Due anni dopo aver ospitato Eric Clapton, giunto a Miami per registrare il suo comeback album, la lussuosa casa al n. 461 di Ocean Boulevard accoglie un altro musicista sensazionale. Classe 1944, nato a Philadelphia ma di origini italiane, Pat Martino è una figura apicale della chitarra jazz. Enfant prodige ammirato dal leggendario Les Paul, bimbetto smilzo e dannatamente curioso, scopre nella sei corde il suo gioco preferito: un cavallo imbizzarrito, un castello di specchi, un regno inizialmente proibito e per questo magico, che negli anni diventerà un macrocosmo a più dimensioni da sondare a bordo del suo veicolo a ventidue tasti.

© Aflo Co. Ltd. / Alamy Stock Photo

Quando approda a Miami, Pat ha già alle spalle un’affermata carriera di sideman e concertista nei più prestigiosi jazz club d’Oltreoceano, ma anche diversi album da solista. È nel pieno della maturazione artistica, ma deve rimediare a un “passo falso”.

Un intenso 1976

Il 1976 è un anno di straordinaria creatività. A febbraio, nel volgere di un paio di settimane registra due album: Exit e We’ll Be Together Again. A luglio è la volta di Starbright, il primo lavoro per l’etichetta Warner Bros.

In quest’opera la sua espressività alla chitarra imbocca direzioni molto diverse, spaziando tra rock, hard bop e fusion. Per lui è un semplice biglietto da visita, una sorta di «benvenuti nel mio mondo». Vuole aprire finestre verso i paesaggi e i colori che animano la sua forza creativa, ma per la prestigiosa casa discografica è una sorta di rompicapo.

«Come possiamo trovare un target per un lavoro del genere? Creerà solo confusione nel nostro mercato», gli dicono.

«Beh, volevo semplicemente darvi un’idea di tutto quello che posso fare», risponde Pat.

«Non funzionerà. Ci aspettavamo qualcosa di più specifico, signor Martino».

L’album effettivamente venderà poco, deludendo le aspettative della major. Pat Martino incassa il colpo, ma è già pronto a fare la prossima mossa.

L’audizione

Spontaneità e immaginazione sono sempre state le stelle polari nel viaggio del chitarrista italo-americano attraverso la musica. Non cederà di un passo solo perché una grande etichetta si aspetta qualcosa di diverso da lui.

Così, deciso a rilanciare, tiene diverse audizioni a New York presso gli Jolanda Studios, tra la Sesta e Settima Avenue. Le cose però non vanno come spera. Sembra quasi arreso quando in studio si presentano tre giovani musicisti che, a differenza dei loro competitor, sono appena ventenni e pressoché sconosciuti. Delmar Brown, Kenwood Dennard e Mark Leonard sono freschi di Berklee College, dove hanno studiato proprio le composizioni di Pat Martino oltre a quelle di straordinarie band in voga in quegli anni come Wheather Report e Mahavishnu Orchestra.

Dopo un’audizione di tre quarti d’ora circa, Pat sentenzia:

«Yeah, cats. This is the band».

I quattro collaudano la loro sintonia con poche settimane di prove e qualche concerto preparatorio. Si divertono, passano giorni coinvolgenti insieme, prima di entrare ai Criteria Studios di Miami per registrare un nuovo album con la sapiente produzione di Paul Rotchild, noto al mondo del rock per i suoi lavori con Janis Joplin, Doors e Neil Young.

Joyous Lake

Il risultato è un disco strabiliante, destinato a entrare nella storia del jazz-rock. Pat Martino dà corpo a tutta la gamma delle sue potenzialità espressive fondendo originalità e tradizione e lasciandosi ispirare da un testo millenario: l’I Ching, Il Libro dei Mutamenti della tradizione cinese.

L’aveva scoperto anni prima ed era rimasto colpito dalla corrispondenza tra le 64 immagini degli esagrammi, simboli caratterizzati da piccoli blocchi di 6 linee ciascuno, e le possibili soluzioni combinatorie delle 6 corde della chitarra.

Gli esagrammi, © Antonsusi CC-BY-3.0-DE

Il fascino di queste linee, che si presentano continue o spezzate, è immenso. Per Pat rappresentano una rappresentazione plastica di tutte le possibili combinazioni che si possono ottenere con le sei corde, quelle suonate (le linee continue) e quelle mute (le linee interrotte), ripartite in diversi gruppi e per corde adiacenti e non adiacenti, oltre che per set differenti (es. 6543, 1245…).

Da qui trarrà ispirazione per concepire una visione innovativa della tastiera della chitarra, in grado di assumere momento dopo momento la forma di un esagramma diverso. Essa è completamente diversa da quella del pianoforte, che si muove in senso orizzontale e procede per addizione. La tastiera della chitarra è piuttosto una matrice, una sorta di piano cartesiano dotato di una dimensione longitudinale e di una latitudinale: da qui il suo diverso funzionamento, per moltiplicazione.

La copertina di Joyous Lake, © Warner Bros. Records Inc.

Fra tutti gli esagrammi, il titolo dell’album e il simbolo riportato in copertina sono diretta espressione di un simbolo particolare: l’esagramma 58, che ha per immagine il sorriso del lago e indica, tra le altre cose, la perseveranza. L’esagramma 58 è il decimo da sinistra nella fila più bassa dell’immagine riporata sopra.

Quello che ha sempre colpito i suoi ammiratori è che questo concetto rappresenta il modo migliore per descrivere l’intera esistenza di Pat Martino, sebbene all’epoca di Joyous Lake nemmeno lui potesse esserne consapevole.

Il buio

Infatti, proprio mentre sta portando in tour il nuovo disco insieme alla giovane band, Pat inizia a soffrire di emicranie sempre più forti e debilitanti. La loro frequenza lo mette in allarme, ma cerca di superarle concentrandosi sulla musica.

Una sera, però, la crisi lo colpisce mentre è sul palco del Riviera Jazz Festival, in Francia: una specie di mini-Woodstock dedicata alla fusion, con oltre 280.000 spettatori.

Tutto avviene di colpo, nel bel mezzo di una session infuocata. Un buio improvviso, una sensazione di freddo terrificante. La paura lo pervade mentre sente crollare il terreno sotto i piedi. Sono attimi interminabili.

Quando l’attacco violento finisce è stremato. Le conseguenze lo costringono a interrompere il tour e cercare di capire cosa gli stia succedendo.

Amnesia

Da quella crisi violenta al grave aneurisma cerebrale che lo colpisce nel 1980 passano quattro anni travagliati. Anni di attacchi quotidiani, visite psichiatriche, allucinazioni, diagnosi sbagliate, trattamenti invasivi come l’elettroshock e reparti di isolamento. Tutto va in pezzi: il matrimonio, la carriera, ogni speranza di equilibrio personale.

L’intervento è ad altissimo rischio, ma gli salva la vita. Con un prezzo altissimo da pagare però: Pat perde quasi completamente la memoria. Dopo il risveglio dal coma non riconosce nessuno, nemmeno i genitori al suo capezzale. Non ricorda il suo nome, non si riconosce nelle copertine dei dischi. Ancor più drammaticamente, non ricorda come si fa a suonare.

In ospedale però scopre che tutti i suoi problemi non erano legati a disturbi psicologici, ma a una malformazione genetica, la MAV. A suo modo, avere una diagnosi certa è un sollievo.

The Return

Segue un lustro drammatico di depressione, riabilitazioni e lentissima ripresa dall’amnesia. Finché un giorno riscopre la chitarra, proprio come quando era bambino, e inizia a giocarci per farsi portare via dalle tribolazioni.

«Stavo annegando in un mare di infelicità, e la chitarra, praticamente, divenne ciò che mi tenne in vita», scrive nella sua autobiografia.

Animato dalla curiosità e dalla perseveranza re-impara a suonare quasi da zero, dedicandosi allo strumento con una dedizione che si rivelerà salvifica.

Nel 1987 incide The Return, ma sarà solo un decennio dopo l’intervento che Martino riuscirà a ritornare ai livelli eccelsi del passato con una serie di album meravigliosi, tra cui un tributo al suo maestro, “The Thumb”, Wes Montgomery. Per molti, dopo il ritorno il suo modo di suonare ha acquisito una profondità e una consapevolezza ancora maggiori, come testimoniano dischi quali All Sides Now e Impressions. Anche l’ultimo lavoro, Formidable, uscito nel 2017 cinquant’anni dopo il suo debutto con El Hombre, restituisce l’impressione cristallina di una fusione di elementi sempre più precisi, amalgamati con sapienza in linee melodiche veloci e cariche di energia ritmica.

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Ulteriori informazioni

La conclusione del percorso di Pat Martino

Dopo l’uscita di Formidable Pat ha intrapreso una tournée in giro per il mondo, compresa qualche data italiana. Per chi come me ha avuto occasione di ascoltarlo e di incontrarlo a fine concerto, si è trattata di un’esperienza indimenticabile. È raro trovarsi al cospetto di una corrispondenza così piena in un essere umano. La voce calma, lo sguardo curioso di un fanciullo, l’aspetto ieratico di un saggio, Pat ha firmato autografi con una perizia e una lentezza degne di un amanuense. Un gesto di cura che ha permesso a me e agli altri fan di avere alcuni minuti a disposizione per parlare con lui, chiedergli qualcosa, complimentarsi per il suo show o ringraziarlo per la sua musica.

Ci avrebbe lasciato tre anni più tardi. Ancora oggi, però, le sue composizioni vengono studiate nei Conservatori e la sua traiettoria esistenziale rappresenta un invito a perseverare in qualunque situazione ci troviamo, coltivando l’arte della curiosità e dell’espressione del nostro sguardo unico sulle cose, magari filtrato dalla matrice magica di una chitarra.

Alberto Rezzi
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