La passione comune per il rock di Elvis Presley e Jerry Lee Lewis crea le premesse per la prima collaborazione tra l’ex leader dei Dire Straits e il bluesman italiano. Il rapporto si cementa nel 2016, quando Zucchero propone a Mark Knopfler di contribuire a una delle sue più belle melodie recentemente composte.
L’emozione meravigliosa di Ci si arrende
Una canzone che si tuffa nel passato in un album che vuole guardare al domani
Black Cat (2016) è un disco volutamente disordinato, pieno di appigli futuristici, stimoli elettronici e contemporaneità accanto a un che di ancestrale. Un tentativo di occupare spazio e tempi moderni lasciandosi andare, a tratti, a evocazioni di ricordi e sonorità antiche. Arriva dopo la “infatuazione cubana” degli anni 2012-13. Si tratta del primo lavoro di inediti in studio di Zucchero dal capolavoro malinconico folk pop con derive country soul di inizio decade intitolato Chocabeck.
Così in tracklist si trovano brani che strizzano l’occhio alla progressive house come Ten More Days, rockettoni reminiscenti del passato in stile Ten Years After, il primo singolo Partigiano Reggiano. Ma anche una ballata incantevole, Ci si arrende, vicino al mood nostalgico di Arcord, contenuto in Bluesugar. Andando ancora più indietro, alle disperazioni di Senza rimorso, perla forse troppo velocemente dimenticata presente in Spirito Divino.
Ci si arrende è una hit di grandissimo livello. Spesso quando l’artista italiano parla delle sue esperienze di vita vissuta nascono le canzoni emotivamente più intense.
Le origini e gli sviluppi
Il brano prende spunto dalla storia del primo “amorino” di Sugar, Marzia, ragazza conosciuta alle scuole medie. Il cantautore immagina di ritrovarla da adulto, senza più la complicità, innocenza e purezza di quando si era giovanissimi.
Il significato profondo è la malinconica resa al tempo che fu, dove tutto poteva ancora accadere e si poteva sognare. Ma permane, in fondo in fondo, ancora la speranza di nuove emozioni, magari di diversa natura, a tenere accesa un’esistenza in cui, citando il testo, “il meglio di noi due è già volato via e non ritorna più”. Chi meglio di Mark Knopfler, con la sua mitica chitarra resofonica, quella di Romeo and Juliet, poteva tratteggiare e colorare di sfumature rock blues una simile opera d’arte? La magia degli arpeggi dell’ex Dire Straits dipinge anche il testo più cupo della toccante versione internazionale scritta da Bono, Streets of Surrender. Nel brano si descrive la tristezza provata nel vedere così tanto odio e il proliferare del terrorismo dopo gli attentati di Parigi.
Who Will the Next Fool Be? Le radici in comune tra Sugar e MK
Knopfler nota e apprezza in Ci si arrende/Street of Surrender quella struttura da folk ballad con venature pop rock che ha contraddistinto anche alcune delle sue più belle composizioni da solista, da Golden Heart e Are We in Trouble Now a Sailing to Philadelphia. L’amore per il rockabilly, il blues, il soul e l’r&b sono un altro grande punto in comune. Non è un caso che la loro partnership cominci a maggio 2000 per la registrazione di Who Will the Next Fool Be, inclusa nel documentario tributo agli artisti della Sun Records.
Il pezzo è un classico scritto e interpretato da Charlie Rich, e in seguito inciso da tantissimi artisti, tra cui Bobby Bland e Jerry Lee Lewis. Il duetto funziona benissimo, e non sono da meno gli altri personaggi coinvolti. La canzone, infatti, annovera tra i musicisti Jools Holland e due membri storici della band di Elvis Presley, il leggendario chitarrista Scotty Moore e il batterista D.J. Fontana. Il fatto che proprio il songwriter britannico abbia esplicitato il suo amore per il re del Rock and Roll scrivendo Calling Elvis per l’ultimo disco in studio dei Dire Straits, On Every Street, non fa che chiudere il cerchio!
Who Will the Next Fool Be incarna perfettamente l’evoluzione seguita da Zucchero nella sua carriera. Il modo di comporre, il canto e le sonorità sono cambiate da un inizio senza una precisa direzione fino al momento in cui, guardandosi dentro e aprendo il cuore, il cantautore ha seguito finalmente il suo istinto e si è collegato ai suoi eroi giovanili, da B.B. King a Otis Redding fino a Clapton e Joe Cocker.
La musica “troppo” leggera degli esordi
Scoprirsi nero a metà e tentare la scalata in cima al blues
Adelmo Fornaciari nasce nel 1955 a Roncocesi, piccolo borgo di duemila anime a un passo da Reggio Emilia e, da buon figlio di contadini, si innamora subito della musica americana. Di quel blues sanguigno che rappresenta la dura realtà del rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare la terra. A undici anni scopre le delizie della chitarra e sul finire degli anni Sessanta, dopo essersi trasferito con la famiglia prima a Forte dei Marmi e poi a Massa Carrara, condivide la passione per le sette note con un gruppo di amici, ispirandosi a classici dell’r&b del calibro di Sittin’ on the Dock of the Bay e imitando Louis Armstrong e Ray Charles nel canto. Cerca di concentrarsi sui libri, tuttavia i suoi interessi sono altrove, vuole diventare un artista e si creano i primi disaccordi con i genitori.
Tutti lo chiamano già Zucchero, nomignolo affibbiatogli dalla maestra delle elementari per via del suo debole per i dolci. Ed eccoci al paradosso, si vede costretto a rinnegare la sua musica, quel soul blues tanto amato, per cominciare a scrivere melodie all’acqua di rose al fine di sbarcare il lunario. Vive così la balera, la realtà notturna dei locali italiani, una realtà ben diversa da quella degli idoli oltreoceano. I suoi progetti solistici naufragano dunque sugli scogli del music business. Agenti discografici poco lungimiranti lo dirottano sui binari dell’easy listening, spingendo sul suo lato compositivo più semplice e, soprattutto, a favore di altri artisti.
Da Fred Bongusto a Un po’ di zucchero
Il buon Adelmo non demorde, accetta la situazione del momento e scrive canzoncine su canzoncine, convinto che arriveranno momenti migliori in cui potrà dimostrarsi per quello che è. Bongusto incide la sua Tutto di te e, dopo una breve parentesi con la formazione dei Taxi sotto le luci stroboscopiche da discoteca, riesce a ritagliarsi il primo spazio vincendo Castrocaro ’81 e guadagnando il lasciapassare per Sanremo.
Partecipa con Una notte che vola via, ma è ancora solo grazie all’interpretazione di un suo brano, Lisa, da parte di Stefano Sani, che si tiene a galla. Anche il successivo festival lo vede protagonista con Nuvole e altre quattro sue composizioni in gara. Ora cavalca la tigre della commercialità più spinta e nel 1983 esce la prima opera a suo nome, Un po’ di zucchero. Ottiene discreti riscontri di vendite, ma va in crisi. Il genere soft pop leggero non fa per lui, non è quello che ha sognato per la sua vita, e ripensa ai suoi amati eroi neri.
Donne, Rispetto e la svolta di Blue’s
L’avvento di Rustici e della Randy Jackson Band
Il triennio 84-86 è il periodo più importante per il destino della carriera di Zucchero. Nonostante lo spiraglio apertosi con l’album di debutto, l’artista emiliano non è soddisfatto della direzione presa e il rapporto con la casa discografica è tutt’altro che solido. Con due figlie appena nate a carico e la relazione con la moglie Angela in continua altalena d’emozioni, Sugar riesce comunque con orgoglio e un pizzico d’azzardo a focalizzarsi in quello che gli sta più a cuore e gli salverà la vita, la musica.
Vola a San Francisco e inizia un sodalizio con il personaggio che più di ogni altra cosa lo farà svoltare e raggiungere il successo, ma anche e soprattutto trovare la vera identità artistica: Corrado Rustici. Grande chitarrista e tecnico del suono, Rustici produce Zucchero and the Randy Jackson Band, famoso per Donne (frutto di un’altra comparsata a Sanremo), un secco reggae blues orecchiabile, ma mai banale e per Un piccolo aiuto, brano introspettivo sofferto che inaugura il nuovo corso. La vena bluesy prosegue l’anno successivo con Rispetto, un cazzotto alla routine e alle sdolcinatezze precedenti, ove la mano del produttore napoletano si nota con maggior forza. L’opera accoglie musicisti dal “pedigree” immacolato. Ecco l’impronta funky di Narada Michael Walden, il tocco fusion di David Sancious e la fantasia del tastierista-mito degli anni Sessanta Brian Auger.
Ora Fornaciari diventa anche il principale autore dei suoi testi, dopo essersi appoggiato ad Alberto Salerno e aver avuto un rapporto conflittuale, ma proficuo per l’ego con Mogol. Rimane comunque da ricordare la gratificante collaborazione per le liriche con l’ormai amico Gino Paoli in Come il sole all’improvviso, gioiello gospel carico di tensione, e l’ennesima partecipazione al festival dei fiori con la malinconica Canzone Triste. Tuttavia il meglio deve ancora arrivare…
La grande caratura dei brani di Blue’s
Il 1986 scorre veloce, con Sugar che calca i palcoscenici (non più le balere!) di tutta Italia con grandi risultati di pubblico per poi chiudersi a fine autunno in studio per dare un seguito a Rispetto. I Memphis Horns e Clarence Clemons nobilitano la sfilata di special guests, però sono la sfilza di canzoni di altissimo livello e l’influenza di chitarra e arrangiamenti di un sempre più coinvolto Rustici a rendere Blue’s campione di vendite, con suoni bollenti di derivazione soul e r&b accompagnati da testi ironici e pungenti che entrano immediatamente a far parte del gergo giovanile. Le provocatorie Pippo e Solo e una sana consapevole libidine affiancano lo struggente blues di Dune Mosse, mentre l’adrenalina di Con le mani fa da contraltare alle splendide ballad Senza una donna e Hey Man.
Il tour dell’87 attesta una maturità scenica raggiunta, superata ormai la fatidica boa dei trent’anni, con un giro di concerti strepitosi per tutta Italia; anche la data di Cremona, vissuta in prima persona da chi scrive, non fa che confermare la crescita artistica e la capacità di destreggiarsi finalmente con un più vasto repertorio, arricchito dalla potente vocalità della corista Lisa Hunt (da questo momento imprescindibile compagna d’avventure), e da alcune cover del calibro di Imagine e You Are So Beautiful, con quest’ultima inserita in scaletta in onore dell’amato Joe Cocker, tra l’altro pregiato ospite in alcuni show.
Fender Player Series Strat PF 3TS
Il successo internazionale di Oro, incenso & birra
“Ci mettiamo a fare le registrazioni con grande entusiasmo e ci rendiamo conto che sta venendo fuori una musica molto buona, più forte ancora di quella di Blue’s, più innovativa…Alcuni musicisti, come Brian May ed Eric Clapton, considerano questo disco come uno dei migliori fatti e ne sono ancora dei grandi fan.”
Estratto da Il suono della domenica. Il romanzo della mia vita di Zucchero, Mondadori.
Se con Blue’s inizia la rivoluzione musicale e personale di Zucchero, ora a perfetto agio nel suo ruolo, è con Oro, Incenso & birra che si completa la trasformazione del timido autore di canzoni sdolcinate in bluesman con le palle, capace non solo di avere superstar del calibro di Jimmy Smith, Eric Clapton, Rufus Thomas e Clarence Clemons al suo fianco, ma soprattutto di puntare a un songwriting allo stesso tempo ruspante e complesso, in grado di dare spazio a tutte le influenze e aggiungere originalità ad accordi e partiture legate alla storia e tradizione.
Diavolo in me, Overdose (d’amore) e Madre dolcissima sono memorabili, e non mancano veri e propri evergreen. Le splendide Diamante e Wonderful World, incise con la fantastica collaborazione rispettivamente di Francesco De Gregori e Clapton. I due artisti elevano il disco a classico internazionale, risultando una delle vette della carriera dell’uomo di umili origini nato a Roncocesi.
L’introspezione di Miserere e la prosecuzione del riscontro internazionale
Ormai Zucchero è al pari di re Mida e partecipa a innumerevoli iniziative nazionali e internazionali ottenendo sempre un crescente riscontro. Ne è esempio il mitico concerto in Russia poi anche pubblicato ufficialmente con l’album Live at the Kremlin. Tuttavia, qualcosa dentro, nel profondo dell’animo, si è rotto. I problemi familiari dati dalla separazione con Angela si scontrano con il successo interminabile, fonte di stress e ansia per esserne sempre all’altezza e lo spingono sul baratro della depressione. Solo con una grande forza e un lavoro cupo, crepuscolare come Miserere (1992) Adelmo riesce a riprendersi e a rilanciarsi in nuove sfide.
L’amicizia di Luciano Pavarotti ed Elvis Costello, l’ispirazione che non manca anche in questo periodo buio, una nuova storia con la futura moglie Francesca, gli consentono di ritrovare nerbo ed energia per concepire lo strepitoso Spirito Divino nel ’95, che annovera Jeff Beck fra le guest star, e il successivo Bluesugar, inizio della collaborazione con Pasquale Panella, paroliere dell’ultimo Lucio Battisti.
L’evento Zu & Co. alla RAH e l’apice raggiunto
La popolarità rimane ai massimi livelli grazie a Shake, un lavoro meno potente e coeso, ma ricco di buone canzoni, come Dindondio, Ali d’oro (insieme al leggendario John Lee Hooker) e Rossa mela della sera, che consentono il solito tripudio di eventi live nel Belpaese e nel mondo. Per tener vivo il successo durante gli anni si susseguono compilation e partnership con artisti rinomati. Rimane davvero incredibile il numero di duetti in cui Sugar si è cimentato, senza mai risultare fuori contesto.
Se le collaborazioni con Paul Young, Sting, Pavarotti e Clapton rimangono indimenticabili, il pregio della raccolta di classici ed inediti Zu & Co. è quello di metterne in luce vecchie e nuove di assoluto valore, il tutto corroborato da un concerto meraviglioso, ad apertura del tour, alla mitica Royal Albert Hall, nel maggio 2004. Oltre ai soliti noti, spiccano le incisioni “fresche” con Dolores O’Riordan, Ronan Keating, Mousse T e finalmente avviene la pubblicazione del duetto con Miles Davis, dimostrando l’ecletticità di un uomo ormai felice per gli obiettivi raggiunti, ma carico per superarli.
La bellezza evocativa di Chocabeck e l’inarrestabile vita on the road
La dimensione live dell’artista Zucchero continua sempre con energia e vigore. Piace un po’ meno, invece, il nuovo Fly (2006), troppo derivativo e meno ispirato del solito. Ma un potente CD/DVD Live in Italy di qualche anno dopo, con una versione incendiaria de L’urlo (nel 1992 primo singolo estratto da Miserere), riscrittura di Everybody’s Everything, vecchio cavallo di battaglia dei Santana e il già citato Chocabeck con Guccini fra gli autori di Soffio, vera poesia in musica, rialzano subito il cantastorie emiliano. E dopo La sesion cubana e il correlato lavoro dal vivo Una rosa blanca viene realizzato Black Cat, punto di partenza della nostra analisi collegata a Knopfler.
Seguono una serie di raccolte, la solita intensa attività on the road, un disco di discreto livello, D.O.C e un altro mediocre, Discover, insipida raccolta di cover, quasi a voler certificare la vena ispirativa in discesa dell’uomo che più di ogni altro in Italia ha raggiunto l’irraggiungibile, suonando con tutti i suoi idoli. L’autunno 2023 vede l’uscita del film documentario Zucchero-Sugar Fornaciari prima di una serie di show con Andrea Bocelli negli Stati Uniti. L’incredibile e inestinguibile energia live non si spegne nemmeno nel 2024. Sono previsti già alcuni concerti negli stadi per l’estate. Un mattone sull’altro di una vita a fare musica, sempre con quel sorriso spontaneo da ragazzo di campagna.
La passione di Zucchero per i grandi chitarristi
Grande autore di canzoni e cantante, ma anche discreto strumentista. Zucchero nella sua lunga carriera ha spesso suonato pianoforte e chitarra, con un forte debole per quest’ultima, soprattutto per i virtuosi capaci di tirar fuori da essa un suono unico e meraviglioso. Negli anni Adelmo Fornaciari si è circondato dei migliori chitarristi italiani per i lavori in studio e live. Corrado Rustici, Andrea Braido, Mario Schilirò e Max Marcolini ne sono esempio, come sono innumerevoli le collaborazioni con quelli stranieri. Clapton, Beck, B.B. King, John Lee Hooker, Stevie Ray Vaughan, Robert Cray e Tomoyasu Hotei sono solo alcuni fra i prediletti. Tuttavia ce n’è uno in particolare con cui ha condiviso situazioni memorabili, in sala di registrazione e sul palcoscenico: Brian May. Il ciclo “Crossroads”, con gli incroci tra grandi artisti/chitarristi non si ferma!
Stay tuned
To be continued…
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