le grandi guest star, Warren ringrazia tutti e presenta il suo amico “Gennaro Porcelli on guitar!”
L’incontro fra Gibson, tra la ES 335 del ’64 e la Les Paul del ’59 è terminato con la vittoria della musica, quella vera: un ritrovo, un rifugio, un richiamo, un viaggio a cui sempre più amanti delle sette note vogliono partecipare.
Gibson ES-335 Dot 60s Cherry
Gibson Les Paul Standard 60s BB
E pensare che Gonna Send You Back to Georgia, scelta casualmente come chiusura, fa parte della discografia sia dei “Muli”, sia di Porcelli!
La storia della canzone
La bellezza delle coincidenze: per pura coincidenza Warren propone a Gennaro Gonna Send You Back to Georgia, uno dei tanti blues da loro suonati, pubblicato anche in una raccolta dedicata a Hound Dog Taylor. E per pura coincidenza la canzone rappresenta anche uno dei vertici dell’ultimo lavoro di Porcelli, Me, You and the Blues, oltre ad essere stata da lui eseguita dal vivo diverse volte negli anni. Quando si parla di spiriti affini!
A Haynes sono giunte voci della presenza in Italia di un chitarrista e songwriter di grandissimo livello e per il suo ritorno nel Bel Paese desidera incontrarlo. Ne nasce un incrocio genuino, e la smisurata stima reciproca li conduce con coraggio a una performance dal vivo senza prove, senza soundcheck, solo con l’anima e il cuore.
Il resto è storia, con questa versione live capolavoro di un classico inciso per la prima volta nel 1963 dal suo autore, Jake Hammond Jr., in arte Timmy Shaw, e ripreso a più non posso successivamente da una pletora di interpreti, dagli Animals a Magic Slim. L’esecuzione che rende il brano un punto di riferimento per i fan delle dodici battute rimane comunque quella dell’illustre Hound Dog Taylor, straordinario personaggio noto anche per essere esadattilo e sfruttare efficacemente il dito in più con un bottleneck perennemente montato.
Alcune sue eccezionali registrazioni verranno solamente pubblicate postume nel 1982, a sette anni dalla sua morte. L’esuberanza selvaggia della chitarra e l’abbandono gioioso e soul di Taylor e i suoi Houserockers alimentano ogni sua singola canzone e l’artista del Mississippi inventa uno stile e diventa un esempio per tanti giovani alla (ri)scoperta delle radici. Fra questi, ovviamente, Warren e Gennaro, ma, come vedremo, non sarà la sola influenza.
Da Elmore James a Johnny Winter e Duane Allman, fino a Derek Trucks: quanti eroi della slide guitar accomunano Warren e Gennaro!
Stregati da Jimi Hendrix, Duane Allman, Eric Clapton, Elvin Bishop e Johnny Winter: fra le copiose ispirazioni comuni sono sicuramente questi i primi artisti ad aver fatto breccia nel cuore di Haynes e Porcelli.
Poi, andando a ritroso nel tempo sono da citare tutte le persone che questi “cinque titani” ascoltavano. Dunque B.B., Freddie e Albert King, Howlin’ Wolf e Muddy Waters fino a Elmore James, il “Re della slide” che tanto ha influenzato il playing dei due chitarristi.
Gennaro, inoltre, è legatissimo allo stile e alle attitudini di Derek Trucks, il quale, guarda caso, è stato compagno di mille avventure di Warren. Andiamo ora ad analizzare proprio l’incredibile carriera di quest’ultimo, che ha saputo rivitalizzare l’Allman Brothers Band in un momento difficile e vive tuttora un percorso individuale e di gruppo stupefacente.
Gli esordi, la chiamata dell’Allman Brothers Band e i Gov’t Mule
Quella passione per Otis Redding, la scelta di diventare chitarrista e la prima esperienza con l’ABB
“Warren rappresenta la musica ancora viva nel 2024, la musica suonata di gusto, di cuore e…niente…è un grande!”.
Quando Gennaro Porcelli parla di Haynes si capisce subito dal tono di voce che è a un passo dalla commozione. L’autore di Soulshine è un artista unico e speciale anche nel suo stile di vita, semplice e allo stesso tempo incasinato, dedicato alla passione che gli ha dato una ragione per sentirsi parte del mondo.
Warren Haynes nasce a Asheville, dove vive tuttora, il 6 aprile 1960. Vive un’infanzia piena di musica, insieme a suo padre e ai fratelli maggiori, e, prima di venire irretito dal blues e dal southern rock, ai quali rimarrà legato lasciando un marchio indelebile, si appassiona del soul, del funk e dell’r&b.
Otis Redding è il suo artista preferito, mentre Aretha Franklin, Sam & Dave, James Brown e Wilson Pickett sono la colonna sonora dei “karaoke” nella sua camera da letto. Quando a undici anni imbraccia la chitarra le prospettive cominciano a cambiare: la musica del diavolo, specialmente nella sua svolta elettrica, e l’avvento di band psichedeliche come i Grateful Dead e gli Allman Brothers lo colpiscono nel profondo, spingendolo a sperimentare accordi e fraseggi ibridi, tali da incorporare ogni tipo di ispirazione.
A vent’anni va in tour con David Allan Coe, e nel successivo periodo, che potremmo definire di formazione, costituisce la sua prima band, i Rich Hippies, scrive le sue prime canzoni di successo per altri artisti e prosegue l’attività live. Il contatto con Dickey Betts lo conduce alla prima svolta in carriera. Nel 1989, infatti, tramite Betts entra nella rinata Allman Brothers Band suonando da allora in quattro album, prima di pensare all’attività solista e, soprattutto, di formare un gruppo che rimarrà tuttora una delle sue scelte più felici.
La carriera solista e il progetto Gov’t Mule
Tales of Ordinary Madness (1993) è il primo album solo a suo nome (da ricordare anche l’estatico Man in Motion, 2011), prodotto da quel gigante di Chuck Leavell, mentre l’affiatamento con il bassista Allen Woody, compagno nell’ABB e il batterista Matt Abts, conosciuto grazie ai suoi servigi per Betts, lo spingono un anno dopo a dar vita ai Gov’t Mule.
I Government Mule (questo sarebbe il nome completo, ma i fans addirittura li chiamano solo “Mule”) incarnano la concezione di un muscolare rock blues, con una potente sezione ritmica pronta ad abbracciare i saliscendi chitarristici del virtuoso della Gibson, il nostro Warren, e dopo l’omonimo esordio del 1995, arrivano fino ai giorni nostri con lavori (e live mozzafiato, spesso catturati su disco!) sempre ispirati. Nell’arco di un trentennio scorrono album memorabili come Life Before Insanity (2000), Deja Voodoo (2004), High & Mighty (2006), quel piccolo capolavoro di nome Shout! (2013), concepito in due versioni, con la seconda in cui gli stessi brani vengono interpretati da ospiti azzeccati, fino agli ultimi già citati Heavy Load Blues e Peace… Like a River.
Il riscatto nella musica anche durante i momenti difficili: quell’instancabile voglia di suonare live
Lo sguardo perennemente rivolto sulla chitarra imbracciata e quel sorriso genuino da farlo sembrare sempre al posto giusto nel momento giusto, non possono far dimenticare le tragedie vissute e affrontate con coraggio da quest’uomo. La musica, specialmente quella dal vivo, ha consentito a Soulshine, nomignolo affibbiatogli affettuosamente dal padre e diventato titolo della sua canzone più celebre, di onorare con la dovuta profondità la tragica scomparsa per overdose di Woody il 26 agosto 2000.
Il suo riavvicinamento all’Allman Brothers Band, con cui concepirà lo stupendo Hittin’ the Note (2003), ove compaiono le gesta del giovane amico Derek Trucks, lo si deve anche al momento difficilissimo vissuto per la morte del compagno di mille avventure.
Allen Woody viene inoltre onorato con tre pubblicazioni sui generis dei Gov’t Mule. In The Deep End, Volume 1 e Volume 2, e The Deepest End, Live in Concert suonano tutti i più grandi bassisti, da Jack Bruce e Roger Glover a Dave School, Victor Wooten, Jason Newsted e Greg Rzab, insieme a tantissimi altri virtuosi dello strumento. Non manca una nutrita serie di altri ospiti del calibro di James Hetfield e John Scofield.
Un altro momento molto difficile giunge nel maggio 2017 con la morte di Gregg Allman. Rimangono nella memoria le innumerevoli date live accumulate dai primi anni duemila, momento di rinascita della storica Allman Brothers Band dopo una serie di vicissitudini anche tragiche, fino all’ultimo concerto allo storico Beacon Theatre nell’ottobre 2014. Tuttavia, come sempre, la potenza evocativa della musica supera ogni situazione drammatica e le forze tuttora pulsanti dello storico gruppo, ossia Derek Trucks, Oteil Burbridge, “Jaimoe”, Marc Quinones e, ovviamente, Haynes, tengono in vita il ricordo dei bei tempi che furono con i loro meravigliosi progetti.
Le chitarre di Warren
Haynes potrebbe essere definito senza ombra di dubbio un “Mr. Gibson man”. L’amore per la Les Paul del ’58, retaggio della passione per Duane Allman, da cui nasce la sua personalizzata serie signature, per la ES-335 (“Little Red”) e le Firebird sarebbe già sufficiente a palesare la devozione per il marchio, di cui possiede svariati modelli.
Ebbene, ad enfatizzare ancor maggiormente il suo rapporto speciale con il brand, si aggiungono le acustiche J-200 e CL-40.
Fra le altre sei corde preferite da Haynes vi sono, sempre rimanendo nell’acustico, la Santa Cruz Tony Rice Model e le Martin 000-28EC Eric Clapton Model e D-18 Golden Era. Tornando invece nell’elettrico sono da ricordare pure le PRS SE Mike Mushok Baritone, colori Silverburst/Brownburst, la Fender 1989 Eric Clapton Strat (“Slim Strat”) ed infine la Gretsch Billy Bo (“Road Electric”).
Martin Guitars D-18
Martin Guitars 000-28EC Eric Clapton
Gretsch Billy Bo G6199
L’amore sconfinato per il blues e gli altri incontri indimenticabili, dai Dead alla DMB
Sarebbe praticamente impossibile citare tutte le collaborazioni in studio e sul palco di Warren Haynes, che recentemente sta furoreggiando in Europa con una band a suo nome (in autunno è prevista una nuova uscita solista, Million Voices Whisper) nella quale figura pure il grande tastierista e compositore John Medeski.
La sua innata predisposizione a improvvisare l’ha spesso associato a tutto l’ambiente collegato ai Grateful Dead, con Phil Lesh e Bob Weir, la sua eleganza e raffinatezza lo hanno avvicinato a progetti di grande spessore come il tributo di Edgar Winter al fratello, Brother Johnny, mentre la grande scioltezza sul palco gli ha permesso di essere sovente special guest negli show della Dave Matthews Band e in alcune edizioni del Crossroad Guitar Festival.
E proprio l’incrocio con fenomenali chitarristi ha generato partnership di altissimo livello con Peter Frampton, Walter Trout e Marcus King.
C’è infine un altro gigante delle sei corde che in particolare si è legato all’eroe di Asheville. Stiamo parlando di un ex bambino prodigio, ormai nell’olimpo dei virtuosi dello strumento, Joe Bonamassa. Un altro straordinario episodio di Crossroads, la serie unica e speciale che trovate solo su Planet Guitar, star per prendere forma!
Stay tuned
To be continued…
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